Con il termine osteoporosi si indica una malattia sistemica degenerativa dello scheletro caratterizzata da bassa massa ossea, da deterioramento dell’architettura delle ossa e da diminuita capacità del tessuto osseo di autoripararsi. Tali condizioni determinano una fragilità più elevata del normale e un aumentato rischio di fratture anche in assenza di traumi (fratture da fragilità).

A differenza delle fratture da trauma, che avvengono quando l’energia cinetica applicata all’osso supera la resistenza dell’osso normale, le fratture da fragilità necessitano di un’energia minore perché avvengono in segmenti indeboliti dal processo osteoporotico: può essere sufficiente il carico del peso corporeo sullo scheletro. I segmenti più frequentemente colpiti da fratture da fragilità appartengono alle ossa dell’anca, dei polsi, del femore prossimale e delle vertebre.

Dopo una prima frattura, la probabilità di incorrere in altre fratture aumenta ulteriormente. Ma esistono molte armi per combattere questo nemico: prevenzione, supporti farmacologici, percorsi di cura e sostegno per evitare le fratture secondarie.

Le fratture da fragilità determinano limiti nella deambulazione, dolore cronico, perdita di
indipendenza da parte del paziente e anche un aumento di mortalità associato: la mortalità a un anno dalla frattura al femore è del 15-20% [Hernlund, E. et al. Osteoporosis in the European Union: medical management, epidemiology and economic burden. A report prepared in collaboration with the International Osteoporosis Foundation (IOF) and the European Federation of Pharmaceutical Industry Associations (EFPIA). Arch Osteoporos 8, 136 (2013)].

«L’incidenza di morte nel paziente anziano a seguito di una frattura da fragilità è sovrapponibile a quella per ictus o per carcinoma mammario – osserva Silvia Tonolo, presidente di ANMAR Onlus (Associazione Nazionale Malati Reumatici) – Ad oggi sono disponibili diverse categorie di farmaci con un’azione specifica sul metabolismo osseo, in grado di ridurre l’incidenza delle fratture da fragilità e dovrebbero essere riservati a tutti coloro che sono particolarmente a rischio. Il ruolo degli integratori di Calcio e vitamina D nella dieta dei pazienti è da tempo riconosciuto ed è il trattamento non farmacologico ottimale di grande importanza».

Il sotto-trattamento e la scarsa aderenza terapeutica rappresentano evidenti ostacoli:
diversi studi hanno dimostrato che meno della metà dei pazienti osteoporotici segue la
terapia con aderenza e persistenza e buona parte di essi ha interrotto il trattamento dopo
30 giorni.

La giornata mondiale dell’osteoporosi

Il 20 ottobre di ogni anno si celebra la giornata mondiale dell’osteoporosi (WOD) promossa dalla International Osteoporosis Foundation (IOF). Vi aderiscono oltre 240 società in tutto il mondo per indirizzare l’attenzione pubblica sul problema dell’osteoporosi e per promuovere un’azione globale che porti al miglioramento della salute delle ossa nonché all’intraprendere strategie per la prevenzione delle fratture da fragilità, comprese le fratture vertebrali, spesso non diagnosticate e non trattate.

In occasione della giornata mondiale dell’osteoporosi 2018, è stato presentato al Senato il Report “Ossa spezzate, vite spezzate: un piano d’azione per superare l’emergenza delle fratture da fragilità in Italia”, elaborato dalla International Osteoporosis Foundation (IOF) e sostenuto dalla Fondazione Italiana per la Ricerca sulle Malattie dell’Osso (FIRMO), dalla Società Italiana dell’Osteoporosi del Metabolismo Minerale e delle Malattie dello Scheletro (SIOMMMS) e dalla Società Italiana di Ortopedia e Traumatologia (SIOT).

I numeri dell’osteoporosi e delle fratture da fragilità in Italia

Il Report riporta di dati aggiornati su osteoporosi e fratture da fragilità: in Italia, quasi 5 milioni di persone soffrono di osteoporosi. Nel mondo, le fratture da fragilità colpiscono una donna su tre e un uomo su cinque di età pari o superiore a 50 anni. Nel 2017, si sono verificate in Italia circa 560.000 nuove fratture, un numero destinato ad aumentare del 22,6% entro il 2030.

