L’associazione ossicodone/naloxone per il dolore nella malattia di Parkinson si è rivelata una promettente opzione terapeutica. Lo rivelano i risultati di uno studio clinico pubblicati su “The Lancet Neurology”.

L’associazione ossicodone/naloxone per il dolore nella malattia di Parkinson si è rivelata una promettente opzione terapeutica
L’associazione dell’oppioide ossicodone con il suo antagonista naloxone si è rivelato un antalgico efficace anche nel Parkinson

Il primo studio in doppio cieco, randomizzato e controllato, sul trattamento antalgico associato al Parkinson, pubblicato su “The Lancet Neurology”, ha dimostrato l’efficacia analgesica e il buon profilo di tollerabilità di ossicodone/naloxone a rilascio prolungato in pazienti con dolore severo di varia natura: muscolo-scheletrico, viscerale, addominale, orofacciale, agli arti e notturno.

Tra i risultati più importanti del trial: dolore ridotto di almeno il 30% in circa la metà dei pazienti, minor impiego di levodopa al bisogno, miglioramento dei livelli di ansia e depressione, a fronte di un buon profilo di sicurezza.

«A nostra conoscenza, questo è il primo studio clinico, in doppio cieco, randomizzato e controllato, specificamente disegnato per investigare il trattamento del dolore nella malattia di Parkinson – conclude Amedeo Soldi, Medical Director Mundipharma Pharmaceuticals. – La mission che Mundipharma persegue è quella di porsi continuamente come pioniere nella gestione del dolore. Abbiamo una comprovata esperienza nel portare innovazioni nel trattamento di questa problematica, come dimostrano un particolare rilascio prolungato o l’associazione agonista/antagonista per prevenire la stipsi; vogliamo costruire su questa eredità il nostro futuro, nel tentativo di continuare a fornire nuove opzioni terapeutiche che facciano davvero la differenza per le persone che vivono nella sofferenza inutile».

Il dolore nella Malattia di Parkinson

Nella malattia di Parkinson, oltre ai disturbi motori i pazienti lamentano spesso sintomi non-motori, che compromettono ulteriormente il loro quadro clinico. Tra i più comuni, il dolore, presente nel 60% dei casi, spesso anche prima dell’esordio dei disturbi motori.

«Sebbene sia da tempo riconosciuto come una caratteristica della malattia di Parkinson, con una prevalenza del 60% dei pazienti e un forte impatto sulla qualità di vita, il dolore è un sintomo non adeguatamente valutato e generalmente sottotrattato, per la difficoltà nel definirne le manifestazioni cliniche in maniera appropriata – spiega Angelo Antonini, direttore Unità Operativa per la Malattia di Parkinson e i disturbi del movimento presso l’IRCCS Ospedale San Camillo di Venezia. – La sintomatologia dolorosa può apparire in qualsiasi momento nel corso della patologia e, spesso, è presente anni prima che venga effettuata una diagnosi clinica».

«In base alla classificazione adottata da diversi studi, nel Parkinson si distinguono varie tipologie di dolore legato alla malattia: quello correlato alle fluttuazioni motorie e ai movimenti involontari discinetici, il dolore centrale, quello secondario ad alterazioni del sistema muscolo-scheletrico, il dolore nocicettivo, neuropatico e cronico. In aggiunta a questa complessità, i pazienti possono presentare altre comorbilità, come l’artrosi e la depressione che hanno un impatto negativo sulla loro qualità di vita e dei familiari. Inoltre, quando il dolore diventa cronico, si instaurano cambiamenti nelle connessioni cerebrali che ne complicano ulteriormente il trattamento. Riconoscere il dolore usando scale specifiche di valutazione è, quindi, importante per definire il corretto approccio terapeutico, inclusa la riabilitazione motoria» – continua Angelo Antonini.

