L’associazione paracetamolo e ibuprofene, combinazione a dose fissa di paracetamolo (500 mg) e ibuprofene (150 mg), è un farmaco a prescrizione medica inserito in fascia C su ricetta ripetibile, disponibile in Italia e approvato per il trattamento temporaneo del dolore associato a cefalea, emicrania, mal di schiena, dolori mestruali, mal di denti, dolori muscolari, sintomi influenzali e da raffreddamento, mal di gola e febbre.

L'associazione paracetamolo e ibuprofene in un'unica compressa è disponibile in Italia per il trattamento delle infiammazioni associate a dolore e febbre
L’associazione paracetamolo e ibuprofene in un’unica compressa è disponibile in Italia per il trattamento delle infiammazioni associate a dolore e febbre

La riduzione dei dosaggi, rispetto alle formulazioni tradizionali, consente un impiego più efficiente dei principi attivi e minori effetti collaterali, coniugando i vantaggi del paracetamolo a quelli dell’ibuprofene. In particolare, studi clinici hanno dimostrato un’efficacia nel controllo del dolore superiore del 30%, un aumento della durata dell’effetto analgesico e una maggior velocità di azione rispetto alle due molecole assunte separatamente.

La disponibilità del farmaco, che vanta efficacia analgesica, antipiretica e antinfiammatoria in un’unica compressa per gli stati infiammatori associati a dolore o febbre nell’adulto, è stata resa nota da Angelini attraverso un comunicato stampa.

Associazione paracetamolo e ibuprofene per i disturbi non differibili

Mal di gola, sinusite, otite, mal di denti, dolori muscolari sono solo alcuni esempi dei cosiddetti disturbi non differibili, stati infiammatori con sintomatologia mista, associati a dolore e, a volte, febbre.

«I disturbi non differibili sono l’insieme dei problemi (in prevalenza le patologie acute) che portano i pazienti, in cerca di risposte rapide ed efficaci, presso l’ambulatorio del medico di famiglia, impattando per il 30% sul suo carico di lavoro – evidenzia Pierangelo Lora Aprile, segretario scientifico e responsabile Area medicina del Dolore e Cure Palliative della SIMG. – In queste situazioni, è spesso presente un dolore di tipo infiammatorio e il medico di famiglia, nel 75% dei casi fino ad oggi, faceva riferimento al FANS a dosaggio pieno come prima possibilità di cura, poiché difficilmente l’associazione con un antalgico dava garanzie di regolare assunzione. Grazie all’attività sinergica tra le due molecole, che ha consentito di ridurne le dosi, l’associazione paracetamolo e ibuprofene ha un profilo di sicurezza maggiore e potrà essere utilizzata anche per tipologie di pazienti particolari, come anziani, diabetici o soggetti affetti da patologie cardiovascolari che non potrebbero assumere antinfiammatori ai dosaggi consueti. Inoltre, laddove il medico faceva già riferimento alla possibile co-prescrizione di due farmaci – uno ad azione centrale (paracetamolo) e uno ad azione periferica (FANS) – la disponibilità di una soluzione innovativa che coniuga in un’unica compressa i due principi attivi potrà migliorare l’aderenza dei pazienti alla cura, rendendola di fatto più efficace».

«L’associazione ibuprofene e paracetamolo, dal punto di vista farmacologico, permette di ottenere due vantaggi fondamentali – illustra Diego Fornasari, professore di Farmacologia presso l’Università degli Studi di Milano. – Il primo è a livello farmacodinamico e riguarda l’interazione fra i due principi attivi, che hanno meccanismi d’azione diversi e complementari: mentre l’ibuprofene è un classico FANS che agisce inibendo gli enzimi implicati nei processi infiammatori, il paracetamolo è un analgesico ad azione centrale. La combinazione permette quindi di aggredire il dolore su fronti diversi, ottenendo un effetto terapeutico sinergico, superiore alla somma dei due farmaci presi singolarmente. A livello farmacocinetico, invece, la co-somministrazione della coppia di molecole accelera l’assorbimento del paracetamolo, poiché l’ibuprofene ne facilita il passaggio dallo stomaco all’intestino. I dosaggi dei due principi attivi sono stati studiati in modo da rendere più efficace il nuovo medicinale, limitandone, allo stesso tempo, gli eventi avversi».

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