Uno studio di farmaco-economia affronta il tema dei criteri di rimborsabilità dei farmaci innovativi per l’epatite C.

Uno studio di farmaco-economia dimostra che ampliare i criteri di rimborsabilità dei farmaci innovativi per l’epatite C contribuirebbe nel medio-lungo termine ad ammortizzare i costi per il SSN
Uno studio di farmaco-economia dimostra che ampliare i criteri di rimborsabilità dei farmaci innovativi per l’epatite C contribuirebbe nel medio-lungo termine ad ammortizzare i costi per il SSN

Calogero Cammà, professore ordinario di Gastroenterologia, direttore Scuola di Specializzazione Gastroenterologia Università degli studi di Palermo descrive l’impatto, in termini di costo/efficacia, di un eventuale allargamento di questi criteri:

«Lo studio si basa su una simulazione farmaco-economica di quale potrebbe essere l’impatto dell’allargamento degli attuali criteri imposti dall’Agenzia Italiana del Farmaco per la rimborsabilità dei trattamenti innovativi con i farmaci antivirali ad azione diretta. Come sappiamo l’autorità regolatoria, rispetto ai pazienti che in Italia avrebbero indicazione al trattamento con i farmaci innovativi, ha deciso di dare la priorità ai pazienti con malattia avanzata. Questi criteri, che danno la priorità ai malati più urgenti (“sickest first”), sono stati decisi in considerazione dei volumi che i Centri prescrittori sono in grado di assorbire e delle risorse economiche effettivamente disponibili».

«È lecito chiedersi – sottolinea Cammà – se quella sia stata una scelta giusta: inizialmente sì, a mio parere. In Italia i Centri prescrittori hanno una capacità di trattare fino a circa 40.000-50.000 pazienti l’anno con i nuovi farmaci ad azione diretta ed in effetti sono stati trattati circa 50.000 pazienti, ovvero i pazienti più severi, da quando sono stati introdotti gli Antivirali ad Azione Diretta (DAA)».

«Oggi abbiamo a disposizione potenti e innovativi farmaci antivirali diretti che ci permettono, grazie al loro profilo di efficacia e tollerabilità, di ottenere tassi di guarigione superiori al 95% anche nei pazienti con danno epatico severo – continua Cammà. – Bisogna comunque avere ben chiaro come lo stadio di avanzamento della patologia influenzi sensibilmente le condizioni del paziente, anche dopo l’eliminazione del virus HCVPer ragioni di sostenibilità economica, l’accesso ai farmaci innovativi è stabilito secondo priorità cliniche, etiche, organizzative ed economiche che possono cambiare nel tempo. Quando trattiamo il paziente con epatite C in fase troppo avanzata, il guadagno terapeutico in termini di anni di vita potrebbe essere limitato perché, nonostante l’eradicazione del virus, lo stato di salute del paziente sarebbe comunque compromesso dalle eventuali complicanze associate al danno epatico.  Se, al contrario, viene eradicato il virus più precocemente si eviterà progressione verso la cirrosi e le sue complicanze».

Calogero Cammà spiega qual è la situazione con gli attuali criteri di rimborsabilità:

«Nella mia regione, la Sicilia, da due anni è attiva una piattaforma informatica che comprende tutti i Centri prescrittori, nella quale vengono inseriti i pazienti di ciascun CentroDei 10.000 ad oggi inseriti nella rete, tutti potenzialmente eleggibili al trattamento, solo la metà rientrano nei criteri di rimborsabilità AIFA e hanno accesso alle cure, ovvero i pazienti con fibrosi di grado F3-F4. Gli altri 5.000 presentano una patologia con grado di fibrosi più lieve (da F0 a F2) e pertanto sono attualmente esclusi dal trattamento. Quello della regione Sicilia è un dato potenzialmente estendibile a tutta Italia nel senso che è stato confrontato con la piattaforma PITER dell’Istituto Superiore di Sanità. Il dato derivante dalla rete HCV Sicilia è rappresentativo a livello nazionale».

