Comparto in continua crescita, con un’altissima propensione alla specializzazione e agli investimenti, il biotech offre molte opportunità di sviluppo ma deve essere gestito con metodi adeguati. Secondo i dati riportati in occasione del 9° convegno DHL Supply Chain tenutosi a Milano in novembre, il settore biotech ha registrato negli ultimi tre anni un aumento di fatturato del 16% (quasi il doppio del manifatturiero) con una crescita del 35% nel numero di imprese attive.
Un numero ancora piccolo, in termini assoluti, che rappresenta solo lo 0,2% delle aziende totali ma che da solo copre il 5% degli investimenti complessivi in ricerca e sviluppo.
Le attività R&D, del resto, hanno messo a segno un +29% nel triennio. E degno di nota è anche il livello di qualifica del personale, decisamente sopra la media: il 65% degli addetti biotech ha una laurea o un titolo superiore, contro il 10% della media nazionale delle imprese.
Il peso del red biotech
Un livello di specializzazione e di investimenti che rende conto del peso che le red biotech (quelle impegnate nel settore biofarmaceutico) vantano sul totale del settore. Sebbene rappresentino solamente il 50% delle imprese biotecnologiche, quelle attive nell’healthcare generano infatti l’84% del fatturato, il 73% della ricerca e sviluppo e quasi il 90% degli investimenti complessivi. Al momento, a livello mondiale, vi sono più di 900 imprese che lavorano a vario titolo sulle terapie avanzate e sono in corso circa un migliaio di trial clinici, equamente distributi tra fase 1, 2 e 3. Secondo le previsioni, entro il 2030 vi saranno sul mercato 40-60 nuovi prodotti.
Le terapie avanzate, però, rappresentano un approccio completamente nuovo alle cure e richiedono metodi e procedure adeguati. Dalla ricerca alla produzione, alle normative, alla farmacoeconomia, tutto l’impianto deve essere rivisto per gestire al meglio le potenzialità del nuovo filone. E la logistica non fa eccezione.
Gestire materiale vivo
Cellule staminali, linfociti ingegnerizzati, tessuti manipolati: le nuove terapie vanno oltre lo sviluppo di molecole sempre più efficienti impiegando tecniche e armi completamente diversi da quelli tradizionali.
«Non sono neanche più farmaci, sono materia viva – ha affermato Riccardo Palmisano, presidente Assobiotec-Federchimica intervenendo all’evento – sono terapie spesso prodotte a partire dalle cellule dei pazienti e, quindi, totalmente personalizzate. Le esigenze di questi prodotti, ma anche della “materia prima” da cui i prodotti vengono costruiti, sono del tutto peculiari e diverse da quelle dei farmaci tradizionali: bisogna trasportare cellule e prodotto finito in tutta Europa – e in tutto il mondo – in contenitori con temperature rigorosamente controllate e in tempi molto rigorosi, così come avviene già oggi per gli organi da trapiantare».
Nonostante gli sforzi delle aziende biotech per standardizzarne la produzione, queste terapie derivano infatti da processi sostanzialmente artigianali, ognuno specifico per il caso che deve affrontare, a volte riferito a un singolo paziente.
Sono prodotti che spesso necessitano di condizioni di conservazione rigidissime, proprio perché si tratta di materiale vivo, in genere prelevato dal paziente stesso.
Ad esempio, lo Strimvelis (la terapia genica per il trattamento dell’ADA-SCID) è un prodotto che viene realizzato “fresco”, non si congela, e ci sono solo sei ore
di tempo dalla fine della produzione al momento in cui deve essere infuso nel paziente. È materiale che non può essere sprecato, pena il fallimento della cura.
Metodi di trasporto adeguati
Questi farmaci – «che poi è sempre una sacca per infusione» – devono essere trasportati non solo per l’Europa ma in Paesi sparsi in tutto il mondo e devono seguire le stesse procedure che si applicano agli organi trapiantati: viaggiano accompagnati, a temperature perfettamente controllate, rispettando tempistiche rigorose. Questo impone un’estrema precisione in tutto il processo: dall’aferesi, al confezionamento del materiale, alle modalità di consegna all’ospedale, «con una finestra temporale di 48 ore».
La situazione è resa ancor più complicata dalla carenza di hub produttivi. In questo contesto, emerge il bisogno di una logistica studiata ad hoc per affrontare efficacemente i problemi.
Un hub dedicato alle biotech
Cogliendo il momento di trasformazione del settore, DHL Supply Chain ha avviato un progetto specificamente dedicato al settore biotech. Tra pochi mesi, infatti, vedrà la luce “il primo hub logistico dedicato al biotech” e a tutti i prodotti che hanno bisogno di una catena del freddo molto specializzata. La struttura, che ha richiesto alcuni milioni di investimento e oltre un anno e mezzo di progettazione, coprirà un’area di circa 6.000mq a Settala, nell’hinterland milanese. «Una dimensione importante – ha spiegato Pina Putzulu, BD, Marketing & Innovation Director, nel suo intervento di presentazione – per un’industria che muove volumi molto piccoli».
Temperatura costante e differenziata
Il progetto si poggia su quattro elementi principali. Innanzitutto, sposa un innovativo concetto di cold chain poiché si tratta di un «vero e proprio magazzino frigorifero» inserito all’interno dell’hub. Questo permette di mantenere una temperatura assolutamente stabile da quando il prodotto viene scaricato dai camion a quando viene stoccato in cella frigorifera, fino a quando il materiale per l’ordine viene preparato e caricato nuovamente su un camion per la spedizione. Tutto avverrà in un ambiente a temperatura di range costante tra 2°- 8°C prevenendo il rischio di potenziali escursioni termiche. Il secondo elemento di caratterizzazione dell’hub riguarda la necessità, per le terapie di frontiera, di gestire situazioni multitemperatura. Sebbene il range 2°- 8°C sia prevalente, infatti, vi sono anche prodotti che necessitano di temperature più rigide, anche di -20°C. E questa situazione potrebbe riproporsi soprattutto in futuro, quando si concretizzeranno i risultati degli studi ora in corso.
Sicurezza e serializzazione
Per questo, la nuova struttura integra apposite celle in grado di gestire a livello industriale anche queste temperature. Il terzo pilastro riguarda la sicurezza. Le terapie avanzate sono costituite da materiale che ha un valore molto elevato, spesso nell’ordine di svariate decine di migliaia di euro per singola dose (fino ad arrivare ai 2,1 milioni di dollari per l’onasemnogene abeparvovec). L’hub biotech è stato dunque progettato per implementare sistemi di sicurezza e tecnologie avanzati. L’ultimo aspetto riguarda la serializzazione: l’azienda lavora da tempo su questo tema e ha sviluppato una tecnologia che unisce la gestione di immagini ad alta risoluzione con la lettura automatica del numero seriale di ogni confezione durante le fasi di preparazione dell’ordine, in modo da tracciare il lotto nel percorso lungo la filiera. Anche questo sistema di serializzazione è stato integrato nel nuovo biotech hub.