I possibili effetti dei residui di farmaci rilasciati nell’ambiente sono al centro di una nota congiunta delle associazioni europee rappresentative dell’industria farmaceutica, EFPIA in rappresentanza dell’industria innovator, Medicines for Europe per quella dei farmaci generici e biosimilari e AESGP in nome dei produttori di prodotti per l’auto-cura (farmaci da banco, integratori alimentari e dispositivi medici). 

Secondo la nota, la proposta della Commissione europea di imporre un onere ai medicinali all’interno della direttiva sul trattamento delle acque reflue urbane potrebbe finire per compromettere l’accesso dei pazienti ai farmaci. “I prelievi generalizzati sui prodotti medicinali basati sui livelli di escrezione dei pazienti non hanno precedenti, sono disproporzionati, ingiusti e inefficaci”, si legge nella nota. L’esito paventato dalle associazioni firmatarie è che molti medicinali essenziali potrebbe non essere più disponibili e dare luogo a carenze sul mercato a causa dell’ulteriore carico posto sulle aziende produttrici. 

Ciò a fronte di un attuale quadro regolatorio che le associazioni industriali ritengono stringente, e che chiama le aziende a monitorare in continuo i processi per minimizzare qualsiasi effetto non intenzionale dei medicinali a livello ambientale.

È frustrante che proposte duplicate e inattuabili di prelievi sui farmaci per la gestione delle acque reflue vengano rigettate sull’industria farmaceutica. È una proposta lose-lose”, ha commentato il direttore generale di Medicines for Europe, Adrien van den Hoven.

La richiesta alla Commissione è di esentare i medicinali dalla proposta allo studio, visto il loro ruolo essenziale per la salute pubblica. Secondo la nota, infatti, sarebbero poche le sostanze attive farmaceutiche a presentare un rischio per l’ambiente, ed esse sarebbero già tenute sotto stretto controllo, come dimostrato dai livelli di concentrazione riscontrati nelle acque reflue in Europa. Inoltre, i farmaci rappresenterebbero solo una piccola frazione delle sostanze rimovibili attraverso un migliore trattamento delle acque. 

Per Natalie Moll, direttore generale di EFPIA, l’industria farmaceutica è già consapevole dell’importanza delle acque reflue come parte essenziale della concentrazione demografica delle grandi aree urbane. “Tuttavia, le misure proposte impatterebbero sulla disponibilità di certi medicinali, che sarebbe contrario a un principio chiave dell’Approccio strategico europeo ai farmaci nell’ambiente, che le politiche non devono mettere a rischio l’accesso dei pazienti a medicinali sicuri ed efficaci”, ha aggiunto.

Secondo EFPIA, Medicines for Europe e AESGP, il rischio insito nel procedere con la proposta di Extended Producer Responsibility (EPR) sarebbe di dar vita a un modello potenzialmente discriminatorio per il mondo farmaceuticio, chiamato a finanziare i miglioramenti dei trattamenti delle acque reflue che rimuoverebbero in realtà micro-inquinati di altra origine. L’applicazione del concetto di EPR ai medicinali per uso umano al fine d’incentivare un approccio “green per design”, inoltre, è ritenuto dalle associazioni industriali non tenere conto la natura biologica dell’azione dei medicinali, né dei complessi percorsi di autorizzazione in base ai requisiti di qualità, efficacia e sicurezza. La nota richiama anche il pluriennale impegno dell’intero comparto in campo ambientale rappresentato dal programma di Eco-Pharmaco-Stewardship, che comprende iniziative sia nel campo della ricerca (nell’ambito della Innovative Health Initiative), che lo sviluppo di linee guida per la gestione degli effluenti degli impianti produttivi, azioni volte a rafforzare la consapevolezza sulle corrette pratiche di smaltimento a domicilio e la proposta di una valutazione estesa del rischio ambientale. 

Il suggerimento di Jurate Svarcaite, direttore generale di AESGP, è di prendere ispirazione da modelli diversi, quali ad esempio quello della Svizzera, paese il cui modello di finanziamento basato sulla condivisione dei costi per il miglioramento degli impianti di trattamento delle acque reflue urbane (UWWTPs) è considerato essere equo e non disciminatorio. “Comprendiamo tutti le sfide per l’industria delle acque reflue. Deve aggiornare i suoi livelli di trattamento per fornire un’acqua più pulita. Ha anche necessità di rendere sicuri i suoi by-product e il riutilizzo, al fine di conseguire gli obiettivi di sostenibillità e circolarità dell’economia. Ci sembra però molto disproporzionato che la modernizzazione degli impianti di trattamento delle acque reflue, come pure la loro operatività in continuo, debba essere finanziata unicamente da un settore che ha provato di stare facendo il suo meglio per mitigare i rischi ambientali e assicurare la disponibilità e accessibilità a trattamenti di qualità per la popolazione”, ha commentato Svarcaite.