L’Intelligenza Artificiale governa anche la ricerca e la produzione Pharma, attuale e del prossimo futuro: drug discovery, creazione di nuove molecole, studio strutturale, funzionale di alcune di esse, come le proteine, la robotica e l’implementazione di robot e agenti intelligenti, l’ottimizzazione dei processi produttivi, della gestione delle energie, la velocizzazione dei processi sono alcuni degli ambiti di principale applicazione nella “filiera” farmaceutica dell’AI, tradizionale e Generativa o di forme ancora più evolute e che richiederanno una revisione anche dei regolatori.
Se ne è parlato nel corso della Giornata di Studio di CPA Italy (Chemical Pharmaceutical Generic Association), dal titolo Dall’algoritmo alla molecola. Come l’intelligenza artificiale sta trasformando l’industria farmaceutica. Sono intervenuti: Luigi Roggia, Senior Data Science e CEO di Apply Science, Marco Ribas, rappresentante di Fedegari Group, Alessandro Farinelli, Professore presso il Dipartimento di Informatica dell’Università di Verona, Giorgio Colombo, Professore presso il Dipartimento di Chimica dell’Università di Pavia, Fabio Rancati Senior Director Medicinal Chemistry e Drug Design di Chiesi Farmaceutici, Barbara Pirola, Corporate Director, Quality Management System di Esseco, moderati da Marcello Fumagalli, General Manager CPA.
Intelligenza Artificiale (IA) o Intelligenza Aumentata?
L’acronimo AI apre oggi a una doppia interpretazione, in un’epoca dominata dall’innovazione e dall’adozione di strumenti 5.0 che stanno traghettando anche il settore farmaceutico verso una nuova dimensione. Le due anime dell’AI – Intelligenza Artificiale e Intelligenza Aumentata – delineano infatti un cambio di paradigma: nel primo caso, si assiste alla delega sempre più ampia del libero arbitrio umano all’automazione; nel secondo, l’obiettivo è valorizzare e potenziare le capacità cognitive dell’uomo grazie al supporto della tecnologia. Ma quale sarà, dunque, il ruolo dell’essere umano in questo scenario?
Minimo o addirittura nullo se a prevalere sarà l’Intelligenza Artificiale; centrale, invece, se a guidare l’evoluzione sarà l’Intelligenza Aumentata.
Nella quotidianità, queste due forme di AI si concretizzano attraverso chatbot, robot, sistemi predittivi e algoritmi decisionali. Tuttavia, l’affidamento eccessivo a tali strumenti può comportare rischi significativi: la perdita di senso critico, la riduzione della capacità di analizzare i contesti e l’erosione della creatività umana. L’Intelligenza Aumentata, al contrario, si propone come alleato strategico, capace di migliorare la precisione, l’accesso all’informazione e l’efficienza dei processi, senza sostituire ma amplificando il pensiero umano. Quel che è certo è che l’AI entrerà con forza crescente nella vita quotidiana, configurandosi come una sorta di Rinascimento del XXI secolo: una fase in cui l’Intelligenza Artificiale e quella Umana potranno fondersi in un equilibrio dinamico, consentendo una comprensione più profonda e completa dello scibile.
Da un lato, questa evoluzione sarà alimentata dalla capacità di apprendere da altre tecnologie, come il machine learning; dall’altro, porterà inevitabilmente con sé nuove sfide, tra cui la possibile perdita di posti di lavoro e la ridefinizione delle competenze professionali. La prospettiva, dunque, è chiara: trasformare l’Intelligenza Aumentata nel naturale prolungamento dell’Intelligenza Umana, non come sostituto, ma come nuovo strumento per espandere i confini del pensiero.
