Una vera e propria rivoluzione è in atto, anche se è ancora poco appariscente agli occhi dei più: la stampa 3D in medicina è ormai una realtà che permettere una migliore gestione a 360 gradi della malattia e del suo impatto sul paziente. Ancora molta strada resta però da fare, a partire dalla messa a punto degli standard tecnici che ne guidino in modo univoco l’implementazione. Se ne è discusso a Bologna nel corso del convegno “La stampa 3D in Medicina”, organizzato dal Centro Interdipartimentale di ricerca in Storia del diritto, Filosofia e sociologia del diritto e Informatica giuridica (CIRSFID) della locale Università. Le sfide poste dall’implementazione della stampa 3D in medicina non sono solo tecniche: gli aspetti giuridici ed etici posti in ambito sanitario da un metodo “disruptive”, che abbatte le classiche barriere disciplinari, sono ancora tutti da definire. Il convegno bolognese ha chiamato a raccolta medici, avvocati e filosofi per gettare le basi di questo sviluppo anche in Italia.
Come è cambiata la nozione di “oggetto”
“Serve più pensiero, e bisogna metterlo poco e all’inizio del processo, non dopo, proprio come il sale nella pasta”, ha esemplificato il filosofo Luciano Floridi della Oxford University nel sottolineare come la riflessione sui punti critici della stampa 3D vada affrontata da subito e senza esacerbare i diversi aspetti. Floridi ha portato la folta platea a ragionare su come sia cambiato il concetto di “cosa” rispetto alla visione classica di un oggetto materiale mutuata dal De Rerum Natura di Lucrezio. Si tratta, per il filosofo, di disinstallare le intuizioni per capire che non c’è una netta distinzione tra “loro”, le tecnologie, e “noi”, che le viviamo. L’uomo si colloca, piuttosto, come interfaccia e punto discontinuità all’interno di un universo fatto essenzialmente di energia oscura, ha spiegato Floridi. Sono proprio i “tagli” che ogni essere umano compie su tale flusso energetico che determinano l’apparenza delle cose: gli oggetti altro non sono, per Floridi, che tagli 3D del continuum 4D spazio-temporale, dei “nodi” che determinano la comparsa della “cosa”. La visione delle cose prospettata dal filosofo di Oxford è quella di un mondo fatto di interagibili, che funziona per processi e non più per meccanismi. Un mondo basato sul design delle funzionalità necessarie di volta in volta, che possono quindi venire stampate in 3D. “Le stampanti 3D tagliano il continuo spazio-tempo, stampano i nodi. Chi controllerà il design dei nodi ha capito come funzionerà il futuro”, ha delineato Luciano Floridi a proposito delle prospettive della stampa 3D, non solo in campo medico-sanitario.
L’ingegneria del futuro
La stampa 3D ha cambiato radicalmente la prospettiva di come gli ingegneri progettano una produzione: niente più stampi e assemblaggio di pezzi diversi, l’oggetto stampato 3D è realizzato in un unico pezzo a partire dal disegno virtuale tramutato in file di stampa, ha spiegato Marinella Levi, che dirige il +Lab del Politecnico di Milano. “La stampa 3D è il caso più vicino al teletrasporto. La stampa 3D serve a fare qual che serve quando serve”, ha esemplificato l’ingegnere del Politecnico, ricordando come ormai anche sulla Stazione orbitale non vengano più portati i pezzi di ricambio, che sono invece stampati al momento in base alle necessità con la stampante installata a bordo. La docente milanese ha ripercorso la storia della stampa 3D, nata nel 1986 ed esplosa solo nel 2011, alla scadenza dei brevetti originari di Chuck Hull, quando è diventato possibile lavorare a miglioramenti che finora sono stati per lo più open source. Il +Lab si occupa, ad esempio, dello sviluppo di micro-robot magnetici stampati in 3D che potrebbero essere utilizzati per il delivery mirato di farmaci o per il posizionamento all’interno del corpo di micro-dispositivi medici. Il nuovo modello di sviluppo proposto da Marinella Levi è quello della cosiddetta “innovazione frugale”, basata su tecnologie a basso costo che producano oggetti robusti e durevoli, che abbiano un basso impatto economico anche per la società. Per Levi, la tecnologia è il “lievito” che permette di ottenere un buon pane, non il pane stesso.
