L’influenza è una virosi respiratoria che si manifesta con febbre, tosse, mal di testa, mal di gola, rinite e malessere. I virus responsabili di questo quadro appartengono alla famiglia delle orthomyxoviridae, genere orthomyxovirus di tipo A e di tipo B. È noto anche il tipo C che dà origine a un’infezione asintomatica o simile al raffreddore (di scarso rilievo epidemiologico). Per il tipo A esistono svariati ceppi che mutano rapidamente.

Invecchiamento della popolazione e rischio di complicanze da influenza
Invecchiamento della popolazione e rischio di complicanze da influenza

Gli orthomyxovirus hanno forma sferica di 80-120 nanometri di diametro con protuberanze sottili sulla superficie esterna chiamate spikes. Al loro interno si trovano gli antigeni di superficie: le emoagglutinine (H) e le neuraminidasi (N).

Il patrimonio genetico virale è acido ribonucleico (RNA). Questo comprende 8 frammenti distinti per i virus di tipo A e B, e 7 per il tipo C. Le lettere A, B e C individuano le caratteristiche degli antigeni interni del virus.

I virus dell’influenza possono essere classificati in base a:

  • tipo,
  • specie dalla quale il virus è stato isolato (questo dato è omesso per i ceppi isolati dall’uomo),
  • località dell’isolamento,
  • numero assegnato dal laboratorio,
  • anno di isolamento.

Per il virus A, si aggiunge il sottotipo indicato dagli antigeni di superficie H e N e dal loro numero. Poiché H e N possono associarsi causalmente fra loro, è possibile un grande numero di combinazioni. Nei virus di tipo B non sono conosciuti sottotipi distinti nell’ambito delle loro proteine di superficie H e N.

I virus di tipo B e C hanno come unico serbatoio l’uomo; quelli di tipo A possono infettare altri animali.

Variabilità del virus dell’influenza

I virus influenzali hanno una marcata tendenza a mutare, cambiando le proteine di superficie. Questo non consente a chi ha subito l’infezione influenzale di acquisire immunità. I meccanismi alla base della variabilità dei virus dell’influenza sono la deriva antigenica e lo spostamento antigenico:

  • la deriva antigenica (antigenic drift) è la variazione graduale della sequenza aminoacidica. Avviene nei virus di tipo A e di tipo B e rende irriconoscibili gli antigeni alla maggior parte degli anticorpi. La maggior parte degli individui diventa così suscettibile al nuovo ceppo che diventa responsabile delle epidemie stagionali;
  • lo spostamento antigenico (antigenic shift) è l’introduzione nell’uomo di un sottotipo virale con antigene di superficie (H e/o N) fino a quel momento assente nelle infezioni umane. Poiché riguarda gli antigeni di superficie, avviene soltanto nel tipo A. È causato dal riassortimento tra virus umani e non-umani oppure alla trasmissione diretta di virus animali all’uomo.

Storia dell’influenza

Il termine influenza, usato anche nei paesi anglosassoni, deriva dal latino influentia e può essere correlato all’astrologia. Infatti, nell’antica Roma si pensava che la comparsa delle epidemie influenzali fosse legata a una congiunzione sfavorevole delle stelle. Tuttavia la storia dell’influenza comincia già qualche secolo prima di Cristo. Il primo “reperto” storico della malattia viene fatto risalire alla peste di Atene del 430 a.C. L’elevata mortalità riscontrata durante la pestilenza sarebbe legata, secondo le teorie più recenti, a un’epidemia influenzale gravissima complicata da sovrainfezioni batteriche risultate poi mortali.

La prima pandemia in Europa si è registrata ufficialmente nel 1580. Da allora sono state descritte altre 31 pandemie. Le più gravi si sono verificate nel 1743, nel 1889-90, nel 1918-19 (la cosiddetta spagnola, provocata dal virus A sottotipo H1N1), nel 1957 (l’asiatica causata dal virus AH2N2) e nel 1968 (la Hong-Kong, provocata dal virus AH3N2).

Secondo i dati epidemiologici, alla spagnola va il triste record della mortalità, con oltre 20 milioni di decessi. Meno pesanti, sotto il profilo della mortalità, sono state invece l’asiatica e l’Hong-Kong, che pure hanno interessato decine di milioni di persone in tutto il mondo.

Nonostante queste osservazioni storiche, la maggior parte degli studi sull’influenza ha preso il via con l’isolamento del primo virus umano. Questo è avvenuto nel 1933 e ha reso possibili i successivi studi che hanno consentito di ottenere un profilo preciso e circostanziato dei flussi influenzali.

