La somministrazione orale transmucosale ha diversi vantaggi rispetto alle forme di dosaggio orali da ingerire quali capsule o compresse. Garantisce una miglior compliance nei pazienti psichiatrici, pediatrici, anziani o comunque con difficoltà di deglutizione dovuta a disfagia, nausea o conseguente a ictus, Parkinson, Alzheimer, sclerosi multipla o altri disordini neurologici. Può inoltre portare a una maggior biodisponibilità per numerosi farmaci. Infatti la mucosa buccale e in misura maggiore quella sublinguale, più sottile e maggiormente vascolarizzata, sono buone vie d’accesso alla circolazione sistemica per molte molecole poco permeabili a livello intestinale; inoltre i farmaci che accedono al flusso ematico attraverso i plessi vascolari di queste mucose sono significativamente meno esposti al “first pass epatico” e alla degradazione a opera degli enterociti nella parete intestinale. D’altra parte affinché l’assorbimento abbia luogo occorre un’elevata concentrazione di molecole nel fluido all’interfaccia con tali mucose e questo complica l’applicazione di questa via di dosaggio nel caso di farmaci poco solubili. Un esempio di questo tipo di molecole è la tienorfina cloridrato (TNH), agonista parziale dei recettori opioidi poco solubile in acqua e soggetto a ingente metabolizzazione nel fegato. Y. Gao e Z. Zhang dell’Università di Pechino descrivono lo sviluppo di un complesso di inclusione solubile TNH/dimetil-beta ciclodestrina ottenuto per liofilizzazione di una soluzione idroalcolica di principio attivo e ciclodestrina in rapporto molare 1:2 (Chem.Pharm. Bull.60(12), 2012, pp.1479-1486 – disponibile gratuitamente on-line). La complessazione con la ciclodestrina aumenta di circa 20 volte la solubilità acquosa di TNH, rendendone possibile la somministrazione orale; per ottenere però un adeguato livello di biodisponibilità gli autori dimostrano la necessità della via sublinguale. In uno studio di farmacocinetica nel ratto infatti la biodisponibilità ottenuta ponendo una soluzione acquosa del complesso sotto la lingua dell’animale (anestetizzato e con la mascella mantenuta in posizione orizzontale per venti minuti) risulta circa 40 volte maggiore di quella derivante dalla normale somministrazione orale della stessa soluzione.