Uno studio italiano si propone di chiarire i meccanismi attraverso i quali il trapianto di microbiota esercita l’attività di contrasto alle malattie infiammatorie croniche intestinali.

Uno studio si propone di chiarire i meccanismi che determinano l'efficacia del trapianto di microbiota per le malattie infiammatorie croniche intestinali
Uno studio si propone di chiarire i meccanismi che determinano l’efficacia del trapianto di microbiota per le malattie infiammatorie croniche intestinali

Negli ultimi anni è emersa la stretta correlazione tra la composizione della microflora intestinale e il diffondersi delle malattie infiammatorie croniche intestinali (MICI). Diversi studi in tutto il mondo hanno dimostrato come pazienti affetti da MICI possiedono una microflora molto diversa rispetto a persone sane e che questa alterazione possa essere direttamente collegata allo sviluppo della malattia. Per questo motivo si è ipotizzato che riportare la composizione microbica alterata a una situazione più simile a quella di una persona sana possa avere un effetto benefico sulla malattia.

«Il trapianto di microbiota ha la finalità di ristabilire una microflora sana in pazienti affetti da MICI – spiega Federica Facciotti, immunologa dell’Istituto Europeo di Oncologia di Milano, responsabile del laboratorio di Immunologia Mucosale, autrice dello studio assieme a Flavio Caprioli. – Gli studi clinici pubblicati ad oggi in pazienti con Colite ulcerosa lieve-moderata trattati con trapianto di microbiota hanno mostrato una buona efficacia clinica. Tuttavia non sono ancora del tutto noti quali siano meccanismi attraverso i quali il trapianto di microbiota esercita la sua attività benefica. Il nostro studio in modelli preclinici di infiammazione intestinale ha voluto invece capire perché il trapianto di microbiota funziona, studiando nel dettaglio tutti i meccanismi coinvolti, dal sistema immunitario alla funzione dei batteri “buoni” e “cattivi”».

Il trapianto fecale di microbiota

Il trapianto fecale di microbiota (FMT) si basa sul trasferimento del materiale delle feci da un donatore sano a un paziente affetto da MICI. Il metodo di somministrazione è la colonoscopia: in questo modo il trapianto di feci raggiunge esattamente il tessuto che deve essere ricolonizzato con la flora intestinale sana. Il trapianto di feci, quindi, si prefigge di cambiare la composizione, da quella sbagliata a quella sana e benefica.

«In questo momento il trapianto di microbiota viene utilizzato per riequilibrare la microflora intestinale in pazienti con infezioni ricorrenti e resistenti a trattamenti antibiotici, per esempio infezioni da Clostridium difficile – aggiunge Federica Facciotti – Il nostro studio ha mostrato molto chiaramente la stretta relazione tra il tipo di batteri presenti nell’intestino con la loro funzione benefica e quindi con la risoluzione dell’infiammazione intestinale. Questi risultati, ottenuti in modelli preclinici, dovranno essere confermati nei pazienti con colite ulcerosa. Tali dati, che potrebbero arrivare entro il 2021, potranno fornire delle informazioni importanti per decidere quali pazienti possano beneficiare o meno del trapianto di microbiota, non solo nei pazienti affetti da MICI».

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