I dati dell’annuale rapporto Future Health Index 2022, uno studio condotto da Philips in quindici paesi e giunto alla settima edizione volto ad analizzare prospettive e priorità per i leader della sanità, sono stati presentanti anche con riferimento allo scenario italiano.

Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) costituisce per l’Italia una straordinaria opportunità per investire seriamente nella digitalizzazione del sistema sanitario, puntando su un approccio data-driven in cui la raccolta, l’archiviazione e la condivisione dei dati siano connesse e integrate con la medicina predittiva e l’Intelligenza Artificiale”, ha dichiarato Andrea Celli, general manager Philips Italia, Israele e Grecia. “Il Future Health Index 2022 ci mostra tuttavia che la rivoluzione digitale della sanità rappresenta una sfida da cogliere su più livelli – tecnologico, infrastrutturale, culturale – che possiamo vincere solo con uno sforzo di sistema, dove aziende, strutture ospedaliere e istituzioni mettano a fattor comune competenze e know-how a beneficio del paziente e dell’intero sistema sanitario. Gli stessi leader della sanità riconoscono la necessità di dover rafforzare i propri investimenti con partnership forti e strategiche, programmi di formazione del personale e una buona governance, per massimizzare i profitti”.

Le sfide per il futuro

Raccolta e interoperabilità dei dati, intelligenza artificiale e analisi predittiva per sfruttarne appieno la potenza al servizio dell’efficienza e dell’efficacia dell’assistenza sanitaria, sono le sfide principali individuate dal rapporto in un’ottica di crescente digitalizzazione. 

Non meno importante è la significativa carenza di personale che si prospetta al 2030 a livello internazionale, quantificabile in 15 milioni di professionisti , a cui far fronte con una maggior formazione sulle tecnologie sanitarie digitali, la sicurezza dei dati e la tutela della privacy.

Telemedicina (45%) e fascicolo sanitario elettronico (55%) continuano a essere tra le priorità di investimento per gli intervistati, anche se il focus principale è ormai diventata l’IA (67%). I leader della sanità, in particolare, hanno segnalato di riporre fiducia nell’analisi predittiva, sia in ambito clinico (65%) che operativo (61%), in quanto può aiutare a migliorare le prestazioni sanitarie, il valore delle cure e ridurne i costi. In questo approccio data driven, cybersecurity e privacy dei dati hanno la massima priorità (41% del campione), percentuale significativamente più alta di quella registrata in Europa (21%) e a livello mondiale (20%), probabilmente influenzata dai gravi episodi di data breach verificatisi in Italia durante l’ultimo anno.

Gli investimenti messi a disposizione dal PNRR ( circa 20 miliardi di euro per il rafforzamento delle infrastrutture tecnologiche) sono attesi supportare la crescita dell’intelligenza artificiale anche in futuro. A questo si somma la consapevolezza dell’importanza della standardizzazione e valorizzazione dei dati. Dati che in ambito clinico vengono utilizzati per elaborare analisi descrittive (53%) e predittive (49%). Due terzi degli intervistati (66%) ritengono che le proprie strutture dispongano della tecnologia necessaria per sfruttarne appieno il potenziale, e il 78% si sente sicuro dell’accuratezza dei dati a sua disposizione, un risultato nettamente superiore alla media europea (66%) e globale (69%).

Tra i principali ostacoli sul percorso della sanità data-driven vi sono ancora i temi della sicurezza e della privacy dei dati (32%), seguiti dalla difficoltà di gestire grandi volumi di dati (28%) e dalla mancanza di competenze del personale (27%).

Lo studio indica anche l’importante ruolo che i leader italiani della sanità attribuiscono alle partnership, sia con altre strutture sanitarie che con le aziende del settore Health Technology. Le notevoli differenze regionali tipiche del sistema sanitario italiano fanno sì che la collaborazione con altre strutture ospedaliere e sanitarie sia stata vista dagli intervistati come un’opportunità preziosa per imparare dalle esperienze altrui. Le collaborazioni con le aziende potrebbero portare, secondo lo studio, a possibili vantaggi a livello di accesso a modelli di pagamento flessibili e opzioni di finanziamento innovative (44%), formazione e preparazione del personale (31%), visione strategica per il futuro (27%) e consulenza specializzata (26%).