L’EMA ha approvato una modifica di scheda tecnica e foglio illustrativo di certolizumab pegol. Tale modifica riguarda l’uso di certolizumab pegol in caso di gravidanza e allattamento al seno.
UCB annuncia che l’Agenzia Europea del Farmaco (EMA) ha approvato una modifica della scheda tecnica e del foglio illustrativo di certolizumab pegol che lo rende il primo anti-TNF che potrebbe essere utilizzato in donne colpite da malattie infiammatorie croniche prima e durante la gravidanza e l’allattamento al seno.
«L’approvazione di questa modifica è molto importante per le donne europee che necessitano di opzioni terapeutiche per gestire la loro malattia cronica infiammatoria senza compromettere la pianificazione della gravidanza e dell’allattamento al seno – ha affermato Emmanuel Caeymaex, Head of Immunology and Executive Vice President, Immunology Patient Value Unit di UCB. – UCB sta lavorando nell’ottica della sua strategia di creare valore per i pazienti, portando soluzioni scientifiche innovative ai bisogni insoddisfatti dei malati. Le ricerche effettuate per ottenere questa modifica della scheda tecnica e del foglio illustrativo hanno prodotto informazioni importanti sia per i medici che per le pazienti, per gestire in modo appropriato la malattia e la pianificazione di una gravidanza. Questa modifica sottolinea l’impegno di UCB di portare valore a popolazioni di pazienti bisognose, per migliorare la loro esperienza di cura».
L’approvazione della modifica della scheda tecnica e del foglio illustrativo di certolizumab pegol si basa sui dati raccolti post-marketing, degli studi CRIB e CRADLE e sull’analisi dei dati degli outcome delle gravidanze. Questi studi includono pazienti affette da artrite reumatoide, artrite psoriasica, spondiloartrite assiale e morbo di Crohn (CD). In Europa certolizumab pegol non è indicato nel CD.
Le malattie infiammatorie croniche come artrite reumatoide (AR), spondiloartrite assiale (axSpA) e artrite psoriasica (PsA) si manifestano spesso in donne in età fertile. Per esempio l’AR colpisce le donne tre volte più spesso degli uomini. Le conseguenze della malattia in fase attiva durante la gravidanza possono essere gravi sia per la madre che per il bambino, determinando un aumentato rischio di:
- aborto spontaneo,
- parto pre-termine,
- parto cesareo,
- piccole dimensioni del neonato per l’età gestazionale.
Nonostante la percezione che la malattia migliori spontaneamente durante la gravidanza, circa il 50% delle donne colpite da malattie reumatiche infiammatorie croniche necessita di un trattamento efficace nonché di risposte in merito all’impatto della malattia e del suo trattamento sulla salute e sulla sicurezza del nascituro. C’è, quindi, un grande bisogno di trattamenti efficaci e ben tollerati anche durante la gravidanza.
«I farmaci storicamente più utilizzati per il trattamento delle artriti croniche non sono indicati in gravidanza. La paziente si trovava perciò di fronte a un bivio, continuare con le terapie mettendo a rischio la salute del feto o sospenderle con un alto rischio di riacutizzazione della malattia – spiega Angela Tincani, professore di reumatologia presso l’Università di Brescia e direttore dell’UOC di Reumatologia e Immunologia Clinica dell’ASST Spedali Civili di Brescia. – In seguito, sono arrivati i farmaci biotecnologici inibitori del TNF-alfa che, dal punto di vista biologico, non presentavano particolari aspetti di teratogenicità (sviluppo anormale di alcune regioni del feto, che si traduce nella nascita di un bambino con gravi difetti congeniti)».
«Al contempo, però, non erano mai stati testati su donne gravide. Nei 20 anni di utilizzo di questi farmaci le evidenze cliniche sono inizialmente derivate da pazienti che casualmente hanno iniziato la gravidanza durante la terapia, oppure da alcuni casi di malattia particolarmente grave nella quale i medici, in accordo con la donna, decidevano di procedere con la terapia anche durante la gravidanza. Infatti, se la donna gravida ha una artrite attiva, il feto può andare incontro a difficoltà di sviluppo che portano alla nascita di bambini prematuri o con problemi di crescita intrauterina. Oggi, grazie agli studi clinici che hanno analizzato bambini nati da mamme trattate fino all’ultimo giorno di gestazione, è stato possibile dimostrare come con certolizumab pegol la trasmissione del farmaco dalla madre al feto sia nulla o minima. Un traguardo che ha finalmente portato alla revisione della scheda tecnica del farmaco» – aggiunge Angela Tincani.
Inoltre, le donne che vogliono allattare al seno spesso devono affrontare, insieme al medico curante, la scelta conflittuale fra il rischio legato al trattamento (necessario per controllare la malattia) nel post-partum e le necessità nutrizionali del bambino.
