Uno studio di EY fotografa il presente e delinea il futuro delle tecnologie data-driven in sanità

Siamo nel secolo dei dati, in cui le tecnologie data-driven – in grado di raccoglierli, analizzarli e utilizzarli in modo mirato per estrarre informazioni un tempo impensabili – stanno assumendo un ruolo sempre più pervasivo nelle attività quotidiane. Anche il settore delle scienze della vita non è immune da tali influenze, che ormai rappresentano i modelli più avanzati di ricerca e sviluppo per la messa a punto di nuovi interventi terapeutici sempre più calati nella specificità del singolo individuo.
Ma non è tutto oro quel che luccica, e le aziende che ancora si basano su modelli di business più tradizionali potrebbero nel giro di pochi anni venire marginalizzate a favore dei nuovi player tecnologici. L’allarme proviene da EY, secondo cui il 75% delle organizzazioni attive nel ramo life science e attualmente incluse alle lista Fortune 500 potrebbero non esserlo più di qui al 2023.

Uno studio di EY fotografa il presente e delinea il futuro delle tecnologie data-driven in sanità

Evolvere verso nuovi modelli di business

Il rapporto “Progressions 2018 Life Sciences 4.0: Securing value through data-driven platforms” indica come via d’uscita la necessità d’implementare nuovi modelli di business, in grado di fornire servizi sanitari data-driven più focalizzati sul consumatore attraverso la costruzione di piattaforme di cura. Proprio tale strumento, infatti, sarebbe la chiave per mettere in condizione anche le società farmaceutiche, biotech e medtech di raccogliere dati real-world che, una volta strutturati, potrebbero aiutarle a migliorare i prodotti esistenti e a svilupparne di nuovi. «Il rapido emergere delle aziende di tecnologie nello spazio life sciences, insieme al cambiamento delle aspettative dei consumatori, sta creando uno spostamento dirompente verso sistemi sanitari più partecipativi, in cui i consumatori definiscono il valore in termini di capacità di fornire esiti sostenibili e personalizzabili, che aumentino gli obiettivi di salute lungo intera vita», ha commentato Pamela Spence, Global Life sciences industry leader di EY.
Si parla ormai da anni di un approccio “centrato su paziente” che deve inspirare le attività delle aziende life science, e mai come ora per l’analista sarebbe il momento di abbandonare definitivamente modalità di sviluppo dell’innovazione basate unicamente sul prodotto. La pressione non arriva solo dai competitor tecnologici, ma anche dai sempre più stringenti paletti posti dai governi per contenere una spesa sanitaria in continua crescita. Sarebbero sempre meno, secondo il rapporto, i farmaci in grado di raggiungere almeno il 50% dei picchi di vendita stimati dagli analisti.

I competitor tecnologici e il mercato super-fluido

Da Google, già direttamente attiva nelle life sciences attraverso la sua collegata Verily, ad Amazon, che sta muovendo le prime mosse nel settore partendo dalla fornitura di servizi sanitari per i dipendenti delle tre aziende che hanno sottoscritto la partnership (Amazon stessa, l’hedge fund Berkshire Hathaway e JP Morgan), le iniziative che vedono l’entrata in scena di nuovi player si vanno moltiplicando ogni giorno.

Il rapporto di EY ha analizzato più di centocinquanta partnership digitali che vedono coinvolte sia aziende life sciences che attori tecnologici. Uno dei principali obiettivi di quest’ultimi appare essere la continua ricerca di evoluzione dei bisogni dei pazienti, dei medici e dei payer, ad esempio spostando la propria offerta da servizi di conservazione dei dati su cloud o di monitoraggio via app dell’attività fisica o del sonno a veri e propri servizi di supporto alla gestione della malattia. EY rivela come le tre principali società tecnologiche da sole abbiano depositato più di trecento brevetti healthcare negli Stati Uniti dal 2013, con una crescita del 38% ogni due anni.

Anche la competizione tra le aziende del comparto farmaceutico e biotech tradizionale sta profondamente mutando con l’avvento delle tecnologie AI nella direzione di un mercato che EY definisce sempre più “super-fluido“, a indicare la perdita delle demarcazioni nette tra i diversi player a favore di una sempre più spiccata contaminazione tra aree d’intervento. Il tutto, ancora una volta, nell’ottica di fornire nuovi servizi personalizzati che migliorino l’esperienza del paziente-consumatore e lo pongano al centro delle priorità, a discapito delle aziende. Così, ad esempio, il provider sanitario statunitense Intermountain Healthcare ha annunciato a gennaio 2018 l’intenzione di dar vita a un business non profit di farmaci generici, mentre l’alleanza tra Amazon, JP Morgan e Berkshire Hathaway potrebbe aprire le porte allo sbarco del gigante del commercio online anche nella distribuzione farmaceutica.

Il modello del mercato super-fluido, secondo EY, permetterebbe di eliminare le inefficienze del sistema e vedrebbe la scomparsa del tradizionale intreccio di relazioni tra corporate. La situazione attuale è però ancora frammentata tra approcci diversi, anche a livello di normative e compatibilità dei dati, che rallentano l’effettivo procedere in questa direzione.

Il futuro è nelle piattaforme di cura

Le sfide per le aziende life sciences 4.0 sono molteplici e dovrebbero passare, secondo quanto rilevato da EY, sempre dal collegare gli esiti della cura al coinvolgimento del paziente, attraverso l’interfaccia delle piattaforme in grado non solo di raccogliere i dati in tempo reale, ma di condividerli con tutti gli attori del processo di cura, che potrebbe così venire ottimizzato anche sul piano dei costi.

Dal 2014 sarebbero una novantina gli accordi di sviluppo che vanno i questa direzione, secondo il rapporto, che vedono protagoniste malattie quali il diabete, i tumori e le patologie respiratorie. Secondo Pamela Spence, questi investimenti, seppur importanti, non sarebbero ancora in grado di eradicare i rischi e bisognerebbe ancora di più puntare a porre le tecnologie connettive al centro di qualsiasi offerta.

Ma quali sono le tecnologie AI che possono trovare applicazione in ambito sanitario? Non c’è che l’imbarazzo della scelta, la soluzione più adatta potrebbe essere già disponibile o in fase avanzata di sviluppo. A partire dalla robotica e dall’automazione, che oltre a rappresentare il presente delle fabbriche 4.0 trova sempre maggiori applicazioni anche in campo medico, con i sistemi robotici utilizzati per la chirurgia o l’assistenza domiciliare o con gli esoscheletri che presto potrebbero ridare la possibilità di movimento alle persone paralizzate.

Tra farmaci intelligenti, human computer interfaces (Hci) in grado di ripristinare le funzioni dei circuiti neuronali interrotti, dispositivi smart sempre più miniaturizzati, indossabili e anche “tattuabili”, tecnologie di diagnosi genetica a basso costo ormai rivolte anche al mercato consumer, realtà aumentata per pianificare e ottimizzare le attività chirurgiche, le possibilità di utilizzo dell’intelligenza artificiale per migliorare le opzioni terapeutiche aprono ogni giorno nuove frontiere ancora in gran parte da esplorare. Altre applicazioni sono invece dedicate a una migliore gestione della supply chain, che ad esempio si può già oggi giovare di sistemi avanzati di gestione della logistica e che in futuro potrebbe vedere entrare in azione le consegne a domicilio mediante droni o auto a guida automatica, o il ricorso alle tecnologie blockchain non solo per il pagamento delle transazioni, ma anche per la registrazione e la conservazione sicura dei dati delle cartelle cliniche elettroniche, degli studi clinici e dell’integrità della catena di fornitura.