Il gruppo Menarini ha siglato un accordo esclusivo di licenza con Nippon Shinyaku, che apre le porte alla presenza dell’azienda di Firenze nel mercato giapponese. L’operazione riguarda lo sviluppo e commercializzazione in Giappone del farmaco Elzonris (tagraxofusp) di Menarini, approvato sia da EMA che da FDA per il trattamento della neoplasia plastica a cellule dendritiche plasmacitoidi (BPDCN).
Una monoterapia di prima linea
Obiettivo terapeutico di Elzonris è una forma di tumore maligno del sangue caratterizzata da una prognosi spesso infausta. Il farmaco di Menarini è indicato come terapia di prima linea di pazienti adulti affetti da BPDCN (negli USA è stato approvato anche per i bambini di età superiore ai due anni), e deve essere somministrato sotto la supervisione di un medico esperto nell’uso dei medicinali contro i tumori.
Il farmaco ha come obiettivo molecolare i recettori di superficie CD123 del tumore, già noto come linfoma plastico a cellule NK e caratterizzato da frequenti manifestazioni a livello del midollo osseo o cutaneo. La diagnosi si basa sull’individuazione delle triade immunofenotipica CD123, CD4 e CD56, oltre che di altri marcatori.
I recettori CD123 sono espressi anche da molti altri tipi di cellule neoplastiche, e sono stati individuati anche a livello di cellule del micro-ambiente di alcuni tumori solidi e di alcune malattie autoimmuni, come il lupus cutaneo e lo scleroderma. Lo sviluppo di Menarini prosegue con nuove indagini cliniche volte a testare Elzonris su altre indicazioni, quali ad esempio la leucemia mielomonocitica cronica (CMML), la mielofibrosi (MF), e la leucemia mieloide acuta (AML).
Il profilo di sicurezza
Il Riassunto delle caratteristiche del prodotto riporta tra i possibili effetti avversi legati alla somministrazione di Elzonris casi di Capillary leak syndrome (CLS), in particolare nei primi cinque giorni del ciclo di somministrazione. Il potenziale rischio di vita associato a questa evenienza, che ha riguardato il 18% dei pazienti partecipanti alla sperimentazione, fa sì che prima d’iniziare la terapia i pazienti debbano essere valutati per quanto riguarda l’adeguatezza della funzione cardiaca; i livelli di siero-albumina devono essere maggiori di 3,2 g/dL, e devono essere monitorati almeno prima della somministrazione di ogni dose.
Altre reazioni avverse significative individuate dal RCP includono la trombocitopenia e la neutropenia; il farmaco può provocare anche la sindrome TLS (tumour lysis syndrome), o un innalzamento dei livelli enzimatici nel fegato, con comparsa di insufficienza epatica acuta.