Secondo l’ultimo report di Medicines for Europe sull’implementazione del regolamento Supplementary Protection Certificate (SPC), la normativa europea entrata in vigore nel luglio 2022 non starebbe raggiungendo gli obiettivi prefissati. L’aggiornamento del sistema dei certificati di protezione complementare puntava a ridurre lo svantaggio che affligge i produttori europei di medicinali generici e biosimilari rispetto alla concorrenza extra-UE.
I dati principali
Secondo il sondaggio condotto tra le aziende associate a Medicines for Europe che hanno fatto ricorso alle misure previste dal regolamento, tale possibilità rimane ancora limitata, nonostante l’aumento di utilizzo a partire dal 2023. In molti casi, le aziende hanno preferito non ricorrere all’uso della deroghe previste dal regolamento, a causa dei timori di contenziosi legali, oneri normativi e rischi di abuso processuale. Il regolamento nella sua forma attuale, sottolinea il rapporto, non sarebbe quindi adeguato a rimuovere gli ostacoli che si proponeva di rimuovere. Ciò comporta che molte aziende abbiamo preferito mantenere nei paesi terzi la produzione dei loro prodotti. Ricordiamo che le deroghe previste dal regolamento permettono, in teoria, di iniziare la produzione sei mesi prima della scadenza dei certificati SPC di modo di farsi trovare pronti al lancio anche sul mercato UE dal day-1.
Le raccomandazioni per la revisione del regolamento
La revisione del regolamento SPC, prevista nel 2024, non ha ancora avuto luogo, ma l’aspettativa di Medicines for Europe è che qualcosa si possa muovere nel corso di quest’anno. Tra le richieste avanzate dal rapporto vi è la rapida emissione di una linea guida finalizzata a rimuovere le incertezze ancora presenti e a limitare gli abusi delle misure di salvaguardia, non necessarie, da parte dei titolari degli SPC.
Medicines for Euroe chiede anche di rimuovere completamente il limite di sei mesi per la produzione di generici e biosimilari destinati al mercato UE, in quanto ritenuta non fornire garanzia di deviazioni illecite fittizie e impedire la concorrenza dal day-1. Dovrebbe anche venire permesso in modo esplicito di effettuare esportazioni intra-UE verso gli stati membri in cui non siano in vigore certificati SPC.
Il documento chiede anche di rimuovere tutti gli aspetti del regolamento che risultano discriminatori nei confronti dei produttori europei, tra cui la notifica (ritenuta motivo alla base di molte cause legali) e i requisiti di due diligence ed etichettatura non necessari. La Commissione europea è anche chiamata a chiarire alcune aree di incertezza legale risultanti da alcune cause intentate presso i tribunali. In particolare, andrebbe chiarito, secondo Medicines for Europe, che lo stato di protezione intellettuale nel paese terzo non è rilevante ai fini dell’SPC waiver europeo. Andrebbero anche previste delle salvaguardie contro le liti temerarie, con esempi concreti delle stesse e meccanismi specifici tramite cui le autorità preposte alla competitività possano monitorare i contenziosi e le minacce di contenzioso in relazione alle deroghe SPC. Medicines for Europe suggerisce anche di introdurre la possibilità di re-importare per motivi tecnici e di non restringere la possibilità di stoccaggio nell’uso della deroga all’export.
L’obiettivo del mercato unico europeo dovrebbe venire perseguito mediante un’unica deroga SPC, senza differenziazione tra export e stoccaggio e senza limiti sui trasporti intra-UE e stoccaggio, a tutela del lancio al day-1. Medicines for Europe sottolinea anche come la revisione del regolamento SPC si possa inserire in quella della più ampia legislazione farmaceutica, dando vita così a un quadro normativo coerente per i prodotti farmaceutici. La revisione del regolamento SPC, quindi, dovrebbe vedere a cascata anche quella di tutti gli articoli degli altri atti normativi europei che trattano anche delle deroghe SPC.
 
             
		