“Su 125 prodotti approvati dall’Ema nel triennio 2015-2017, nel Regno Unito erano disponibili 104 farmaci, in Germania 101, in Italia 96. L’ultimo Paese era la Lettonia con appena 11 farmaci. In media il 49% dei prodotti arriva in due anni, ma alcuni non arrivano mai”. I risultati provengono da uno studio citato da Sandra Gallina, direttrice generale per la Salute e la Sicurezza Alimentare alla Commissione europea, durante il workshop “Sulla revisione della Eu’s Pharmaceutical Legislation” che si è tenuta all’Università Cattolica il 23 giugno.
Ridurre le disuguaglianze
I dati sono stati il punto di partenza per evidenziare le disuguaglianze nell’accesso ai farmaci tra i 27 Stati dell’Unione Europea. Anche per questa ragione è in corso una profonda revisione della legislazione farmaceutica europea, la più importante degli ultimi 20 anni. L’obiettivo principale è migliorare la disponibilità e l’accessibilità, anche in termini di prezzi, dei medicinali, rendendo la legislazione farmaceutica europea più agile, flessibile e adeguata alle esigenze dei cittadini e delle imprese dell’Unione.
“L’intenzione sottesa a questa riforma è stabilire l’equità tra Stati membri e tra i vari pazienti all’interno di una Nazione”, ha sottolineato Gallina. Durante il workshop si sono confrontati i diversi stakeholder, che hanno discusso entrando nel merito della riforma, evidenziandone i pregi senza nasconderne le criticità o gli aspetti da approfondire.
Mario Monti, presidente della Commissione paneuropea per la salute e lo sviluppo sostenibile, ha evidenziato l’importanza di avere (e mantenere) un mercato unico europeo, senza frammentarlo mentre tentiamo di ridefinire i rapporti con grandi potenze come la Cina e gli Stati Uniti.
Silvio Brusaferro, presidente dell’Istituto Superiore di Sanità, ha posto l’accento sulla flessibilità di produzione che assicuri risposte pronte ai bisogni dei cittadini. “Penso per esempio che la questione longevità vada affrontata a livello europeo: in Italia secondo l’Istat oggi abbiamo oltre 22.000 ultracentenari: si tratta di persone che spesso vivono in autonomia, con una qualità della vita buona. Secondo le proiezioni saranno 300.000 nel 2050. Il nostro approccio terapeutico ha 2 limiti: a ogni patologia corrisponde un trattamento farmacologico e dunque si sommano i principi attivi e gli effetti indesiderati e allo stesso tempo molti farmaci sono studiati in persone sotto i 65 anni”.
Più attenzione alla medicina di genere
Silvio Garattini, direttore dell’Istituto Mario Negri, ha posto l’accento sulla necessità di studi comparativi: la riforma prevede che, laddove vengano fatti, le aziende ricevano un’estensione di sei mesi del proprio periodo di protezione. “Occorre trovare il modo di introdurre il valore terapeutico aggiunto, che oggi manca”, ha osservato.
Inoltre, il farmacologo ha evidenziato come oggi la maggior parte dei farmaci sia sperimentata sui maschi, a partire dagli studi sugli animali. “I pochi danni che abbiamo ci dice che la medicina penalizza le donne. Dovremo pensare a 2 protocolli diversi per lo stesso farmaco, altrimenti le donne avranno sempre più effetti collaterali rispetto agli uomini”.
Durante le conclusioni, Gallina ha ringraziato per il ricco dibattito: “È stato un degno inizio per un percorso lungo: ritengo che l’equilibrio tra innovazione e sostenibilità e possa essere raggiunto solo attraverso il dibattito. Da parte nostra, siamo aperti alla discussione e alla revisione in base a ciò che scaturirà anche dalla discussione parlamentare”.