Una diagnosi precoce e una corretta terapia dell’arteriopatia obliterante periferica potrebbero evitare il 70% delle amputazioni.

È quanto emerge dal convegno sull’arteriopatia obliterante periferica (AOP) e relative diagnosi, prevenzione, trattamento farmacologico e autotest organizzato a Milano in occasione della quarta edizione delle Giornate Europee su Arteriopatia e Malattie Vascolari (15 – 19 marzo 2017) lanciate da VAS (Vascular Independent Research and Education – European Organization).

Corrette diagnosi e terapie dell’arteriopatia obliterante periferica possono prevenire le amputazioni. FeeTest può portare a un autosospetto diagnostico
Corrette diagnosi e terapie dell’arteriopatia obliterante periferica possono prevenire le amputazioni. Effettuare da soli il semplice FeeTest può portare a un autosospetto diagnostico

Durante il congresso è stato presentato anche un percorso in quattro fasi per la diagnosi e la cura dell’arteriopatia obliterante periferica e per la riduzione del numero di amputazioni evitabili.

«Quando un paziente arriva con un’ischemia critica – commenta Andrea Stella, UUOO Chirurgia Vascolare e Chirurgia toracica AOU Sant’Orsola Malpighi, Bologna e presidente SICVE – il rischio di amputazione è del 50% (quindi un paziente su due). Instaurando una corretta terapia, questa percentuale si potrebbe ridurre drasticamente fino ad arrivare al 15%. Evitare l’amputazione è l’obiettivo cui dobbiamo tendere anche perché solo il 20-30% dei pazienti con arto artificiale riesce a deambulare in maniera sufficiente».

FeeTest-autovalutazione delle arterie del piede: il primo passo

«L’Arteriopatia periferica è una patologia sottovalutata, non conosciuta e affrontata in Italia e dai diversi SSN europei solo nella fase più avanzata, quando il rischio di serie complicanze è molto alto e le possibilità di terapia molto ridotte – commenta Mariella Catalano, Università degli Studi di Milano, UO Angiologia Osp. L. Sacco di Milano, Presidente VAS e Amavas (la Onlus che in Italia diffonde conoscenza e prevenzione delle Malattie Vascolari). – Una diagnosi precoce permetterebbe di ridurre i seri rischi di questa patologia e di eliminare le amputazioni vascolari d’arto, che è stato lanciato come obiettivo delle “Giornate Europee contro l’Arteriopatia e le Malattie Vascolari”».

«Per facilitare la diagnosi, il primo semplice passo può essere il FeeTest proposto a livello europeo, coinvolgendo la popolazione nel sospetto diagnostico. Si tratta di un semplice test che permette di arrivare ad un autosospetto diagnostico di arteriopatia: un questionario e l’autopalpazione delle arterie del piede (che può essere facilmente spiegata, anche on-line). Se il risultato lascia dubbi o sembra indicativo di Arteriopatia, ci si rivolge a Medico di Medicina Generale per una conferma e, in caso positivo per l’indicazione, all’esecuzione di un ABI. La diagnosi precoce (cioè in fasi non avanzate) permette la salvaguardia della vita, dell’integrità e della qualità della vita dei pazienti, oltre che un rilevante risparmio per il SSN e la società».

Il test ABI (indice caviglia-braccio) dal medico: per la valutazione della funzionalità delle arterie

Dal medico di medicina generale è possibile effettuare anche il semplicissimo test ABI (indice caviglia-braccio). Questo test dovrebbe essere eseguito in fase precoce della malattia, anche in caso di FeeTest dubbio. Se positivo, il test ABI è indicatore di aterosclerosi negli arti inferiori. Il test ABI può inoltre servire come marcatore prognostico per eventi cardiovascolari e deterioramento funzionale, anche in assenza di sintomi dell’arteriopatia obliterante periferica.

«L’indice ABI è semplice e affidabile e bisognerebbe effettuarlo di routine nei pazienti che hanno più di 50 anni e sono affetti da diabete, sono fumatori, ipertesi, dislipidemici, o presentano familiarità per malattie cardiovascolari – commenta Antonino Mazzone, direttore Area Medica, Struttura complessa Medicina Interna, ASST Ovest Milanese (MI) e Responsabile FADOI rapporti con le istituzioni. – Negli adulti, oltre a chi ha questi fattori di rischio, andrebbe eseguito in coloro che hanno una patologia aterotrombotica di qualsiasi distretto, anche come emerge dai dati che presenterò nei pazienti che hanno un’insufficienza renale. Infatti, lo studio “questione di ABI-tudine”, condotto da FADOI Sicilia in pazienti che affluiscono ad ambulatori e reparti di Medicina Interna, ha mostrato che circa il 35% presenta un ABI<0,9 diagnostico per arteriopatia periferica. Pertanto appare necessaria un’iniziativa di questo genere per far emergere una patologia sottodiagnosticata al solo scopo di prevenire le amputazioni». 

La prevenzione

Un aspetto fondamentale è intervenire sui fattori di rischio legati allo stile di vita, sottolinea Adriana Visonà, UOC Angiologia, Marca Trevigiana (TV), Presidente SIAPAV:

«La prima cosa da fare è correggere gli eventuali fattori di rischio (dislipidemia, ipertensione, diabete) con farmaci che, associati alla terapia antiaggregante, costituiscono la miglior terapia medica. In parallelo debbono essere attuati cambiamenti cosiddetti terapeutici degli stili di vita non corretti, quindi smettere di fumare, mangiare in modo equilibrato riducendo l’assunzione di grassi, di colesterolo e di zuccheri, cercando di raggiungere un peso corporeo ragionevole. È inoltre fondamentale effettuare un’adeguata attività fisica, se possibile partecipando ad un programma riabilitativo controllato, dal momento che è stato ben documentato come l’esercizio fisico apporti un notevole contributo nella cura della AOP essendo in grado di aumentare di molto le capacità di camminare nella maggior parte delle persone».

Non sempre questi interventi sono da soli sufficienti nel miglioramento della patologia. Esistono farmaci con l’indicazione al trattamento della patologia nei suoi diversi stadi: dal cilostazolo all’iloprost.

Le tappe del progetto Italfarmaco di supporto al percorso di diagnosi e cura dell’AOP

Italfarmaco promuove un percorso di supporto alla diagnosi e cura della AOP che si compone di 4 fasi. Dopo la prima tappa rappresentata dal congresso di Milano, la seconda porterà a realizzare interviste ai medici specialisti. Sarà realizzata una task force di ISF dedicati all’informazione medico-scientifica sulla patologia vascolare.

Terza fase è creare awareness presso i medici di medicina generale attraverso flyers informativi sulla patologia e sul test ABI.

L’ultima tappa sarà sviluppare un’app che metta in contatto clinici, pazienti e caregivers lungo il percorso diagnostico e terapeutico.

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