Quale effetto a livello molecolare possono avere le mutazioni alla base delle malattie genetiche rare? Alla domanda ha risposto uno studio condotto dal gruppo di ricerca CASSMedChem del Dipartimento di Biotecnologie Molecolari e Scienze per la Salute dell’Università degli Studi di Torino, in collaborazione con il Department of Molecular Life Sciences della giapponese Tokai University. I risultati sono stati pubblicati su Drug Discovery Today.

Focus su una forma ultra-rara di paralisi spastica

Al centro dell’indagine, condotta grazie all’utilizzo della banca dati AlphaFold di strutture proteiche 3D costruite con sistemi basati su reti neurali, vi è stata la malattia nota come IAHSP (paralisi spastica ascendente ereditaria ad esordio infantile), una forma ultra-rara di paralisi spastica di origine genetica. La malattia interessa i motoneuroni e dà luogo già in tenera età a una grave spasticità agli arti inferiori, con progressione verso gli arti superiori con l’avanzare degli anni.

La ricerca condotta dal team italo-giapponese ha permesso di ottenere alcuni modelli di varianti mutate della proteina alsina, responsabile della patologia, tipiche di ogni paziente affetto da IAHSP. I modelli sono stati quindi validati utilizzando i dati sperimentali forniti dal professor Shinji Hadano, esperto di alsina e delle patologie correlate. “In molti casi basta la sostituzione di un singolo amino acido dovuto a una mutazione nel DNA per compromettere il funzionamento di una proteina e della intera cellula. Pertantoha commentato Giuseppe Ermondi, docente di Chimica Farmaceutica dell’ateneo torinese — è di fondamentale importanza la conoscenza della struttura proteica a livello atomico

Il primo passo per trovare un trattamento farmacologico verso una malattia genetica consiste nell’ottenere un modello computazionale ragionevole della struttura chimica della proteina responsabile della patologia”, aggiunge la coordinatrice dello studio, Giulia Caron. L’indagine condotta sulla coppia alsina/IAHSP è stata mirata a individuare un possibile approccio farmacologico per trattare Olivia, bambina affetta da IAHSP a cui sono dedicate le attività di HelpOlly, la ONG che ha supportato la ricerca. “Con questo studio abbiamo dimostrato che la IAHSP nella forma di Olivia è quantomeno potenzialmente trattabile da un punto di vista farmacologico e pertanto abbiamo applicato una procedura computazionale di drug discovery e individuato una molecola molto promettente per il trattamento della patologia di Olivia. A questo punto però i computer non bastano più e quindi sono in corso una serie di validazioni sperimentali sia dal prof. Hadano in Giappone, sia in altri Dipartimenti dell’Università degli Studi di Torino”, sottolinea Caron.

Approfondire velocemente il singolo caso clinico

La ricerca si è focalizzata sull’analisi di sette diversi casi clinici di IAHSP, per ciascuno dei quali sono stati ottenuti i modelli tridimensionali delle corrispondenti proteine mutate; i meccanismi patogenetici di ogni singola mutazione sono stati quindi investigati utilizzando strumenti computazionali. Un approccio che ha permesso di velocizzare molto i tempi d’indagine rispetto ai metodi sperimentali tradizionali; con il nuovo metodo, solo la conferma finale è lasciata alla dimostrazione sperimentale.

Secondo gli autori della ricerca, il metodo sarebbe utilizzabile anche per altre malattie  genetiche, e potrebbe integrarsi nel processo diagnostico a valle dell’analisi genetica. “Spesso siamo portati a pensare all’intelligenza artificiale come a qualcosa di futuristico e lontano — sottolinea Matteo Rossi Sebastiano, — ma è fondamentale comprendere come l’applicazione di tali strumenti nel campo della salute, rappresenti in realtà una rivoluzione in atto, un alleato prezioso e dagli effetti sempre più concreti. Fino a qualche mese fa era inimmaginabile poter dare una “faccia” alla maggior parte delle proteine, men che meno studiarne le varianti patologiche rare. Oggi possiamo, nell’arco di qualche settimana, gettare le basi per strategie terapeutiche personalizzate”.