Cenni epidemiologici dell’influenza stagionale

A livello globale, l’influenza (o influenza stagionale) colpisce ogni anno tra il 10% e il 20% della popolazione.

Il rischio di contrarre l’infezione non è omogeneo tra diverse classi di età: l’incidenza cumulativa decresce con l’età. Ad esempio, ogni anno, il 20-30% dei bambini è colpito da un virus influenzale, mentre negli adulti tale proporzione scende al 5-10%.

Gli anziani e i soggetti fragili con fattori di rischio patologici (malattie croniche) o fisiologici (gravidanza) sono maggiormente interessati da complicanze gravi, ospedalizzazioni e decessi. Infatti, rispetto agli adulti di età <65 anni, gli ultra-sessantacinquenni colpiti dall’influenza hanno un rischio 4,7 volte maggiore di essere ospedalizzati e 3 volte maggiore di morire per qualsiasi causa.

Il decadimento del sistema immunitario negli anziani (immunosenescenza) e il sistema immunitario ancora immaturo nei bambini piccoli, espongono queste due classi di età a un maggior rischio di contrarre l’influenza.

L’OMS stima che ogni anno 250.000-500.000 persone muoiono a causa dell’influenza e la maggior parte di queste morti evitabili si registra tra gli ultrasessantacinquenni (fonte WHO).

In Europa, sono circa 40.000 all’anno le morti premature per influenza secondo le stime del Centro Europeo per la Prevenzione e il Controllo delle Malattie (ECDC).

In Italia, l’influenza è ancora oggi la terza causa di morte per patologia infettiva, preceduta solo da AIDS e tubercolosi. Secondo i dati InfluNet, nel nostro Paese ogni anno si registrano da 5 a 8 milioni di casi di sindrome influenzale (8 milioni negli anni di picco). L’incidenza è di 3,5 casi per 1.000 a settimana (da 5 a 14 nei periodi di picco). Mediamente circa 8.000 decessi si verificano durante la stagione influenzale. Una gran parte di essi è attribuibile all’influenza; di questi il 90% riguarda soggetti di età superiore ai 65 anni.

Invecchiamento della popolazione e rischio di complicanze da influenza

L’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE) prevede che, tra il 2000-2040, nei Paesi industrializzati la quota delle persone con più di 65 anni passerà dal 13,8% al 25,6% e gli ultra-ottantenni dal 3,1% al 7,7%.

In Italia, la percentuale della popolazione anziana dovrebbe aumentare dal 18,1% al 33,7% (nel 2040 sarà inferiore solamente al 35,3% del Giappone). Gli ultra-ottantenni passeranno dal 4% al 10% della popolazione totale, percentuale inferiore soltanto a quelle di Giappone (4,1%) e Svizzera (11,1%).

Oggi in Italia, la popolazione anziana (≥ 65 anni di età) rappresenta il 22,04%. La domanda di servizi sanitari proviene soprattutto da questa fascia di popolazione. La speranza di vita alla nascita risulta tra le più alte nel mondo (84,7 anni per le donne e 80,1 anni per gli uomini).

Tasso di ospedalizzazione e morti causate da influenza sono in assoluto più frequenti nella popolazione anziana (circa il 90% delle morti collegate all’influenza si verifica negli anziani). È stato stimato, in media, che negli anziani più dell’83% delle morti correlate all’influenza sia causata dal virus A (A/H3N2 e A/H1N1).

La probabilità cresce se sono presenti malattie concomitanti come diabete, patologie del sistema immunitario, cardiovascolari e respiratorie. Queste rappresentano fattori di rischio che possono facilitare lo sviluppo delle infezioni virali. In Italia (dati Istat 2015) il 74,8% delle persone di età compresa tra i 65 e i 74 anni soffre di almeno una patologia cronica.

Le complicanze dovute all’influenza e riscontrate maggiormente in età geriatrica sono:

  • polmonite batterica secondaria, principale causa di morbilità e mortalità correlate all’influenza nell’anziano. Si caratterizza per la comparsa, dopo un transitorio miglioramento dei sintomi influenzali, di recidiva della febbre e tosse con escreato purulento. Anche in questo caso, nell’anziano la presentazione clinica è spesso atipica (confusione mentale, dolore toracico e febbre);
  • bronchite e altre complicanze a carico del tratto respiratorio;
  • complicanze cardiovascolari,
  • danni renali,
  • complicanze a carico del sistema nervoso centrale,
  • il peggioramento di patologie croniche concomitanti (come la broncopneumopatia cronica ostruttiva o BPCO, le cardiopatie croniche e il diabete),
  • disidratazione.

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