Applicazioni e rischi
L’Intelligenza Artificiale non è altro che matematica applicata: una scienza rigorosa e strutturata, ma che – se impiegata in modo improprio – può produrre risultati errati con conseguenze potenzialmente gravi. Un errore di calcolo, se accettato passivamente per mancanza di conoscenze di base, rischia di essere diffuso e percepito come verità. Man mano che gli strumenti diventano più intuitivi e accessibili, cresce la loro capacità di fornire risultati immediati. Tuttavia, questa semplicità d’uso si scontra con una progressiva riduzione della cultura critica: una società sempre più dipendente dagli output dell’AI, ma sempre meno capace di interpretarli. Ne deriva un paradosso: una potenza di calcolo straordinaria, in grado di sbagliare, contrapposta a un pubblico che non ha più gli strumenti cognitivi per riconoscere l’errore.
In sostanza, la matematica – se non governata e applicata correttamente – può restituire numeri che non rappresentano la realtà, generando vere e proprie “allucinazioni digitali”. È questo uno dei rischi più concreti dell’AI, già evidente nella fase sperimentale che stiamo vivendo. Un esempio? Una semplice media matematica può produrre un dato impreciso, con conseguenze limitate ma reali. Tuttavia, quando si parla di strumenti più complessi come ChatGPT, basati su modelli linguistici di grandi dimensioni (LLM), gli effetti di un errore possono diventare molto più significativi. La chiave di volta resta la cultura: studiare, documentarsi, comprendere i meccanismi e le logiche dell’AI è fondamentale quanto saper usare questi strumenti. Solo chi saprà interpretare e governare la tecnologia resterà competitivo. Chi non lo farà, rischia – nel giro di pochi anni – di uscire dal mercato.
È dunque il momento di cavalcare l’onda dell’AI con consapevolezza e responsabilità, comprendendone potenzialità e rischi. Un approccio particolarmente cruciale nel settore pharma e healthcare, dove l’AI generativa può essere impiegata per:
- creare dati sintetici utili alla ricerca,
- sviluppare algoritmi per la chimica computazionale, capaci di generare nuove “ricette” in funzione di specifici KPI,
- accelerare i processi produttivi,
- ottimizzare la composizione di sostanze o la consistenza dei principi attivi.
Le autorità regolatorie – come FDA ed EMA – incoraggiano l’adozione dell’AI, pur mantenendo una posizione cauta: il via libera definitivo non è ancora pienamente formalizzato. Tuttavia, la direzione è chiara.
Stiamo assistendo al passaggio da una Digital Transformation a una vera e propria Digital Vision. Un’evoluzione che richiederà non solo nuovi strumenti – come macchine di sterilizzazione intelligenti e sistemi di produzione automatizzati – ma anche nuovi partner industriali: non più semplici fornitori di tecnologia, bensì Technology Process Helper, attori in grado di offrire un digital product service ecosystem integrato. Un ecosistema fatto di equipment connessi, dati intelligenti e servizi a valore aggiunto, finalizzati al raggiungimento di obiettivi concreti di business e innovazione lungo l’intera linea produttiva farmaceutica.
L’impatto sulla robotica
Nel corso del tempo, l’Intelligenza Artificiale si è evoluta fino a generare macchine capaci di risolvere problemi complessi, richiedenti un livello di intelligenza paragonabile – e in alcuni casi assimilabile – a quello umano. Spesso applicata alla robotica, l’AI è oggi in grado di simulare processi cognitivi, superando di gran lunga la mera automazione programmata del passato. Oltre all’analisi di grandi moli di dati, una delle applicazioni più interessanti riguarda la creazione di agenti intelligenti – robot o software – dotati di un certo grado di autonomia. Questi sistemi possono affrontare compiti ripetitivi, faticosi o pericolosi, secondo le celebri tre “D” della robotica: Dirty, Dull, Dangerous. Nell’era dell’Intelligenza Artificiale, tali agenti sono “aumentati” con capacità cognitive che permettono loro di adattarsi e apprendere.
