L’innovazione è un investimento per il Paese e trova nello sviluppo di nuove molecole e nel potenziamento della ricerca biofarmaceutica alcune delle sue pietre miliari. Occorre attrarre più sperimentazione clinica in Italia e introdurre nuovi modelli farmacoeconomici che favoriscano l’accesso alle cure e a una più vasta platea di pazienti. Se ne è parlato nel corso del Convegno “Innovazione Farmaceutica. Valore, nodi e modelli di sviluppo dalla ricerca all’accesso”, promosso da Assobiotec-Federchimica (Associazione nazionale di Federchimica per lo sviluppo delle biotecnologie) in collaborazione con Osservatorio Sanità e Salute. l’vento è stata anche occasione per presentare il volume “Il valore dell’Innovazione farmaceutica” del professo Stefano Vella, un “manuale di navigazione” nell’innovazione farmaceutica in tre volumi, scaricabile gratuitamente sul sito di Assobiotec-Federchimica.

La dicotomia

Fabrizio Greco, presidente Assobiotec

Da un lato l’innovazione, farmaci e terapie in larga parte biotech in grado di agire efficacemente sulla storia di gravi malattie, in prevalenza rare e ultrarare, orfane di molti casi di terapie o su condizioni cliniche complesse prevenendo complicazioni, evitandone la progressione della patologia. Vantaggi che si traducono per il paziente in sensibili benefici di salute e qualità di vita. Dall’altro, costi elevati delle terapie innovative che ne limitano l’accesso, spesso incompatibili con la sostenibilità dei sistemi sanitari pubblici. Due aspetti che devono trovare una conciliazione, tenuto conto che secondo l’OCSE (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico), nel 2030 l’80% dei farmaci saranno biotech. «L’innovazione farmaceutica – dichiara Fabrizio Greco, Presidente di Assobiotec – è un processo globale che porta valore ai pazienti ed alla Società e viene generato ad ogni passo del percorso che porta un’idea a diventare soluzione. Il nostro Paese ha bisogno di crescere nella ricerca di base e nel suo passaggio alle realtà produttive, cominciando fin da ora ad avvalersi delle grandi competenze già esistenti nel SSN (Sistema Sanitario Nazionale) per diventare maggiormente attrattivo per la ricerca clinica, un importante volano che permette ai pazienti di accedere anticipatamente a terapie innovative». Ciò in relazione anche alle più recenti evidenze: «Si sta osservando – aggiunge Barbara Capaccetti, Co-coordinatrice Gruppo di lavoro Ricerca&Sviluppo Federchimica-Assobiotec – una maggiore partecipazione dell’Italia a sperimentazioni cliniche a fianco di realtà internazionali. Occorre potenziare la collaborazione pubblico-privato orientata a un obiettivo comune: il progresso scientifico».

Nuovi modelli

«Per arrivare a questi obiettivi – prosegue Greco – è necessario riconoscere il valore delle terapie innovative con modelli farmacoeconomici che valutino adeguatamente i benefici ed i costi evitati nel lungo periodo. Il futuro della farmaceutica dipenderà dallo sviluppo delle biotecnologie e la ricerca ed il rapido ed ampio accesso a questi farmaci sono fattori chiave, oltre che per generare salute, anche per lo sviluppo del Paese. Dobbiamo quindi cambiare prospettiva e focalizzarci, garantendo nel breve termine la sostenibilità del SSN, nella generazione di salute, competenze e valore economico, ovvero risorse per produrre nuove terapie e generare un ciclo virtuoso di benessere per il Paese». I dati confermano tali benefici: «Una collaborazione tra accademia, ricercatori, 13 aziende, 6 centri ospedalieri importanti – dichiara Americo Cicchetti, Professore Ordinario, facoltà di Economia, Università cattolica del Sacro Cuore – hanno permesso da un lato di analizzare il valore dell’investimento, dall’altro il valore in termini di risparmio di spesa. Quattro anni di dati e 923 studi di cui una quota importante in ambito oncologico, hanno fatto rilevare che a fronte di circa 323 milioni di investimento diretto, ritornano al sistema circa 630 milioni di euro in termini di risparmio, produttori di salute, generati da investimenti e costi mai sborsati. Ripetendo l’analisi si è osservato che questo effetto leva viene costantemente ribadito. Si è inoltre registrato solo nel 2002, un incremento del 20% di pazienti arruolati in sperimentazioni cliniche. Infine la creazione di un indicatore specifico per stabilire il percepito delle aziende in relazione all’investimento in sperimentazione cliniche realizzato a seguito di oltre 200 interviste a tutti gli attori (CRO, IRCCS, Università) hanno fatto emergere uno scenario positivo, nonostante le evidenti criticità, quali lunghezze burocratiche, management della sperimentazione clinica, arruolamento dei pazienti».

Le criticità associate a farmaci innovativi

Al di là del valore clinico, i farmaci innovativi sono sioggetti a importanti complessità: percorso di approvazione, scarso confronto con agenzie regolatorie, percezione di costo e costo-efficacia inadeguata, sostenibiltà della spesa. «Queste difficoltà – commenta Annarita Egidi, Coordinatrice Area Terapie & Innovazione Federchimica-Assobiotec – impattano sull’accesso del paziente alle terapie e possono riferirsi a criticità di farmacoeconomia, come la capacità di “misurazione” del prezzo della tecnologia, o a definire l’innovatività di un farmaco in caso ad esempio di malattie rare come anche di governance, ovvero alla spesa farmaceutica soggetta un sottofinanziamento cronico che si esprime con payback e tetti di spesa che non comunicano tra loro. Tra le soluzioni possibili si profilano la definizione di un sistema in grado di migliorare il dialogo e un early access più efficiente. Mentre in tema di governance, occorre un finanziamento adeguato della spesa a lungo termine e nel breve alla definizione di un sistema che possa risolvere il disavanzo della spesa territoriale e dunque ridurre l’impatto del payback, fino a studiare come migliorare utilizzo del fondo innovazione per farmaci con innovazione potenziale».