In uno studio su crizotinib per NSCLC ALK-positivo vs chemioterapia, l’inibitore orale della tirosin chinasi ha dimostrato di ridurre il rischio di progressione di malattia del 55% con un tasso di risposta globale del 74% rispetto al 45% con chemioterapia e un netto miglioramento della qualità di vita.

La nuova opzione terapeutica per il trattamento di prima linea dei pazienti con tumore del polmone non a piccole cellule (NSCLC) ALK-positivo in stadio avanzato crizotinib è disponibile anche in Italia.

Crizotinib per NSCLC ALK-positivo riduce il rischio di progressione della malattia rispetto alla chemioterapia a base di Platino
Crizotinib per NSCLC ALK-positivo riduce il rischio di progressione della malattia rispetto alla chemioterapia a base di Platino

Grazie ai test di caratterizzazione molecolare del tumore e alle terapie target migliorano le prospettive di trattamento del carcinoma polmonare, principale big killer tra i tumori, con la maggiore mortalità nel mondo.

Nonostante la crescente disponibilità di farmaci a bersaglio molecolare anche per tumori particolarmente aggressivi e ad alta incidenza, molto deve essere fatto ancora nel nostro Paese per garantire ai pazienti un accesso uniforme e tempestivo ai test molecolari. Questo è necessario per assicurare a tutti la terapia più appropriata ed efficace sin dalle prime linee di trattamento.

Questi temi sono stati al centro dell’incontro “cROSs tALK – Percorsi e prospettive nella gestione del NSCLC ALK+ e ROS1” che ha riunito a Roma i principali esperti nazionali di oncologia polmonare.

Crizotinib

Crizotinib è un inibitore orale mirato al recettore della tirosin chinasi, che ha come bersaglio la proteina derivata dal riarrangiamento del gene ALK (Anaplastic Lymphome Kinase). Già disponibile in Italia per il trattamento di seconda linea, ne è stata recentemente autorizzata la rimborsabilità dall’AIFA anche per il trattamento di prima linea in pazienti adulti con carcinoma polmonare non a piccole cellule ALK positivo in stadio avanzato.

Questa approvazione si basa sui risultati di uno studio clinico di confronto che ha mostrato la superiorità di crizotinib rispetto alla chemioterapia sia in termini di efficacia che di miglioramento della qualità di vita dei pazienti.

Lo studio PROFILE 1014 su crizotinib per NSCLC ALK-positivo vs chemioterapia

«La disponibilità anche in Italia di crizotinib in prima linea permette di avviare sin dall’inizio un trattamento precisamente mirato al bersaglio molecolare che caratterizza la malattia, in questo caso ALK, ottenendo il massimo risultato oggi possibile – dichiara Lucio Crinò, Oncologo presso l’Istituto Scientifico Oncologico Romagnolo IRCCS di Meldola e Professore Straordinario di Oncologia all’Università degli Studi di Perugia.I risultati dello studio PROFILE 1014 dimostrano, infatti, che crizotinib, rispetto alla miglior chemioterapia a base di platino, riduce il rischio di progressione di malattia in oltre il 55% dei pazienti trattati, con una risposta del 74% contro il 45% della chemioterapia».

Le evidenze dello studio di fase III PROFILE 1014, studio internazionale, multicentrico, randomizzato, in aperto, dimostrano che crizotinib è superiore ai regimi di chemioterapia standard nel prolungare la sopravvivenza senza progressione di malattia nel trattamento di prima linea per i pazienti con NSCLC avanzato ALK-positivo.

«Inoltre crizotinib ha dimostrato un profilo di tollerabilità migliore rispetto alla chemioterapia, quindi con minori effetti collaterali e una maggiore durata di risposta, assicurando ai pazienti una qualità di vita nettamente migliore – prosegue Lucio Crinòa questo si aggiunge il vantaggio della somministrazione per via orale, a differenza della chemioterapia che si assume generalmente per via endovenosa».

L’importanza della caratterizzazione molecolare del tumore

Perché si possa trarre il massimo beneficio dalla medicina personalizzata, basata sulla caratterizzazione molecolare del tumore, è indispensabile assicurare ai pazienti una diagnosi accurata e tempestiva. Un ruolo fondamentale lo giocano in questo senso i test molecolari, gli unici in grado di identificare l’alterazione genetica specifica coinvolta nella crescita del tumore.

«È fondamentale sapere quali pazienti potrebbero avere determinate alterazioni geniche e, per coloro che presentano una maggiore probabilità, utilizzare i protocolli diagnostici più precisi ed accurati – afferma Antonio Marchetti, direttore del Centro di Medicina Molecolare Predittiva dell’Università degli Studi di Chieti-Pescara e dell’UOC di Anatomia Patologica all’Ospedale S.S. Annunziata di Chieti. – Il riarrangiamento del gene ALK, ad esempio, è presente nel 3-5% dei pazienti con cancro del polmone, ma le percentuali dell’alterazione genetica aumentano in certe sottopopolazioni come nel caso dei pazienti più giovani (sotto i 50 anni) e non fumatori, per i quali si arriva ad una frequenza del 20-25%. Non sono state riportate invece differenze di incidenza tra i due sessi».

Sebbene sia ampiamente condivisa tra la comunità scientifica l’importanza dei test molecolari per la migliore gestione dei tumori del polmone, l’accesso a questi esami è ancora oggi insufficiente e non garantito in maniera uniforme a tutti i pazienti sul territorio nazionale. Le cause possono essere rintracciate in molteplici fattori, dai problemi organizzativi, che influiscono sui tempi entro i quali i campioni biologici arrivano all’anatomo-patologo per la diagnosi, con conseguente ritardo della diagnosi stessa e impossibilità di instaurare tempestivamente la terapia più appropriata, alle difficoltà tecniche di esecuzione dei test, fino alla mancanza di percorsi diagnostico-terapeutico-assistenziali (PDTA) strutturati.

«Per garantire l’accesso dei pazienti ai test bio-molecolari richiesti per l’utilizzo in clinica di farmaci a bersaglio molecolare già registrati dall’AIFA, l’Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM) e la Società Italiana di Anatomia Patologica (SIAPEC-IAP), da circa 10 anni, sono impegnate nella formazione, nella produzione di raccomandazioni cliniche e metodologiche e in programmi di controlli periodici di qualità dei laboratori a livello nazionale per ottenere test validati e effettuati con tempistiche e metodologia adeguatedichiara Carmine Pinto, presidente Nazionale AIOM – in alcune aree del nostro Paese permangono purtroppo criticità di tipo organizzativo e di tipo tecnico, dovute principalmente all’assenza di Reti oncologiche regionali funzionanti e di PDTA strutturati, che assicurino in tempi certi e con adeguata qualità le risultanze richieste, da cui chiaramente deriva una difficoltà di accesso a farmaci target, come nel caso degli ALK-inibitori».