Farmaci La Yale School of Medicine ha analizzato gli studi clinici utilizzati dalla FDA tra il 2005 e il 2012 per approvare o meno i farmaci e in diversi casi ha rilevato degli squilibri. Per esempio, per più di un terzo delle potenziali medicine, al vaglio è bastata una sola sperimentazione clinica, e senza repliche confermative, per ottenere il via libera. Molti studi erano limitati e concentrati su dati di laboratorio o su altri parametri, ma non sugli endpoint clinici, per esempio la morte del soggetto. Il gruppo di studio di Yale, guidato da Joseph Ross, ha voluto soppesare la forza delle evidenze che sostengono le approvazioni da parte della FDA. È quindi partito dalle caratteristiche delle prove di efficacia: ampiezza e durata dello studio, risultati finali. E allo scopo ha esaminato i documenti relativi a 188 nuovi agenti terapeutici, riferibili a 7 anni di pratiche. È risultato, secondo Ross, che certi farmaci vengono approvati a seguito di ampi studi clinici di ottima qualità. Mentre per altri l’approvazione arriva dopo l’esame di studi più ridotti. Mancherebbe quindi “l’uniformità nel livello di evidenza” che FDA usa. Per esempio, solo un 40% delle autorizzazioni si basa su un confronto tra nuovo farmaco e medicine già sul mercato. Un aspetto, questo, che gli analisti di Yale giudicano importante per valutare se il nuovo prodotto rappresenta o meno un progresso rispetto al vecchio.

G.Z.