«Attualmente in Italia la percentuale di persone che hanno 65 anni o più è stimata intorno al 23%, ma tale cifra è destinata ad aumentare con l’incremento dell’età della popolazione italiana – afferma Maria Luisa Brandi, presidente di FIRMO e ordinario di Endocrinologia presso l’Università di Firenze. – Di conseguenza, anche l’incidenza di condizioni croniche, come l’osteoporosi, è destinata a crescere, portando a un aumento esponenziale delle fratture da fragilità causate dell’osteoporosi».

Impatti e costi delle fratture da fragilità

Oltre all’impatto fisico e psicologico dovuto alla disabilità causata dalla frattura, i costi dell’assistenza ospedaliera o dell’intervento chirurgico rappresentano un onere finanziario per le famiglie e i sistemi sanitari. Le fratture da fragilità ossea possono comportare anche costi indiretti, in quanto i pazienti potrebbero non essere in grado di lavorare e/o i componenti della famiglia potrebbero avere necessità di assentarsi dal lavoro per assistere i parenti.

In Europa i costi complessivi delle fratture da fragilità ossea superano i 35 miliardi di € all’anno.

Il Report evidenzia quindi il peso delle fratture da fragilità in Italia. I risultati fanno parte di un più ampio rapporto europeo elaborato da IOF e stimano che nel 2017 le spese sanitarie associate a fratture da fragilità abbiano gravato sul Servizio sanitario nazionale per 9,4 miliardi di euro, una cifra che silenziosamente minaccia di paralizzare l’intero Ssn. Tali costi, infatti, cresceranno a 11,9 miliardi di euro entro i prossimi 12 anni.

L’incidenza delle fratture da fragilità in Italia supera già quella della broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO) e dell’ictus ischemico. Il costo relativo alla cura delle fratture da fragilità incide sull’ammontare dell’intera spesa del Sistema Sanitario Nazionale in percentuale più alta rispetto a tutti gli altri Paesi dell’UE considerati nel Report (Francia, Spagna, Regno Unito, Svezia, Germania e Italia).

Le conseguenze delle fratture da fragilità

Oltre ai costi, ci sono conseguenze fisiche e personali anche pesanti, come spiega John Kanis, presidente onorario IOF:

«Le conseguenze delle fratture possono causare disabilità significative, rendendo spesso difficili le attività quotidiane, come mangiare, vestirsi, lavarsi o fare la spesa. Per coloro che subiscono di una frattura dell’anca, c’è una probabilità del 40% di non poter più camminare indipendentemente. L’impatto fisico e psicologico è dunque enorme».

Il Report dimostra che circa il 75% dei pazienti anziani viene dimesso dagli ospedali italiani a seguito di una frattura dell’anca senza alcun trattamento farmacologico per l’osteoporosi.

«Dopo una frattura da fragilità, i pazienti hanno cinque volte più probabilità di subire una seconda frattura entro i due anni successivi, tuttavia la maggior parte dei pazienti non riceve un trattamento che potrebbe impedire la nuova frattura – commenta Stefano Gonnelli, presidente SIOMMS. – Inoltre, l’Italia ha il più alto numero di badanti di tutti i Paesi presi in esame nel Report (Francia, Spagna, Regno Unito, Svezia, Germania e Italia) con una media di 882 ore l’anno occupate a prendersi cura di pazienti con fratture dell’anca ogni 1.000 persone: quasi il doppio della media dei 6 Paesi (443 ore l’anno ogni 1.000 persone)».

Il piano di azione per il futuro del Report sull’emergenza delle fratture da fragilità in Italia

Oltre a fornire lo stato attuale della cura delle fratture da fragilità, il Report funge anche da piano di azione per il futuro, includendo raccomandazioni per la classe politica che possono aiutare i responsabili decisionali a offrire la migliore assistenza possibile ai cittadini italiani, al fine di ridurre il numero di fratture e il loro impatto su pazienti e il sistema sanitario italiano.

Le decisioni politiche svolgono un ruolo cruciale nel concretizzare il finanziamento di servizi diagnostici e di interventi economicamente vantaggiosi come il trattamento farmacologico, i programmi di prevenzione delle cadute e i modelli coordinati di assistenza, oltre a rafforzare gli standard necessari per gli operatori sanitari e le istituzioni.

«Questo Report invita i responsabili politici a dare la priorità alle decisioni che possono fare la differenza per i pazienti con fratture da fragilità, concentrandosi in particolare sul miglioramento del servizio locale, sul rafforzamento della politica nazionale e sulla sensibilizzazione nei confronti del cambiamento dello stile di vita» – aggiunge Giuseppe Sessa di SIOT.

