I risultati della ricerca condotta da Italia Longeva per valutare l’attuale livello di conoscenza sui farmaci equivalenti e le preferenze degli anziani e dei loro caregiver rispetto al consumo di questa tipologia di medicinali sono riassunti nello studio “Preferenze e attitudine del paziente anziano rispetto all’uso del farmaco equivalente in Italia”, presentato in occasione di Long-Term care EIGHT, edizione 2023 degli Stati Generali dell’assistenza a lungo termine.

La raccomandazione finale risultante è che “c’è ampio spazio ed estrema necessità di pianificare interventi di formazione e sensibilizzazione sul tema del farmaco equivalente, rivolti ai pazienti anziani e ai loro caregiver”.  

La ricerca è stata curata da Graziano Onder (Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma – Direzione Dipartimento Malattie Cardiovascolari, Endocrino- Metaboliche e Invecchiamento, Istituto Superiore di Sanità) e Caterina Trevisan (Università degli Studi di Ferrara) e si propone di inquadrare il tema all’interno della più ampia transizione demografica in corso, secondo cui entro il 2050 gli italiani over-65 potrebbero rappresentare il 35% del totale (dati Istat). Anche la speranza di vita si va sempre più allungando, e potrebbe toccare nel 2070 per i nuovi nati  86,5 anni per gli uomini e 89,5 anni per le donne. A questi trend si affianca un numero medio di  7,4 farmaci assunto ogni giorno dagli over-65, mentre il 27% delle persone in tale fascia d’età assume 10 o più farmaci al giorno (dati Osmed). 

Il sondaggio di Italia Longeva prosegue il percorso avviato nel 2022 con l’analisi sul processo di prescrizione dei farmaci equivalenti in Italia. Quest’anno  l’attenzione si è spostata in particolare sui pazienti anziani, in quanto principali utilizzatori di farmaci a causa delle frequenti condizioni di cronicità. L’indagine ha avuto come obiettivo primario quello di valutare l’attuale livello di conoscenza in materia di farmaco equivalente e le attitudini e preferenze degli anziani e dei loro caregiver rispetto al consumo di questa categoria di medicinali.

Lo studio sottolinea come i cambiamenti demografici attesi si traducano nella necessità di promuovere politiche e pratiche prescrittive volte a garantire la sostenibilità del Sistema sanitario nazionale e l’equo accesso alle cure, tra cui potrebbe rientrare anche l’uso dei farmaci equivalenti».

I dati principali dello studio

Lo studio di Italia Longeva è partito dalla revisione della letteratura preesistente, seguito dal un confronto tra esperti di geriatria, epidemiologia e farmacologia per lo sviluppo di un questionario. Quest’ultimo è stato infine somministrato a un campione di anziani o loro caregiver afferenti a strutture ospedaliere di diverse zone geografiche. Sono stati coinvolti a questo scopo quindici diversi centri di dieci diverse Regioni appartenenti alla rete del gruppo YES – Young Epidemiologist SIGG (Società Italiana di Gerontologia e Geriatria) (Veneto, Lombardia, Piemonte, Emilia-Romagna, Toscana, Lazio, Campania, Sardegna, Calabria e Sicilia). Sono stati reclutati anche alcuni pazienti provenienti dalla Puglia, anche se ricoverati in strutture sanitarie del Lazio.

Quasi l’80% dei partecipanti allo studio è over-65, fatto che contraddistingue la ricerca rispetto a studi precedenti dove il contributo di soggetti in età geriatrica era molto più limitato.  Il setting di reclutamento ambulatoriale-ospedaliero, inoltre, ha permesso di coinvolgere anche pazienti con elevato livello di complessità medica e funzionale, direttamente o per tramite del caregiver di riferimento.

Sono stati coinvolti un totale di 475 soggetti, di cui 312 (65.7%) pazienti e 163 (34.3%) caregivers. Il 16% dei pazienti e il 4% dei caregiver ha dichiarato di non sapere cosa sia un “farmaco equivalente”; quasi il 20% dei pazienti e il 10.4% dei caregiver ha dichiarato, inoltre, di non aver mai usato questa tipologia di medicinali. Chi, invece, lo ha fatto è stato su proposta del farmacista (50.5%) o del medico (28%), mentre il 16.9% ne ha fatto personalmente richiesta.

I non utilizzatori degli equivalenti hanno motivato tale scelta con una generica preferenza per il farmaco “di marca” (53.8%) o con la prescrizione del farmaco “di marca” da parte del medico (25%), a fronte di un 18.3% con riferite pregresse reazioni allergiche a farmaci.

Il 15% dei partecipanti, inoltre, ha dichiarato che in farmacia è “sempre” stato offerto loro il farmaco equivalente in alternativa al corrispettivo “di marca” (“spesso” al 35.9%, “talvolta” al 31.9%, “raramente” all’11%, “mai” al 6.1%).

Lo studio evidenzia anche come i pazienti ritengano più frequentemente, rispetto ai caregiver, che i farmaci equivalenti necessitino di maggior tempo per essere efficaci (22% vs 12%) e siano prodotti con sostanze di minore qualità (27% vs 9%). La maggioranza dei caregiver (63%) ritiene che il farmaco equivalente sia efficace al pari di quello “di marca”, percentuale che scende al 44% per i pazienti. Complessivamente il 58% dei caregiver e il 48% dei pazienti hanno mostrato un’opinione favorevole ai farmaci equivalenti.

I più scettici rispetto ai farmaci equivalenti sono risultati essere i soggetti a basso reddito (<1000 euro/mese), sia in termini di azione (il 31.4% vs 66.9% ritiene che abbiano lo stesso effetto dei corrispettivi farmaci “di marca”) che di qualità (35.1% vs 23% ritiene che siano prodotti con sostanze di minore qualità).