UCB ha aperto la strada, quindi, allo studio dell’impatto dei farmaci biologici sulle donne in età fertile. Le due aree di maggior interesse sono il trasferimento del farmaco al bambino attraverso la placenta e tramite il latte materno. I dati storicamente raccolti sulla presenza di anti-TNF nel latte materno derivano da case report, senza studi controllati. UCB, invece, sta cambiando le modalità di ricerca.
Studi su certolizumab pegol in caso di gravidanza e allattamento al seno
I risultati di due studi, unici nel loro genere, hanno forti implicazioni sulle pazienti che pianificano una gravidanza.
Sulla base dei risultati dello studio CRIB il passaggio transplacentare dalla madre al feto durante la gravidanza è assente o minimo.
I dati dello studio CRADLE hanno dimostrato che il trasferimento di certolizumab pegol nel latte materno è minimo.
«Si tratta di un’opzione terapeutica con una struttura particolare. Grazie agli studi effettuati in corso di gravidanza e allattamento si è visto che, rispetto alle altre molecole della stessa classe, certolizumab pegol non viene trasmesso dal sangue materno a quello fetale, se non in alcuni casi in quantità minime rilevabili soltanto con un test di laboratorio specifico e altamente sensibile» – afferma Clara De Simone, professore di dermatologia e venereologia presso l’Università Cattolica, Policlinico Gemelli di Roma.
«Se la madre ha una malattia infiammatoria, l’importante è tenerla sotto controllo con farmaci con un elevato profilo di sicurezza. In linea generale, gli studi effettuati sugli inibitori del TNF-alfa non sembravano mettere in evidenza un effetto teratogeno, ovvero malformativo, nel primo trimestre di gravidanza. Con il secondo trimestre, però, con altri farmaci della stessa classe si verifica un trasferimento attivo del farmaco al feto attraverso la placenta. Con certolizumab pegol si è visto che questo passaggio è nullo o minimo. Lo stesso vale per l’allattamento, dove gli studi non hanno mostrato evidenze significative di presenza del farmaco nel latte materno. Oggi possiamo, quindi, tenere sotto controllo la malattia in corso di gravidanza e verosimilmente ridurre al minimo il rischio di immunosoppressione nel neonato allattato al seno» – conclude Clara De Simone.
Lo studio CRIB sul potenziale passaggio transplacentare di certolizumab pegol dalla madre al feto
Lo studio CRIB è uno studio di farmacocinetica condotto per valutare il potenziale livello di passaggio transplacentare di certolizumab pegol (CZP) dalla madre al feto. Sono state seguite 16 donne (a partire dalla trentesima settimana di gestazione) già in trattamento con CZP nelle indicazioni approvate.
Dallo studio è emerso che i livelli di CZP erano inferiori ai limiti di quantificazione in 13 su 14 campioni di sangue di neonati alla nascita, e dopo 4 e 8 settimane dalla nascita. Un neonato soltanto aveva minime quantità di CZP pari a 0,042 ug/ml (rapporto madre/neonato di 0,09%). Non sono stati identificati anticorpi anti-CZP nelle madri, nel cordone ombelicale e nei neonati. Questi dati stanno a indicare un trasferimento minimo di CZP dalle madri ai neonati e suggeriscono l’assenza di esposizione in utero durante il terzo trimestre di gravidanza.
Nello studio CRIB gli eventi avversi manifestati dai neonati non hanno mostrato pattern o cluster di eventi suggestivi di specifici segnali di sicurezza. I dati di sicurezza delle madri erano in linea con il noto profilo di sicurezza di CZP e con il profilo tipico delle donne con queste patologie durante la gravidanza.
Lo studio CRADLE sulla concentrazione di certolizumab pegol nel latte materno
CRADLE è uno studio prospettico per misurare la presenza di anti-TNF nel latte materno.
Gli obiettivi primari dello studio di farmacocinetica CRADLE erano la determinazione delle concentrazioni di CZP nel latte materno e la dose media giornaliera nel neonato, una stima della dose giornaliera di CZP materno ingerito dal neonato nell’intervallo fra le dosi somministrate.
Su 137 campioni di latte materno analizzati da 17 madri, tutti i campioni avevano concentrazioni minime, meno di 3 volte il limite inferiore di quantificazione e meno dell’1% della dose terapeutica attesa. Un’analisi post hoc ha valutato la dose relativa nel neonato (RID) di CZP dal latte materno che è risultata compresa fra lo 0,04% e il 0,30%. La RID è un parametro utile per determinare la sicurezza di un farmaco durante l’allattamento. Gli esperti in materia stimano che una RID inferiore al 10% abbia raramente un impatto sul benessere del neonato.
Nello studio CRADLE gli eventi avversi nei neonati di madri esposte a CZP erano in linea con quelli che si verificano in neonati di età simile non esposti. Gli eventi avversi nelle madri esposte a CZP erano in linea con il noto profilo di sicurezza di CZP.