«Con il crescere del carico di fratture da fragilità che gravano sull’Italia, è nostra ambizione che questo Report possa aiutare le parti interessate a intraprendere le azioni necessarie per ridurre i costi associati e impedire alle ossa spezzate di spezzare anche le vite. Il carico economico delle fratture da fragilità si fa sempre più pesante nei sistemi sanitari, ed è quindi giunto il momento di agire e rispondere con forza a questa minaccia silenziosa – commenta Cyrus Cooper, presidente IOF. – Chiediamo alle autorità sanitarie di intervenire dando la priorità agli standard di cura e ai finanziamenti per sostenere una gestione efficace delle fratture da fragilità, evitando così l’escalation dei costi correlati. In tempi di restrizioni alla spesa sanitaria, non possiamo più permetterci di ignorare la prevenzione e la gestione delle fratture da fragilità».

Accanto al Report italiano, sono resi disponibili anche report dettagliati su Francia, Germania, Spagna, Svezia e Regno Unito. È inoltre disponibile una relazione aggiuntiva, che riassume il più largo impatto delle fratture da fragilità nei sistemi sanitari in questi sei Paesi europei.

Ricerca farmaco-economica sul trattamento dell’osteoporosi a seguito di una frattura da fragilità

Una inedita ricerca di farmaco-economia realizzata da Clicon Health Economics and Outcomes Research ha analizzato i database amministrativi di 5 ASL Italiane.

Questa ricerca evidenzia che sui 3.475 pazienti di età uguale o superiore a 50 anni con diagnosi di osteoporosi che rispettavano i parametri inclusivi imposti dallo studio, il 41,5% non ha ricevuto a seguito di una frattura alcun farmaco anti-osteoporotico. Dei pazienti trattati, l’83,6% ha ricevuto la supplementazione di calcio e/o vitamina D.

Durante un periodo medio di osservazione dopo l’evento frattura di circa 3 anni, emerge che circa la metà (50,8%) dei pazienti trattati con farmaci anti-osteoporosi non ha aderito alla terapia. L’analisi del rischio di ri-frattura e di mortalità nel periodo di osservazione mostra che i pazienti non trattati hanno avuto un rischio superiore del 55,6% per l’esito ri-frattura e 36% per l’esito mortalità rispetto ai pazienti trattati con farmaci anti-osteoporosi. Inoltre, nella coorte dei pazienti trattati, coloro che hanno assunto anche la supplementazione di calcio e/o vitamina D hanno avuto un rischio inferiore sia di ri-frattura (inferiore del 64,4%) sia di mortalità (inferiore del 47,1%) rispetto ai pazienti trattati senza supplementazione.

«Le Linee Guida Nazionali per il paziente osteoporotico che ha già sperimentato una frattura [Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA). Nota 79 – Prescription of osteoporosis medications at risk of fragility fracture or subsequent fracture] possono essere ricondotte a tre raccomandazioni: opportuno trattamento farmacologico per la prevenzione secondaria, aderenza al trattamento farmacologico raccomandato dal medico, e adeguato apporto di calcio e vitamina D – chiarisce Angelo Testa, presidente di SNAMI (Sindacato Nazionale Medici Italiani) – Alla base di tali raccomandazioni vi sono evidenze di aumentato rischio di ri-fratture in pazienti osteoporotici con precedente frattura quando non opportunamente trattata oppure, se il trattamento anti-frattura è stato prescritto, quando il paziente non aderisce alla terapia. Inoltre, uno scarso apporto di calcio e vitamina D in pazienti trattati con farmaci anti-osteoporosi è stato correlato ad una ridotta protezione delle fratture. Per queste ragioni, l’integrazione è raccomandata anche dall’Aifa per i pazienti a rischio di frattura da fragilità o successiva frattura che inizia il farmaco per l’osteoporosi».

Luca Degli Esposti, economista, Clicon Health Economics and Outcomes Research, spiega:

«Dalla ricerca, realizzata con in contributo non condizionante di Abiogen Pharma, emerge un costo medio annuo per il Sistema Sanitario di oltre 39.000 euro per i pazienti con diagnosi di osteoporosi non trattati, di poco meno di 11.500 euro per quelli trattati con i soli farmaci osteoporotici e di 7.200 euro per i pazienti trattati anche con supplementazione di calcio e vitamina D, segno che l’utilizzo appropriato delle terapie per trattare l’osteoporosi, in accordo con le linee guida esistenti, può migliorare la prognosi dei
pazienti e ridurre i costi assistenziali».