Lo studio dei driver che hanno finora guidato i cambi di modello in campo sanitario e le esperienze che ne sono derivate dovrebbero ispirare le azioni che – a partire dal 2020 – potrebbero nei prossimi anni modificare radicalmente la sanità per come oggi la conosciamo. “Studia il passato se vuoi definire il futuro” è la massima di Confucio che Stephanie Allen suggerisce di tenere sempre bene in mente in questi tempi caratterizzati da grandi opportunità, ma anche da grandi incertezze. La leader del settore Global Health di Deloitte ha firmato il report “2020 global health care outlook“, che delinea le sfide che il comparto dovrà affrontare nei prossimi anni per compiere la trasformazione nel senso desiderato.

Il quadro di riferimento

La situazione socio-economica e geopolitica di grande incertezza che ha caratterizzato il 2019 dovrebbe portare, secondo l’analisi di Deloitte, a una diminuzione di due punti percentuali della spesa sanitaria globale rispetto al 2018 (3,2% vs 5,2%, rispettivamente). Stabile attorno al 10,2% fino al 2023 dovrebbe, invece, rimanere la spesa sanitaria globale parametrata al prodotto interno lordo, pur con enormi differenze tra le diverse aree geografiche per quanto riguarda la spesa pro capite. Un aumento di quest’ultima è atteso soprattutto per i paesi asiatici, dove continua a crescere sia l’espansione dei sistemi sanitari che il tenore di vita della popolazione. Giappone ed Europa occidentale sono invece le aree più interessate dal problema dell’invecchiamento della popolazione; gli over 65 dovrebbero qui rappresentare nel 2023, rispettivamente, il 29% e il 22% della popolazione. Un trend a cui fa seguito anche un aumento atteso dei problemi legati alle demenze. I corretti stili di vita continuano a dimostrarsi importanti per prevenire molte malattie non comunicabili, come il diabete o i problemi cardiovascolari tipici dei paesi occidentali, mentre le malattie comunicabili caratterizzano più tipicamente i paesi in via di sviluppo.

Il futuro dovrebbe vedere un passaggio sempre più marcato dalla cura sintomatologica della malattia ad attività di prevenzione sanitaria che riducano il rischio che questa si presenti. A tal fine, le smart health communities (Shc) basate sulla condivisione mediata dai dispotivi intelligenti potrebbero rappresentare, secondo Deloitte, un importante presidio attorno a cui costruire una maggiore consapevolezza delle persone rispetto alla propria salute.

Le sfide per il nuovo anno

La sostenibilità finanziaria rimane la sfida principale per i sistemi sanitari, sempre più pressati dalla necessità di ridurre i costi di gestione e da quella di fornire un’elevata qualità delle cure prestate. I nuovi modelli sanitari cercano un approccio sempre più personalizzato e in grado di soddisfare le diverse esigenze dei pazienti, anche grazie alla crescente disponibilità di tecnologie digitali e interoperabili che permettono di erogare i servizi secondo modalità tutte nuove.

Il report di Deloitte non manca di sottolineare come il problema della mancanza di medici richieda anche di ripensare l’intera filiera della professione, dalla formazione dei giovani alla possibilità di assumerli e di trattenere il personale più esperto. Da questo punto di vista, il suggerimento del rapporto è di rimanere aperti anche ad approcci più innovativi, che vedano personale o partner provenienti anche da settori diversi da quelli tradizionali (compresi i competitor).

La capacità di valorizzare i dati e di condurre sofisticate analisi degli stessi per migliorare sia gli aspetti organizzativi che il processo decisionale in campo clinico è un fattore da non sottovalutare, secondo gli esperti di Deloitte. Da questo punto di vista, il ricorso ove possibile a sistemi automatizzati potrebbe aiutare a rendere più efficienti i processi mantenendo una qualità elevata e riducendo al contempo i costi. Il paziente dovrebbe venire maggiormente coinvolto attraverso un approccio più olistico e una strategia che segmenti l’esperienza rispetto ai bisogni del paziente, alle opportunità di mercato e ai competitor che lo caratterizzano. La rimozione delle barriere operative e la standardizzazione di elementi quali i call center o i front-end sono possibili elementi da cui partire, insieme alla consapevolezza delle diverse sensibilità culturali.

Trasformazione digitale e governance

Se l’obiettivo è chiaro, avere una visione a 360 gradi del paziente che possa supportare le attività di prevenzione e cura, il come raggiungerlo pone per Deloitte ancora diverse sfide per le organizzazioni sanitarie chiamate ad evolvere in un senso sempre più digitale. Il richiamo è ai grandi investimenti necessari per l’adeguamento delle strutture e l’implementazione degli electronic health record (eHR), attualmente molto frammentati su diverse piattaforme tecnologiche che ne rendono difficile l’interoperabilità. La capacità di conservare, accedere e condividere le informazioni potrebbe venire spostata sul cloud e gestita secondo un approccio pay-per-use, suggerisce il rapporto. Anche la prescrizione, la diagnostica e molte altre attività ancillari al buon funzionamento delle strutture sanitarie dovrebbero evolvere sempre più in senso digitale, in modo da ottimizzare tutti i flussi operativi.

Questa profonda trasformazione del quadro attuale non può prescindere da una solida governance e leadership che la supporti e la indirizzi, sottolinea il rapporto. L’imprescindibile punto di riferimento per i modelli basati sulla digitalizzazione sono i requisiti regolatori e legislativi che governano l’acquisizione, conservazione e utilizzo dei dati personali dei pazienti, compresa la proprietà stessa dei dati e il consenso informato. Sia i pazienti che il personale sanitario devono ricevere a tal fine un’adeguata educazione digitale, che permetta sempre più di spostare l’interazione tra questi due piani dalle strutture fisiche degli ospedali a quelli digitali tipiche della telemedicina. Dovrebbero anche venire superate barriere quali la rigidità degli orari lavorativi, passando a servizi disponibili h24 e anche virtualizzati, che richiedono nuove competenze da parte dei lavoratori. E la realtà aumentata potrebbe aiutare i consulti a distanza nei casi più gravi.