Nove statunitensi su 100 sono convinti di essere allergici alle penicilline e non lo sono. Una convinzione dannosa per la loro salute e il portafoglio.

allergia penicilline

Uno statunitense su 100 è allergico alle penicilline, ma 10 statunitensi su 100 dichiarano nella loro anamnesi di esserlo. Una divergenza che porta a non impiegare questa classe di antibiotici in moltissime persone che potrebbero averne un vantaggio clinico ed economico.

Una persona spesso si dichiara allergica alle penicilline in base alla sua esperienza da bambino o perché un fratello o un genitore lo sono.  Come ha scritto Rita Rubin, su JAMA, la situazione che, in genere, si verifica è la seguente: durante il trattamento con una penicillina il bambino presenta diarrea o rash, i genitori preoccupati chiamano il pediatra e questi dichiara la presenza di un’allergia, senza condurre test specifici e senza considerare che i sintomi riferiti possono essere causati anche dalla patologia in essere. Una volta che un bambino è stato “definito” come allergico alle penicilline si porta questa etichetta per tutta la vita. In questo modo anche da adulto non riceve nessun antibiotico betalattamico e in caso di infezioni vengono subito impiegati antibiotici più costosi, a largo spettro e in qualche caso non efficaci.

In questo modo per evitare un rischio non probabile si aumenta la probabilità di altri rischi, non meno gravi, causati da antibiotici sostitutivi.

Secondo l’American Accademy of Allergy, Asthma &Immunology bisognerebbe fare un test routinario per verificare l’effettiva allergia alle penicilline dei soggetti che si dichiarano tali. Questa pratica sarebbe anche utile per limitare la diffusione delle resistenze batteriche. Questa posizione è condivisa anche da altri medici che suggeriscono di eseguire test di tolleranza su tutti pazienti che si dichiarano allergici che si presentano in ospedale, nelle unità di cure intensive, pronto soccorso, reparti di emergenza, e nel corso della valutazione preoperatoria.