Una replica del tubulo renale prossimale stampata in 3D è stata ottenuta dai ricercatori del Wyss Institute in collaborazione con Roche. (Credit: Lewis Lab/Wyss Institute at Harvard University)

La stampa 3D riserva ogni giorno nuove applicazioni, sempre più pensate nell’ottica di disporre di strumenti efficienti ed efficaci per la terapia rigenerativa o lo screening farmacologico: è l’esempio dell’architettura funzionale di un tubulo renale stampato in 3D sviluppata dai ricercatori del Wyss Institute dell’università di Harvard in collaborazione con Roche. Il nuovo manufatto ricostruisce fedelmente le funzioni di una subnità fondamentale del rene, il tubulo prossimale; il lavoro è stato pubblicato su Scientific Reports.

Una replica del tubulo renale prossimale stampata in 3D è stata ottenuta dai ricercatori del Wyss Institute in collaborazione con Roche. (Credit: Lewis Lab/Wyss Institute at Harvard University)
Una replica del tubulo renale prossimale stampata in 3D è stata ottenuta dai ricercatori del Wyss Institute in collaborazione con Roche. (Credit: Lewis Lab/Wyss Institute at Harvard University)

La piattaforma di bioprinting 3D del Wyss Institute aveva già dimostrato la sua capacità di costruire tessuti artificiali che si sono dimostrati vitali per più di un mese in vitro, a partire da una matrice extracellulare contenente al suo interno varie tipologie di cellule e un network vascolare. Il nuovo studio ha esteso la portata della tecnica all’ottenimento di una replica del tubulo prossimale del rene, la struttura a serpentina che rappresenta una parte essenziale del nefrone. Al suo interno, infatti, il 65-80% dei nutrienti sono riassorbiti e trasportati nuovamente dai filtrati renali al flusso sanguigno.

I ricercatori americani hanno utilizzato una guarnizione in silicone come stampo a partire dal quale ottenere la matrice extracellulare. A questo ha fatto seguito la stampa della struttura tubulare simile a quella del tubulo renale prossimale umano. Allo scopo è stato utilizzato un “inchiostro simpatico”, che alla fine del processo è stato liquefatto e rimosso. Il modello tubulare così ottenuto è stato quindi racchiuso all’interno di un secondo strato di matrice extracellulare.

Gli sviluppi futuri

Secondo i due co-autori dello studio, Kimberly Homan e David Kolesky, il costrutto ottenuto mediante stampa 3D rappresenta un modello in vitro credibile, migliorativo rispetto alle tradizionali colture cellulari bidimensionali. “L’uso di modelli funzionali “tissue-like” nel corso degli studi pre-clinici potrà fornire una visione prima insperata sulle risposte ai farmaci rilevanti per l’uomo prima dello sviluppo clinico”, ha commentato Annie Moisan, che dirige il laboratorio di Mechanistic Safety di Roche che ha collaborato al progetto. Sul breve periodo, il metodo potrebbe portare a nuovi strumenti paziente-specifici per diagnosi più precise e per una migliore valutazione dell’impatto delle diverse opzioni di trattamento. In tempi più lunghi, invece, i ricercatori stimano si possa giungere all’ottenimento di veri e propri impianti e organ-assistive device. La ricerca proseguirà non solo con lo scaling up del metodo e la sua possibile applicazione in vivo, ma anche in direzione di una sua possibile estensione all’ottenimento di repliche 3D di altri organi e tessuti umani complessi. “Abbiamo inizialmente mirato a questa architettura renale perché il rene rappresenta un pressante bisogno clinico nel mondo”, ha sottolineato Jennifer Lewis.