Se un tempo il robot era programmato per svolgere un solo compito definito, oggi è addestrato tramite algoritmi di apprendimento automatico (machine learning), imparando dai dati e dagli esempi. Il concetto di “programma” lascia così spazio al “modello”: da qui nascono le famiglie di modelli di AI, come i LLM (Large Language Model) e i VLM (Visual Language Model), che rappresentano una nuova generazione di intelligenza adattiva. Questi modelli possono essere utilizzati per previsioni e ottimizzazioni, ad esempio nella riduzione dei consumi energetici, nella minimizzazione degli sprechi produttivi o nella costruzione di reti neurali artificiali e modelli transformer – un’evoluzione delle reti neurali tradizionali. Tali strumenti consentono anche di migliorare la valutazione dell’interpretabilità, ossia la capacità di comprendere come e perché un modello attribuisca un certo valore a una variabile piuttosto che a un’altra. In questo senso, i modelli di regressione lineare restano particolarmente efficaci: descrivono, attraverso equazioni matematiche, la relazione tra variabili indipendenti e la variabile da prevedere.
Nel settore farmaceutico, i modelli transformer stanno assumendo un ruolo cruciale. Grazie all’analisi delle storie cliniche dei pazienti, questi algoritmi sono in grado di prevedere l’insorgenza di determinate patologie, personalizzando la valutazione del rischio in base al profilo individuale. Un passo importante verso la medicina predittiva e personalizzata. Sul fronte della manifattura avanzata, l’AI è invece protagonista nello sviluppo di robot intelligenti in grado di comprendere e pianificare autonomamente i compiti assegnati. Questi sistemi interpretano le istruzioni e le mettono in relazione con ciò che “vedono” nel mondo fisico, adattando di conseguenza il proprio comportamento. Vengono impiegati, ad esempio, per assemblaggi complessi o collaborazioni con altri elementi della linea produttiva.
L’innovazione principale risiede nella flessibilità: i robot possono ricevere nuovi compiti e imparare a eseguirli in modo autonomo. Attualmente, tali sistemi sono ancora in fase di programmazione e sperimentazione, ma si stanno affermando nuove metodologie di addestramento tramite reinforcement learning, in cui il robot riceve ricompense immediate per azioni che producono effetti positivi nel lungo termine. Le frontiere della ricerca si stanno ora concentrando sullo sviluppo di sistemi adattivi, capaci di garantire prestazioni sicure e affidabili anche in contesti reali, aprendo la strada a una nuova generazione di intelligenze artificiali autonome, consapevoli e performanti.
L’AI al servizio della biologia molecolare
Le proteine convivono con altre molecole all’interno di ambienti altamente controllati, dove ogni processo risponde a una logica precisa. Per questo motivo devono possedere una struttura dinamica, capace di tradurre il movimento in una funzione biologica specifica. Se consideriamo le molecole come vere e proprie “macchine molecolari”, diventa evidente che la loro funzionalità dipende strettamente dalla forma e dall’organizzazione nello spazio tridimensionale. La struttura è quindi la chiave della funzione: conoscerla significa poterla modulare, inibirla o potenziarla.
Tuttavia, la determinazione della struttura 3D non è sempre possibile, soprattutto per le macromolecole di interesse farmaceutico, spesso troppo complesse per essere descritte integralmente. È in questo contesto che interviene l’Intelligenza Artificiale, oggi in grado di fornire informazioni predittive sulla struttura e sulle sequenze proteiche. Grazie a sofisticati algoritmi di machine learning, l’AI consente di passare dalla sequenza di una proteina alla sua forma tridimensionale, rendendo possibile la validazione e l’utilizzo di tali modelli in ambiti come la Drug Discovery, il Drug Repositioning e il Drug Design. Questi approcci permettono di individuare pattern e relazioni complesse, spesso invisibili all’occhio umano, migliorando la comprensione dei processi di ripiegamento proteico.
Un passo fondamentale in questa direzione è rappresentato da AlphaFold2, il sistema di AI sviluppato da DeepMind, che ha rivoluzionato la proteomica computazionale. Grazie alla sua capacità di elaborare informazioni complesse, ha reso possibile prevedere con notevole precisione la struttura 3D delle proteine, partendo dalla sola sequenza amminoacidica.