Lo studio su ossicodone/naloxone per il dolore nella malattia di Parkinson

Non esistono, ad oggi, Linee Guida per la terapia antalgica nella malattia di Parkinson, a causa dell’assenza di studi clinici randomizzati e controllati. Per colmare questa mancanza e fornire nuove prospettive terapeutiche, è stato condotto uno studio di fase II, randomizzato in doppio cieco e controllato, della durata di 16 settimane.

l trial ha coinvolto 47 centri di 7 Paesi (Repubblica Ceca, Germania, Ungheria, Polonia, Romania, Spagna e Regno Unito), per un totale di 202 pazienti, di età media 67 anni, con malattia di Parkinson di entità medio-grave (stadio di Hoehn e Yahr II-IV) e dolore severo almeno di grado 6, in base alla scala NRS da 0 a 10.

La scala NRS (Numerical Rating Scale) si basa sull’utilizzo di una scala costituita da 11 gradi da 0 a 10, dove 0 corrisponde alla totale assenza di dolore e 10 rappresenta il peggior dolore immaginabile dal paziente.

Sono stati randomizzati 93 soggetti al trattamento con ossicodone-naloxone, alla dose iniziale di 5/2,5 mg due volte al giorno, mentre 109 pazienti hanno ricevuto un placebo. Durante le 16 settimane di terapia, l’associazione dell’oppioide con il suo antagonista ha determinato una riduzione della sintomatologia dolorosa maggiore rispetto al placebo, con risultati significativamente superiori fino alla 12a settimana.

Lo studio Trenkwalder C. et al. Prolonged-release oxycodone-naloxone for treatment of severe pain in patients with Parkinson’s disease (PANDA): a double-blind, randosimed, placebo-controlled trial è stato pubblicato su The Lancet Neurology 2015; 14 (12):1161-70.

I risultati dello studio su ossicodone/naloxone per il dolore nella malattia di Parkinson

Tutte le forme di dolore riferito sono migliorate e, in particolare, quello notturno e quello muscolo-scheletrico.

Nel dettaglio, quasi la metà dei pazienti trattati con il farmaco (48%) ha riscontrato una diminuzione di almeno il 30% del dolore, contro il 34% di coloro che hanno assunto il placebo.

«Il neurologo generalmente tratta il dolore nel malato di Parkinson potenziando la terapia a base di farmaci dopaminergici, che il paziente già assume – dichiara Antonio Pisani, professore associato di Neurologia presso l’Università degli Studi di Roma Tor Vergata. – Raramente sono utilizzati gli oppiacei, sia a causa dei pochi dati scientifici disponibili sino a qualche tempo fa, sia per timore di effetti collaterali, quali la sedazione e la costipazione, soprattutto in una popolazione fragile come quella affetta da Parkinson. I risultati dello studio hanno, invece, dimostrato l’efficacia e la sicurezza dell’associazione di un oppioide, l’ossicodone, con il suo diretto antagonista, il naloxone, suggerendo come tale combinazione possa rappresentare un’alternativa terapeutica più appropriata».

«Durante le 16 settimane di trattamento, il farmaco ha determinato un maggiore beneficio antalgico rispetto al placebo, consentendo inoltre una significativa riduzione dei livelli di ansia e depressione e un minor utilizzo di medicinali dopaminergici di soccorso. Anche in virtù dei bassi dosaggi impiegati, l’associazione è stata ben tollerata: in particolare, gli effetti sulla funzione gastrointestinale e sul sonno sono risultati di minor conto, rispetto a quanto generalmente si osserva con altri oppiacei» – continua Antonio Pisani.

Altri risultati su ossicodone/naloxone

«Un’ulteriore conferma dell’efficacia analgesica e del profilo di sicurezza di ossicodone/naloxone ci arriva anche da uno studio osservazionale in aperto, condotto presso l’Università Tor Vergata a Roma, su un piccolo campione di malati di Parkinson con dolore moderato-severo. Nelle 8 settimane di osservazione, dei 14 pazienti che hanno completato lo studio il 56% ha riportato un miglioramento del dolore iniziale superiore al 30%, senza registrare, anche in questo caso, effetti negativi sulla qualità del sonno e la funzione intestinale» – conclude Antonio Pisani.

Il 26 novembre si celebra la Giornata Nazionale del Parkinson.

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