La convergenza nelle decisioni regolatorie prese dall’Agenzia europea dei medicinali (Ema) e dall’americana Fda circa l’approvazione di nuovi farmaci è molto elevata, oltre il 90%: uno studio da poco pubblicato su Clin. Pharmacol. & Therap. a firma di esperti delle due agenzie regolatorie (il primo del suo genere) ha preso in considerazione gli esiti delle procedure relative a 107 domande di nuova approvazione che hanno terminato l’iter regolatorio nel periodo 2014-2016. “La convergenza elevata nelle autorizzazioni dei nuovi medicinali tra Ema e Fda è il risultato dell’espansione degli investimenti in dialogo e cooperazione a partire dal 2003, che ha incoraggiato l’allineamento tra Europa e Stati Uniti delle decisioni sulle domande di autorizzazione, pur agendo le due agenzie in modo indipendente l’una dall’altra“, ha commentato Zaide Frias, responsabile della divisione di Ema che si occupa della valutazione dei medicinali a uso umano.
Le ragioni alla base di esiti diversi
La diversa opinione sull’efficacia dei medicinali sotto esame è la causa principale di decisioni divergenti assunte dai due enti regolatori, seguita da una procedura basata su dati clinici diversi depositati ai due lati dell’Atlantico. Punti critici a questo riguardo sono risultati essere l’adeguatezza del disegno degli studi, la forza degli esiti portati dal dossier o nella rilevanza clinica dei risultati di efficacia. A livello delle valutazioni di sicurezza a parità di dati presentati, le maggiori divergenze riguardano l’accettabilità dei profili di tossicità e come questo impatti sulle indicazioni.
Gli Stati Uniti sono spesso scelti per il deposito della prima domanda di approvazione, che può quindi essere basata su un set di dati clinici diverso da quelli depositati in tempi successivi presso le autorità europee. Lo studio sottolinea come Ema valuti spesso anche studi clinici aggiuntivi, o dati più maturi per uno stesso studio, soprattutto in campo oncologico. Questa dinamica sarebbe anche responsabile del fatto che l’Agenzia europea tenda a concedere, in questi casi, approvazioni standard, indicazioni più ampie o un utilizzo come terapia di prima linea. Fda ha concesso approvazioni accelerate per il 19% dei dossier esaminati, mentre per gli stessi prodotti Ema ha concesso approvazioni condizionali nell’11% dei casi. In tre casi, l’agenzia europea ha concesso un’approvazione per circostanze eccezionali. Le indicazioni approvate sono risultate uguali nel 79% dei casi, mentre nel restante 21% si segnalano differenze significative.
Alcuni dei dati principali dello studio
La maggior parte dei prodotti considerati dallo studio (76, pari al 71%) erano new chemical entities, il restante 29% medicinali biologici. L’area terapeutica più rappresentata è stata l’oncologia (27 prodotti, 25%), seguita dalle malattie infettive (18 prodotti, 17%) e da quelle metaboliche (13 medicinali, 12%).
La grande maggioranza (84%) dei prodotti considerati sono stati approvati da entrambe le agenzie sulla base della prima domanda di approvazione; solo nove prodotti (8% del campione) hanno ricevuto una valutazione discordante, mentre in quattro casi (4%) l’esito della procedura regolatoria è stato negativo (rigetto o ritiro). Ema ha approvato otto dei nove medicinali che hanno registrato opinioni diverse tra le due agenzie (177 Lu-Dota0-Tyr3-octreotato, corifollitropina alfa, cangrelor, daclatasvir, empagliflozin, etelcalcetide, safinamide mesilato, sarilumab), mentre in un solo caso (ixazomib) il prodotto è stato approvato negli Usa e non in Europa. I prodotti sono stati in generale approvati dopo riesame o presentazione di una nuova domanda di approvazione.