“La Ricerca clinica in Italia: il cambiamento è oggi?”. Questo l’interrogativo che ha dato vita al Convegno organizzato dalla Società Scientifica FADOI (Federazione delle Associazioni dei Dirigenti Ospedalieri Internisti) in collaborazione con l’Istituto Superiore di Sanità e che si è sviluppato grazie agli interventi autorevoli di rappresentanti di Istituzioni, di Istituti di Ricerca, di Direzioni Generali e Sanitarie degli Ospedali, di Associazioni Scientifiche, dell’Industria, nonché delle Organizzazioni di Ricerca a Contratto. L’evento ha puntato i riflettori sulla Ricerca clinica, settore per il quale l’Italia, oggi, dovrebbe recuperare quella dimensione competitiva che, negli ultimi anni ha perso. Complici gli accadimenti in ambito sanitario degli ultimi anni, a partire dalla pandemia CoViD-19 fino all’entrata in vigore dei Regolamenti europei sulla sperimentazione clinica, sui dispositivi medici e del GDPR (General Data Protection Regulation) – relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento e alla libera circolazione dei dati personali – e i decreti attuativi della Legge 3/2018. Oltre allo stato della Ricerca, si è approfondito il tema del partenariato tra Pubblico e Privato, della gestione dei dati, del problema della cyber security e dell’Innovazione tecnologica. Per valorizzare e migliorare le informazioni scientifiche, ad oggi sotto utilizzate, occorre stimolare collaborazioni strutturate e trasparenti fra la ricerca accademica e quella industriale.

Un momento storico

Marcello Cattani

Punto, quest’ultimo, sostenuto anche da Marcello Cattani, Presidente di Farmindustria: “Siamo in un momento storico in cui è importante rendere la R&S più fruibile e gestibile per gli ospedali e gli istituti di ricerca. Solo attraverso la partnership tra pubblico privato, si possono ottenere benefici per gli studi clinici, offrendo la possibilità al Sistema sanitario e anche ai cittadini, di accedere alle cure. I bisogni sono evidenti e dobbiamo fare uno sforzo perché l’Italia non perda opportunità nella R&S, un settore competitivo che attrae investimenti e sviluppo. Il mondo delle imprese è sensibile a questo tema e il Paese ha eccellenze nell’accademia, nelle professioni sanitarie e anche regolatorie che devono essere messe a fattor comune per un obiettivo: rendere sempre più competitiva la ricerca in Italia. Oggi lo scenario non è favorevole: di 10 farmaci approvati da Ema 8 arrivano dalla R&S in Usa e in Cina e 2 da quella europea. È necessario quindi potenziare i centri sperimentali, perfezionando l’organizzazione con un adeguato organico di personale dedicato e formato alla ricerca clinica e puntare sulla digitalizzazione dei centri di ricerca e sulle tecnologie innovative, permettendo il miglioramento dei processi di gestione e conduzione dei trial. Senza dimenticare di assicurare un veloce accesso ai farmaci, in particolare quelli innovativi, anche attraverso un maggiore coinvolgimento dei cittadini negli studi clinici. Inoltre, la riduzione del numero e la semplificazione degli iter burocratici dei comitati etici devono essere ulteriormente accelerate. Solo così sarà possibile garantire un risparmio concreto al SSN e competere nella sfida globale senza restare indietro rispetto ad altri Paesi”.

Il punto sui dispositivi meidici

Fernanda Gellona, Direttore generale presso Confindustria Dispositivi Medici interviene a favore dello sviluppo della Ricerca, indispensabile per garantire innovazione anche nel settore dei dispositivi medici. “Il mondo dei Dispositivi medici, come quello dei farmaci, offre opportunità di diagnosi, di riabilitazione, quindi di cura e di salute, in generale. Il nostro comparto che si contraddistingue proprio per l’innovazione continua e la ricerca, è rappresentato da aziende molto diverse, a seconda del prodotto e della tecnologia offerti, ma tutti con lo stesso denominatore comune, ovvero l’offerta di salute e di cura. Dobbiamo attenerci a due regolamenti europei che dettano le regole per l’immissione in commercio dei dispositivi e si basano proprio sulla ricerca clinica. Infatti, occorre raccogliere sempre più dati di efficacia, di sicurezza sulle prestazioni dei prodotti, anche dati a livello di pre marcatura, come di post marcatura. Proprio a questo scopo, le nostre imprese hanno bisogno di fare ricerca clinica, indagini e di trovare infrastrutture che possano accogliere queste necessità, ovvero recepire e usufruire degli ingenti investimenti che le nostre imprese dovranno fare. L’Italia gode di professionalità straordinaria e di strutture pronte, ma abbiamo bisogno di dettare le regole che organizzino e definiscano le attività in modo coerente con la natura dei nostri prodotti, con i numeri dei pazienti da arruolare e con le tempistiche che i nostri dispositivi richiedono. Abbiamo nuove frontiere come dispositivi a base di sostanze, con nuove tecnologie digitali e abbiamo bisogno di forte alleanza con le istituzioni, con gli enti di ricerca e con le società scientifiche per non perdere questa occasione storica che viene data dall’obbligo di osservare i dettami dei regolamenti europei. Abbiamo assistito negli ultimi due anni ad una drammatica diminuzione del 27% di investimenti in ricerca e sviluppo. A fronte del fatto che le imprese, anche con case madre non italiana, riconoscono le nostre eccellenze professionali. Non possiamo perdere l’occasione per le imprese e per i cittadini perché sappiamo che, laddove si svolge la ricerca i primi a beneficiarne sono proprio le persone. Spero di ritrovarci in modo fattivo per condividere un obiettivo comune, perché gli investimenti devono tornare in Italia per la salute di tutti noi”.