La Commissione Europea approva pembrolizumab per il trattamento in prima linea di pazienti con carcinoma polmonare metastatico non a piccole cellule (NSCLC) i cui tumori esprimano alti livelli di PDL-1 e che non abbiano mutazioni EGFR o ALK

MSD, conosciuta come Merck negli Stati Uniti e in Canada, ha annunciato che la Commissione Europea ha approvato pembrolizumab (Keytruda®) per il trattamento in prima linea del carcinoma polmonare metastatico non a piccole cellule (NSCLC) in pazienti adulti i cui tumori esprimano alti livelli di PDL-1 (tumor proportion score [TPS] ≥ 50%) e che non abbiano mutazioni EGFR o ALK.

Pembrolizumab per NSCLC in prima linea approvato in UE
La Commissione Europea approva pembrolizumab per il trattamento in prima linea di pazienti con carcinoma polmonare metastatico non a piccole cellule (NSCLC) i cui tumori esprimano alti livelli di PDL-1 e che non abbiano mutazioni EGFR o ALK

Pembrolizumab è la prima terapia Anti-PD-1 approvata in Europa per pazienti con NSCLC metastatico non precedentemente trattati.

«La decisione presa a livello europeo convalida un dato già presentato ai più importanti congressi internazionali e pubblicato su The New England Journal Of Medicine – ha commentato Filippo de Marinis, direttore della Divisione di Oncologia Toracica presso l’Istituto Europeo di Oncologia (IEO) di Milano. – Si tratta di un dato “rivoluzionario” perché per la prima volta, in oltre 40 anni di trattamento di questa patologia, un gruppo di pazienti, non selezionabile per terapie biologiche a bersaglio, riceve un vantaggio in termini di sopravvivenza, con una riduzione del rischio di morte del 40%, da un trattamento diverso in prima linea dalla chemioterapia, che ha rappresentato fino ad oggi lo standard di cura per il carcinoma polmonare».

L’approvazione consente la commercializzazione di pembrolizumab nei 28 Stati membri dell’Unione e in Islanda, Lichtenstein e Norvegia, alla dose approvata di 200 mg ogni tre settimane fino a progressione di malattia o a tossicità inaccettabile.

«Oggi, per i pazienti con un elevata espressione di PD-L1, la terapia con pembrolizumab può portare a ridurre del 50% il rischio di progressione di malattia permettendo di identificare coloro che possono fare a meno della chemioterapia – ha aggiunto de Marinis. – Si possono così evitare le tossicità che quest’ultima comporta, “armando” invece il proprio sistema immunitario per riconoscere ed attaccare il tumore. Ci auguriamo ora che la decisione dell’EMA rappresenti uno stimolo per il Ministero della Salute e per AIFA a valutare il ruolo che questa molecola può avere anche per i pazienti italiani, rendendo questa nuova opzione terapeutica disponibile in tempi ragionevoli per chi di tempo non ne ha».

Nell’Agosto del 2016 pembrolizumab (2mg/kg ogni tre settimane) era stato approvato in Europa per pazienti precedentemente trattati con carcinoma polmonare non a piccole cellule, avanzato o metastatico, i cui tumori esprimono PD-L1 (TPS ≥ 1%) e che abbiano ricevuto almeno una precedente chemioterapia.

L’approvazione si è basata sui dati dello studio KEYNOTE-024 che hanno mostrato una sopravvivenza globale (OS) e una progressione libera da malattia (PFS) superiori con pembrolizumab rispetto alla chemioterapia, attuale standard di cura nel carcinoma polmonare non a piccole cellule.

Lo studio KEYNOTE-024 su pembrolizumab per NSCLC in prima linea

KEYNOTE-024 è uno studio randomizzato in aperto di fase III. Ha valutato pembrolizumab in monoterapia alla dose fissa di 200 mg rispetto all’attuale standard. Questo è costituito da chemioterapia a base di platino scelta tra:

  • pemetrexed+carboplatin,
  • pemetrexed+cisplatin,
  • gemcitabine+cisplatin,
  • gemcitabine+carboplatin,
  • paclitaxel+carboplatin

per il trattamento di pazienti con carcinoma polmonare non a piccole cellule metastatico sia squamoso sia non squamoso.

Nello studio sono stati arruolati 305 pazienti non precedentemente sottoposti a chemioterapia per la loro patologia metastatica e i cui tumori esprimevano alti livelli di PD-L1 e non presentavano mutazioni EGFR o ALK.

L’obiettivo primario era rappresentato dalla progressione libera da malattia (PFS). Ulteriori parametri di efficacia erano rappresentati dalla sopravvivenza globale (OS) e dal tasso di risposta obiettiva (ORR).

I risultati delle studio KEYNOTE-024

Nello studio, pembrolizumab ha ridotto il rischio di progressione di malattia del 50% rispetto alla chemioterapia (HR, 0,50 [95% CI, 0,37, 0,68]; p<0,001).

La sopravvivenza libera da progressione mediana è stata di 10,3 mesi (95% CI, 6,7-not reached) rispetto ai 6 mesi con la chemioterapia (95% CI, 4,2-6,2). A sei mesi e a 12 mesi erano ancora vivi e non mostravano segni di progressione di malattia, rispettivamente, il 62 e il 48 per cento dei pazienti trattati con pembrolizumab rispetto al 50% e il 15% dei pazienti sottoposti a chemioterapia.

Inoltre, pembrolizumab ha mostrato una riduzione del rischio di morte del 40% rispetto alla chemioterapia (HR, 0,60 [95% CI, 0,41, 0,89]; p=0,005). Questo risultato include i 66 pazienti (43,7%) nel braccio chemioterapia che, durante lo studio, sono passati a pembrolizumab a causa della progressione della malattia.

La sopravvivenza globale mediana non è stata raggiunta in nessuno dei due gruppi.

Il tasso di sopravvivenza globale a 6 mesi e a 12 mesi è stato, rispettivamente del 80% e del 70% nei pazienti trattati con pembrolizumab rispetto al 72% e 54% dei pazienti in chemioterapia.

Il tasso di risposta obiettiva è stato del 45% nei pazienti in trattamento con pembrolizumab (95% CI, 37-53), inclusa una risposta completa.

Analisi sulla sicurezza a supporto dell’approvazione

L’analisi sulla sicurezza a supporto dell’approvazione europea di pembrolizumab si è basata su 2.953 pazienti con melanoma avanzato o NSCLC attraverso quattro dosaggi diversi (2 mg/kg ogni 3 settimane, 200 mg ogni 3 settimane, o 10 mg/kg ogni 2 o 3 settimane) negli studi KEYNOTE-001, KEYNOTE-002, KEYNOTE-010 e KEYNOTE-024 combinati.

Le reazioni avverse più frequenti (≥ 10%) con pembrolizumab sono state

  • fatigue (24%),
  • rash (19%),
  • prurito (17%),
  • diarrea (12%),
  • nausea (11%),
  • artralgia (10%).

La maggior parte delle reazioni avverse sono state di Grado 1 e 2. Le più importanti sono state reazioni immuno-correlate e reazioni severe legate all’infusione.

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