La tirosinemia epatorenale o di tipo 1 è una disfunzione del metabolismo aminoacidico caratterizzata da un deficit dell’enzima fumarilacetoacetato idrolasi, coinvolto nel metabolismo dell’aminoacido tirosina. Il deficit di fumarilacetoacetato idrolasi inibisce un altro enzima, la delta aminolevulinico anidrasi, impedendo quindi anche di metabolizzare la fenilalanina. La disfunzione comporta alterazioni della funzionalità epatica e renale e del sistema nervoso periferico.

Tirosinemia epatorenale
La tirosinemia epatorenale o di tipo 1 è una malattia rara e congenita, una forma autosomica recessiva che comporta alterazioni della funzionalità epatica e renale e del sistema nervoso periferico

La tirosinemia di tipo 1 è una malattia rara e congenita che si trasmette con modalità autosomica recessiva.

Sintomi della tirosinemia epatorenale

La patologia può presentarsi alla nascita, tra i 15 giorni e i 3 mesi con ittero, vomito, diarrea, abbassamento glicemico, emoraggia addominale e gastrica e rilascio di liquidi nella cavità  peritoneale, rachitismo ipofosfatemico conseguenti alla necrosi delle cellule epatiche e alla disfunzione dei tubuli renali che porta alla perdita di fosfato. La comparsa più tardiva della malattia comporta rachitismo vitamina-resistente sempre dovuto alla disfunzione dei tubuli renali.

Frequentemete, la tirosinemia epatorenale è associata a cirrosi e carcinoma epatico.

«Oltre all’accumulo della tirosina, la malattia porta alla formazione di una sostanza chiamata succinilacetone, molto tossica per il fegato e i reni – spiega Carlo Dionisi Vici, direttore del reparto di Patologia Metabolica dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma e presidente della SIMMESN (Società Italiana per lo Studio delle Malattie Metaboliche Ereditarie e lo Screening Neonatale) -. Tossicità che, in caso di diagnosi tardiva, può portare allo sviluppo di un cancro al fegato. In Quebec, dove la malattia è più diffusa, ma anche in un recente studio multicentrico europeo su oltre 150 pazienti, si è visto che, più tardiva è la diagnosi e il conseguente trattamento, più è alta la possibilità di sviluppare il tumore, mentre la diagnosi precoce in epoca neonatale azzera quasi del tutto questo rischio».

Per questo, è fondamentale lo screening alla nascita per le malattie metaboliche: basta il prelievo di una goccia di sangue del bambino, analizzata tramite spettrometro di massa tandem. «L’innovativo “screening neonatale esteso” è uno strumento che permette di leggere contemporaneamente gli aminoacidi e le acilcarnitine, fornendo una fotografia del profilo metabolico del neonato – continua l’esperto -. È possibile identificare oltre 40 malattie diverse. Individuare la tirosinemia di tipo 1 precocemente può salvare la vita del bambino».

Screening neonatale esteso per l’identificazione della tirosinemia epatorenale e terapia

Allo screening neonatale esteso delle malattie metaboliche, secondo l’ultimo rapporto pubblicato dalla SIMMESN, accede solo il 40% dei nuovi nati in Italia, con una distribuzione sul territorio nazionale a “macchia di leopardo”. «Lo screening neonatale “tradizionale”, invece, è un’analisi obbligatoria per la fenilchetonuria, l’ipotiroidismo e la fibrosi cistica; in alcune regioni è disponibile quello esteso che permette di indentificare numerose altre malattie tra cui la Tirosinemia di tipo 1 – spiega ancora Dionisi Vici -. Nel Lazio, per esempio, dei circa 50.000 bambini nati ogni anno, meno della metà vengono sottoposti a questo secondo tipo di screening. A livello nazionale, invece, sono poco più di 200.000 sul mezzo milione di nuovi nati. Situazione che dovrebbe trovare una soluzione quest’anno grazie a una serie di novità in ambito legislativo che prevedono l’inserimento dello screening neonatale esteso per le malattie metaboliche nei Livelli Essenziali di Assistenza – LEA».

La tirosinemia di tipo 1 è “curabile a vita” grazie a un trattamento che blocca la produzione del succinilacetone. Si tratta di una terapia «somministrata in combinazione a una dieta a basso contenuto di tirosina – continua il dottore –  che necessita di un monitoraggio costante. I parametri da tenere sotto controllo sono: il livello del farmaco e della tirosina nel sangue e l’eventuale presenza di succinilacetone».

Monitoraggio che, a partire dal 2014, è garantito gratuitamente in Italia, grazie a un servizio offerto dall’Unità Operativa di Patologia Metabolica dell’Ospedale Bambino Gesù. «Il paziente deve semplicemente porre una goccia di sangue su un foglio di carta assorbente e spedirlo presso i nostri laboratori – continua Dionisi Vici -. Non c’è bisogno di spostare il bambino; una volta svolte le analisi, il referto viene inviato ai colleghi che hanno in cura il paziente per fare i necessari aggiustamenti terapeutici».

Gli esami sono condotti presso il polo di diagnostica avanzata e ricerca del Bambino Gesù, dotato di strumentazioni all’avanguardia. «Uno dei laboratori è dedicato alle patologie metaboliche ed è lì che viene portata avanti l’attività di monitoraggio – continua l’esperto -. Bisogna investire sulle malattie del metabolismo: il nostro scopo è fare ricerca per mettere a punto nuovi metodi capaci di diagnosticare prima malattie complesse e rare e di monitorare in maniera efficiente i trattamenti».

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