Dati relativi agli esiti delle gravidanze
I dati relativi agli esiti di oltre 500 gravidanze di donne esposte al trattamento con certolizumab pegol con esiti di gravidanza noti sono stati raccolti in maniera prospettica; essi includono più di 400 donne in gravidanza esposte durante il primo trimestre e non indicano un effetto malformativo dovuto a certolizumab pegol. Tuttavia, l’esperienza clinica disponibile è piuttosto limitata, per definire, con ragionevole certezza, che non c’è un aumento del rischio associato alla somministrazione di certolizumab pegol durante la gravidanza. Il farmaco deve essere utilizzato durante la gravidanza solo se clinicamente necessario.
Indicazioni di certolizumab pegol nella Ue
Nella Ue certolizumab pegol, in combinazione con metotrexato (MTX) è indicato nel trattamento di artrite reumatoide moderata-severa in pazienti adulti che rispondano in maniera inadeguata ai farmaci anti-reumatici che modificano la malattia (DMARDs), incluso il MTX.
Certolizumab pegol può essere utilizzato in monoterapia nei casi di intolleranza al MTX o quando un trattamento continuativo con MTX sia inappropriato. In combinazione con MTX è indicato anche per il trattamento di AR severa, attiva e progressiva in adulti che non sono stati preventivamente trattati con MTX o altri DMARDs (farmaci antireumatici). Certolizumab pegol ha dimostrato di ridurre il grado di progressione radiografica del danno articolare misurato tramite Rx e di migliorare la funzionalità fisica, quando utilizzato in combinazione con MTX.
Certolizumab pegol in combinazione con MTX, è anche indicato nel trattamento dell’artrite psoriasica attiva, in pazienti adulti, quando la risposta ad un precedente DMARD è risultata inadeguata. Può essere somministrato in monoterapia in caso di intolleranza al MTX o quando il trattamento continuativo con MTX sia inappropriato.
È anche indicato, nella Ue, per il trattamento di pazienti adulti con spondiloartrite assiale (axSpA) grave e attiva:
- Spondiloartrite anchilosante (AS). Adulti con AS grave e attiva con risposta inadeguata o intolleranti ai farmaci anti-infiammatori non steroidei (FANS).
- Spondiloartrite assiale (axSpA) senza evidenza radiografica di spondilite anchilosante. Pazienti adulti con forme severe e attive di axSpA senza evidenza radiografica di AS ma con segni obiettivi di infiammazione come livelli elevati di proteina C-reattiva (CPR) e/o risonanza magnetica (MRI) con risposta inadeguata o intolleranti ai FANS.
Profilo di sicurezza di certolizumab pegol nella Ue
Certolizumab pegol è stato studiato in 4.049 pazienti con artrite reumatoide (RA) in studi controllati e in aperto per un periodo massimo di 92 mesi.
Le reazioni avverse comunemente riportate (1-10%) in studi clinici con il farmaco e nell’esperienza post-marketing sono stati:
- infezioni virali (inclusi herpes zoster, papilloma virus, influenza),
- infezioni batteriche (incluso ascesso),
- rash,
- cefalee (inclusa emicrania),
- astenia,
- leucopenia (incluse neutropenia, linfopenia),
- alterazioni degli eosinofili,
- dolore (qualunque sede),
- piressia,
- alterazioni sensoriali,
- ipertensione,
- prurito (qualunque sede),
- epatite (incluso aumento degli enzimi epatici),
- reazioni al sito di iniezione,
- nausea.
Le reazioni avverse gravi comprendono:
- sepsi,
- infezioni opportunistiche,
- tubercolosi,
- herpes zoster,
- linfomi,
- leucemie,
- tumori solidi,
- edema angioneurotico,
- cardiomiopatie (inclusa insufficienza cardiaca),
- disturbi ischemici delle arterie coronarie,
- pancitopenia,
- ipercoagulazione (incluse tromboflebite, embolia polmonare),
- accidenti cerebrovascolari,
- vasculite,
- epatite/epatopatia (inclusa cirrosi),
- compromissione renale/nefropatia (inclusa nefrite).
Negli studi clinici controllati in RA, il 4,4% dei pazienti ha interrotto la terapia con certolizumab pegol a causa di eventi avversi rispetto al 2,7% con placebo.