Augmented Medicinal Chemistry: l’AI nella Drug Discover
L’Intelligenza Artificiale, come la mente umana, si fonda su tre elementi: dati, potenza di calcolo e algoritmo. Allo stesso modo in cui l’uomo elabora pensieri attraverso la memoria e il ragionamento, l’AI trasforma i dati in conoscenza applicata. Nel contesto della Drug Discovery, l’AI sta diventando una leva strategica. L’obiettivo è modulare l’attività di specifici target farmacologici e identificare nuove molecole potenzialmente efficaci, riducendo tempi e costi di sviluppo. In questa direzione si inserisce il progetto ALICE (Human-Like Design Molecules Using Artificial Intelligence) sviluppato da Chiesi Farmaceutici: una piattaforma che utilizza l’AI per simulare la sintesi e la valutazione di nuove molecole chimiche, correlando proprietà, comportamenti e caratteristiche fisico-chimiche.
Dal punto di vista tecnico, gli algoritmi predittivi consentono di stimare le proprietà di una molecola – come la solubilità – su migliaia di varianti, accelerando la selezione dei candidati più promettenti. Tuttavia, la qualità del risultato dipende dalla qualità dei dati: per questo è fondamentale che siano FAIR – Findable, Accessible, Interoperable, Reusable. La cosiddetta “fairification” dei dati implica la loro pulizia, standardizzazione e riutilizzabilità anche in contesti diversi da quelli per cui sono stati originariamente generati. Questo approccio, combinato con la capacità dell’AI di generare nuove molecole in silico, apre scenari inediti per la chimica farmaceutica aumentata.
L’upgrade del regolatorio
L’Intelligenza Artificiale e il Machine Learning stanno ridefinendo in profondità il settore farmaceutico e dei dispositivi medici, con applicazioni che spaziano dalla ricerca e sviluppo (R&D) alla farmacovigilanza, dai trial clinici ai Software as Medical Device (SaMD). Questa trasformazione coinvolge l’intero ciclo di vita del farmaco, rendendo indispensabile una cornice regolatoria solida. Il rischio, infatti, è duplice: da un lato l’insorgere di bias e di opacità algoritmica, dall’altro la necessità di garantire sicurezza, efficacia ed etica nell’utilizzo delle soluzioni di AI. In risposta, le autorità internazionali hanno avviato strategie di governance dedicate. L’approvazione dell’AI Act europeo nel 2024 rappresenta una tappa cruciale: il regolamento entrerà gradualmente in vigore da luglio 2025, accompagnato dalla pubblicazione del Codice di Condotta GPAI.
Anche l’Italia si è allineata con la Legge n. 132/2025, che istituisce la Strategia Nazionale AI 2024-2026 (a cura di AgID), introduce il Decalogo del Garante Privacy sull’AI in Sanità e prevede le Linee guida AIFA per le sperimentazioni cliniche basate su AI e LLM. Restano però sfide aperte, come la classificazione del rischio per i modelli generativi, non sempre compatibile con i criteri tradizionali, e la mancanza di standard armonizzati tra EMA, FDA e AI Act, che rende complesso il percorso di conformità. Per garantire affidabilità e sicurezza, sarà essenziale ricorrere a audit indipendenti e a una validazione continua dei modelli, mentre le aziende dovranno adottare un approccio proattivo alla compliance, integrando formazione, monitoraggio e aggiornamento costante.
In sintesi, dall’analisi proteica alla drug discovery, dall’AI regolamentata alla chimica aumentata, il settore farmaceutico sta vivendo una trasformazione senza precedenti. L’equilibrio tra innovazione, conoscenza e responsabilità etica sarà la chiave per passare da una rivoluzione digitale a una nuova era della medicina di precisione, dove uomo e intelligenza artificiale collaborano per estendere i confini della scienz