Lo studio Piter è un progetto di ricerca pensato dall’Istituto Superiore di Sanità, in collaborazione con Aisf e Simit. È il primo grande studio italiano osservazionale di coorte longitudinale sull’epatite C. Uno studio in grado di raccogliere dati prospettici (clinici, laboratoristici e di outcome) su un numero molto significativo di pazienti Hcv positivi effettivamente in care, quindi da una situazione di sola sieropositività per Hcv fino a situazioni cliniche avanzate. Coinvolge circa 100 Centri clinici italiani, con di più di 10.000 pazienti monitorati. La sua valenza è quindi nei grandi numeri. La mole di dati raccolti consente di definire il quadro epidemiologico-clinico dell’Hcv nostro Paese, e quindi i bisogni di cura effettivi della popolazione. Con il risultato di poter effettuare un’analisi sull’impatto economico potenziale dell’estensione dei criteri di rimborsabilità in maniera estremamente accurata.

I risultati dell’analisi sull’ipotesi di allargamento dei criteri di rimborsabilità dei farmaci innovativi per l’epatite C a pazienti con fibrosi F2

«Con l’Università Tor Vergata di Roma – illustra Cammà – abbiamo condotto un’analisi utilizzando i dati della piattaforma PITER in cui abbiamo simulato uno scenario entro un orizzonte temporale di 5-10 anni, che confronta gli attuali criteri di rimborsabilità con una diversa strategia che prevede un allargamento dei criteri a pazienti con epatite cronica e fibrosi F2. L’obiettivo era quello di capire quali potrebbero essere le conseguenze in termini clinici e farmaco-economici derivanti dall’allargamento dei criteri a pazienti con fibrosi F2. Le principali evidenze emerse sono tre:

  • la quantità di anni di vita salvati risulta essere maggiore allargando i criteri;
  • trattare un maggior numero di pazienti richiede oggi maggiori risorse, ma c’è un ritorno economico, perché si riducono i costi diretti in termini di ricoveri, trattamenti, complicanze, personale sanitario impiegato, ecc.;
  • allargando i criteri non solo si abbattono i costi diretti ma si riducono in maniera sostanziale anche i costi indiretti, legati alle giornate lavorative perse e alla riduzione della produttività del lavoratore.

Per valutare l’impatto associato all’introduzione di una tecnologia o di farmaco innovativo, i decisori possono avvalersi di modelli predittivi in grado di simularne gli effetti a medio e lungo termineNel caso dell’epatite C può essere realistico simulare su orizzonti temporali di medio termine, ovvero 5-10 anni.  Ovviamente tutti i modelli utilizzati sono influenzati da differenti variabili e le stime prodotte devono essere considerate su una scala “macro”, quindi utili in sede di programmazione generale e di allocazione di risorse. Il modello serve a dare una scala di priorità, ad orientare il ragionamento stabilendo un quadro generale all’interno del quale effettuare le scelte appropriate – puntualizza Cammà. – I modelli farmaco-economici servono inoltre a standardizzare una corretta metodologia e un linguaggio comune tra i diversi stakeholder. Ad avere in ultima analisi un approccio scientifico ai problemi. I modelli in tal senso sono gli unici strumenti quantitativi validi per una efficiente pianificazione».

Le ipotesi di una diversa modalità per stabilire delle priorità di accesso al trattamento emerse dall’analisi costo/efficacia

«L’analisi costo/efficacia consente di individuare priorità nell’ambito di uno specifico scenario di riferimento. Possiamo infatti calcolare il diverso rapporto di costo/efficacia incrementale associato ai differenti stadi di malattia dei pazienti con epatite C. Calcolare esattamente il rapporto di costo/efficacia significa conoscere l’effettivo guadagno in termini di salute prodotta a fronte delle risorse economiche allocate. Le analisi di costo/efficacia consentono di comparare farmaci o terapie in diversi ambiti terapeutici (ad esempio, possiamo comparare il rapporto costo/efficacia dei farmaci innovativi in epatite C rispetto a quello dei nuovi anticoagulanti orali o dei farmaci innovativi in oncologia) e quindi supportare il processo dei policy & decision maker ad ogni livello» conclude Cammà.

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