Controindicazioni di certolizumab pegol
È controindicato nei pazienti con ipersensibilità al principio attivo o a uno qualsiasi degli eccipienti, in presenza di tubercolosi attiva o altre infezioni gravi come sepsi o infezioni opportunistiche, oppure in presenza di insufficienza cardiaca da moderata a grave. Infezioni gravi, tra cui sepsi, tubercolosi e infezioni opportunistiche sono state riportate in pazienti trattati con certolizumab pegol, alcuni di questi eventi sono stati fatali. I pazienti devono essere tenuti sotto stretto controllo per i per segni e sintomi di infezioni, tra cui tubercolosi, prima, durante e dopo il trattamento con certolizumab pegol. Il trattamento non deve essere iniziato in pazienti con un’infezione attiva clinicamente significativa. Pazienti che sviluppano una nuova infezione mentre sono in trattamento con certolizumab pegol devono essere tenuti sotto stretta osservazione.
La somministrazione deve essere interrotta se un paziente sviluppa una nuova grave infezione, fino a quando tale infezione non è sotto controllo.
Certolizumab pegol e tubercolosi
Prima di iniziare la terapia con certolizumab pegol tutti i pazienti devono essere valutati per la tubercolosi, sia attiva che inattiva (latente). Qualora sia diagnosticata tubercolosi attiva prima o durante il trattamento, la terapia con certolizumab pegol non deve essere iniziata o deve essere sospesa. Qualora sia diagnosticata tubercolosi latente, prima di iniziare il trattamento con certolizumab pegol deve essere iniziata un’appropriata terapia antitubercolare, nel rispetto delle linee guida locali. Ai pazienti deve essere raccomandato di ricorrere al consiglio del medico se durante o dopo il trattamento con certolizumab pegol si verificano segni/sintomi (es. tosse persistente, cachessia/calo ponderale, febbre di grado lieve, svogliatezza) indicativi di infezione tubercolare.
Certolizumab pegol ed epatite B
La riattivazione dell’epatite B (HBV) è stata osservata durante il trattamento con un’antagonista del TNF, incluso certolizumab pegol, in pazienti che sono portatori cronici di questo virus (cioè, positivi all’antigene di superficie). Alcuni casi hanno avuto esito fatale. I pazienti devono essere valutati per l’infezione da HBV prima di iniziare il trattamento con certolizumab pegol. In pazienti che sviluppano la riattivazione del virus dell’epatite B, il trattamento con certolizumab pegol deve essere interrotto e deve essere iniziata un’efficace terapia antivirale con appropriato trattamento di supporto.
Altre reazioni avverse di certolizumab pegol
Gli antagonisti del TNF compreso certolizumab pegol, possono aumentare il rischio di nuova insorgenza o esacerbazione di sintomi clinici e/o evidenze radiografiche di:
- malattia demielinante;
- formazione di autoanticorpi e non comune di sviluppo di una sindrome simile a lupus;
- reazioni di ipersensibilità severa.
Se un paziente sviluppa una qualsiasi di queste reazioni avverse, certolizumab pegol deve essere sospeso e sarà identificata una terapia più adatta.
In base alle conoscenze attuali, non si può escludere un possibile rischio di sviluppo di linfomi, leucemia o altre malattie maligne nei pazienti trattati con un antagonista del TNF. Nei pazienti trattati con certolizumab pegol sono stati riportati rari casi di disturbi neurologici, inclusi disturbi del sequestro, neurite e neuropatia periferica.
Le reazioni avverse del sistema ematologico, incluse quelle di citopenia significativa medica, sono state raramente riportate con certolizumab pegol. Si consiglia a tutti i pazienti di richiedere immediata assistenza medica se sviluppano segni e sintomi suggestivi di discrasia o infezioni del sangue (ad esempio, febbre persistente, lividi, sanguinamento, pallore) durante il trattamento con certolizumab pegol. Bisogna considerare la sospensione della terapia in pazienti con anomalie ematologiche significative confermate.
Associazioni di certolizumab pegol non raccomandate
L’utilizzo di certolizumab pegol in associazione con anakinra o abatacept non è raccomandato a causa della natura degli eventi avversi osservati con la combinazione con un altro antagonista.
Poiché non sono disponibili dati sulla risposta alle vaccinazioni con vaccini vivi in pazienti trattati con certolizumab pegol, questi devono essere somministrati contemporaneamente al farmaco. L’emivita di 14 giorni di certolizumab pegol deve essere tenuta in considerazione se si pianifica una procedura chirurgica. Un paziente che necessiti di un intervento chirurgico mentre è in trattamento deve essere monitorato per quanto riguarda le infezioni.
Certolizumab pegol nella spondiloartrite assiale e artrite psoriasica
Certolizumab pegol è stato valutato in 325 pazienti con Spondiloartrite Assiale (axSpA) attiva in uno studio clinico controllato verso placebo della durata massima di 30 mesi e in 409 pazienti con Artrite Psoriasica (PsA) in uno studio clinico controllato verso placebo della durata massima di 30 mesi. Il profilo di sicurezza nei pazienti con axSpA e PsA trattati con certolizumab pegol è risultato sovrapponibile rispetto a quello dei pazienti con AR e rispetto alla precedente esperienza con il farmaco.
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