Le applicazioni in campo sanitario
Numerosi sono stati i medici intervenuti al convegno per presentare le attuali applicazioni della stampa 3D in medicina, che spaziano dalla neurochirurgia all’ortopedia, dalla chirurgia maxillo-facciale a quella cardiovascolare. Tutti gli esperti sono stati concordi sull’utilità che il metodo riveste per lo specialista che, grazie al modello ottenuto sulla base delle immagini delle Tac e delle tomografie, può provare interventi difficili prima di eseguirli sul paziente e può discuterne meglio col paziente stesso per conseguire un consenso che diventa così davvero “informato”. L’impatto sulle modalità di comunicazione con il paziente sono state discusse anche dal punto di vista etico e legale: l’uso dei modelli 3D per il consenso informato implica, ad esempio, che essi diventino parte integrante della cartella clinica e vengano di conseguenza conservati. La stampa 3D è forse una delle frontiere più interessanti per quanto riguarda lo sviluppo della medicina personalizzata, ha ricordato il responsabile tecnico-scientifico del Laboratorio di Analisi del movimento e valutazione funzionale-clinica protesi dell’Istituto Ortopedico Rizzoli di Bologna, Alberto Leardini, e richiede un approccio interdisciplinare tra competenze diverse, spesso localizzate sia all’interno dell’azienda ospedaliera che presso centri esterni o aziende specializzate.
Verso standard condivisi
È nata open source, ma il futuro della stampa 3D potrebbe sempre più andare verso la protezione della proprietà intellettuale. Come per ogni industria, infatti, l’effettivo impatto sulla collettività potrebbe passare dalla reale capacità di generare business, ha sottolineato Federico Strollo, tra i fondatori dell’acceleratore d’impresa Bologna Startup, che ha moderato la sessione del pomeriggio.
Oggi il panorama della stampa 3D è molto frammentato tra approcci e tecnologie molto diverse tra loro, ma il futuro andrà sempre più verso una standardizzazione degli interventi a livello internazionale. I punti di attenzione da considerare nella costruzione degli standard necessari a normare l’intera filiera della stampa 3D, dalla modellizzazione della realtà alla sorveglianza post-vendita, sono stati discussi da Monica Palmirani, docente del CIRSFID e co-chair del technical committee LegalDocML di OASIS, l’organizzazione internazionale che si occupa dello sviluppo di standard aperti. Proprio questo tipo di standard potrebbero rappresentare il futuro della stampa 3D, in quanto permettono di gestire meglio la riconduzione della responsabilità in caso di danno, favoriscono la concorrenza corretta e riducono i rischi per il consumatore, che per Palmirani si confonde sempre più col costruttore in quanto la stampa 3D è oggi facilmente disponibile anche “a domicilio”. L’esperta del CRISFID ha sottolineato anche la difficoltà di negoziare su questi temi con i big player del settore e l’accordo di convergenza su un framework di standard convergenti a cui stanno lavorando i due principali enti di normazione internazionale, ISO e ASTM.
I punti critici dal punto di vista giuridico ed etico
I possibili pericoli che potrebbero derivare dall’attuale possibilità di stampare dispositivi medici che risultino malfunzionanti, magari con stampanti casalinghe semplicemente scaricando il file di stampa dai negozi online, è stata discussa dalla giurista del CRISFID Maria Livia Rizzo, che ha sottolineato come il rischio da ignoto tecnologico richieda lo sviluppo di una normativa ad hoc piuttosto che l’adattamento di quella esistente. Al momento la stampa 3D è rimasta esclusa dal nuovo Regolamento europeo sui dispositivi medici di prossima pubblicazione, mentre negli Stati Uniti l’FDA si sta muovendo verso un confronto coi diversi attori per giungere a definire un nuovo quadro regolatorio. Ilaria Carrino ha invece portato alcune riflessioni su come le tecnologie 3D potrebbero entrare a far parte dei sistemi e delle politiche sanitarie del futuro. Un’inclusione che non potrebbe prescindere da un’attenta analisi della sostenibilità economica e delle economie di scala che potrebbero derivare a fronte di costi di base più elevati. Carrino ha anche discusso la necessità di definire esattamente chi sia il fabbricante, specie quando sono le stesse strutture ospedaliere a stampare dispositivi su misura per i propri pazienti, e i possibili problemi e abusi che potrebbero derivare, ad esempio, dall’applicazione della stampa 3D alla produzione tailored-made di farmaci, tessuti ed organi umani.