In Italia, si stima che siano oltre un milione le persone con infezione da HCV, delle quali appena 300.000 diagnosticate. L’epatite C è pertanto considerata una questione prioritaria di salute pubblica e, come tale, richiede un approccio sinergico che associ trattamento dei pazienti e attività per promuovere la prevenzione e la diagnosi del sommerso.
«L’epatite C colpisce circa l’1-2% della popolazione mondiale: circa 150 milioni di individui infetti – dichiara Stefano Fagiuoli, direttore Unità Complessa di Gastroenterologia, Epatologia e Trapiantologia – ASST Papa Giovanni XXIII di Bergamo. – Alcune stime indicano come possano essere circa un milione i soggetti infetti dal virus HCV in Italia; tuttavia il dato reale risulta difficile da quantificare per mancanza di dati epidemiologici validi. L’unico dato verificato riporta che i pazienti formalmente seguiti e registrati dai Centri specializzati di cura siano circa 300.000, dei quali 75.000 già trattati; mentre non è possibile quantificare il sommerso. Ogni anno si verificano nel nostro Paese quasi 1.000 nuovi casi di infezione HCV».
Ridefinizione dei criteri di rimborsabilità dei farmaci innovativi per l’epatite C cronica fissati dall’AIFA
L’AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco) ha ridefinito i criteri di rimborsabilità dei farmaci innovativi per l’epatite C cronica, ampliando così le possibilità di accesso alle terapie di ultima generazione e attivando i Registri per il monitoraggio.
I nuovi criteri di trattamento sono stati definiti in collaborazione con le Società Scientifiche e le associazioni dei pazienti, e sono condivisi con la Commissione Tecnico Scientifica. Grazie a questi, tutti gli infetti da Epatite C saranno presi in carico e trattati gratuitamente secondo le liste d’attesa definite e gestite dai Centri regionali abilitati. Il Servizio Sanitario Nazionale si fa interamente carico del costo dei nuovi farmaci. L’AIFA ha negoziato con le aziende farmaceutiche prezzi inferiori alla media dei Paesi Europei, anche in virtù dell’elevata prevalenza della patologia in Italia.
«Con l’ampliamento dei criteri di accesso ai farmaci innovativi cambia tutto – dichiara Ivan Gardini, presidente EpaC Onlus – se prima avevamo barriere di accesso e i farmaci venivano offerti e rimborsati dal SSN solo a metà dei pazienti con epatite C che ne avevano diritto, da aprile 2017 tutti i pazienti possono aver accesso alla loro terapia e ottenere dal proprio medico curante l’indicazione su quando verranno messi in trattamento, grazie alle liste d’attesa nelle quali saranno inseriti, liste d’attesa più o meno lunghe a seconda del centro di cura. Questo è il primo passo verso la normalità».
Benefici dei nuovi criteri di rimborsabilità dei farmaci innovativi per l’epatite C cronica
Negli ultimi anni, diverse aziende farmaceutiche sono riuscite a offrire farmaci che consentono un successo terapeutico in oltre il 95% dei casi. Sono farmaci caratterizzati da:
- elevata efficacia,
- elevata sicurezza (pochi effetti collaterali)
- cicli di cura molto brevi, di sole 8-12 settimane (fino a 48, a seconda del quadro clinico del paziente),
- somministrazione orale
- elevata tollerabilità, a differenza dei regimi precedenti che includevano il temuto interferone.
Rendere gratuiti questi farmaci per tutti i pazienti significa evitare le fughe all’estero (soprattutto in India) per ottenere cure a un prezzo più basso rispetto ai circa 45mila euro a ciclo richiesti in Italia.
Prospettive verso l’eradicazione dell’epatite C
L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha posto come obiettivo da raggiungere entro il 2030 il controllo delle epatiti virali. Un traguardo ambizioso che potrà essere centrato attraverso la riduzione del 90% dei nuovi casi di epatite B e C, trattando l’80% dei pazienti eleggibili per il trattamento e riducendo del 65% i decessi legati alle epatiti. In questo contesto si colloca il Piano Nazionale per l’eradicazione dell’HCV voluto dall’Agenzia Italiana del Farmaco e dal Ministero della Salute che prevede di trattare 80.000 persone all’anno nei prossimi tre anni.
«Gli sforzi d’ora in avanti dovranno concentrarsi sull’eliminazione dell’epatite C, secondo le indicazioni OMS. Tale obiettivo potrà essere raggiunto soltanto associando l’azione di trattamento di tutti i casi conosciuti con l’azione di case finding per individuare quanto possibile i casi di infezione sommersa. Inoltre, dovrà essere organizzata e strutturata un’attenta e decisa politica per trattare la maggior parte della popolazione ad elevato rischio di trasmissione HCV. Si tratta di una grande sfida organizzativa, che dovrà essere caratterizzata non solo da un elevato livello di sostenibilità ed efficienza sociale, ma anche da un elevato profilo etico e credo che il ‘sistema Italia’ in questo caso abbia dato ampia prova di capacità, efficienza e credibilità.» – spiega Stefano Fagiuoli.
«Quanto tale cambiamento influirà sullo scenario futuro lo vedremo, così come vedremo se l’eliminazione dell’epatite C è un obiettivo primario per le Regioni nei loro Piani sanitari. Noi non possiamo che auspicare che le Regioni ripensino alle strutture ricettive che possono prendere in cura i pazienti. I modi per farlo sono di diverso tipo: rinforzare i Centri esistenti, nominare nuovi Centri o ripensare a tutta la rete di cura secondo il modello hub&spoke. Per adesso siamo all’anno zero di un vero piano di eliminazione dell’epatite C» aggiunge Ivan Gardini.
L’introduzione dei farmaci antivirali diretti (DAA) di seconda generazione e la personalizzazione del trattamento
La personalizzazione del trattamento rappresenta un ulteriore aspetto cruciale del percorso verso l’eliminazione dell’epatite C. Questo è reso possibile anche grazie all’introduzione di antivirali diretti (DAA) ancora più potenti ed efficaci.
Le persone con Epatite C, infatti, non sono tutte uguali e, proprio nell’ottica di una gestione ottimale del paziente, queste differenze devono emergere e diventare centrali nella scelta terapeutica. I bisogni terapeutici specifici per ogni individuo dipendono non solamente dal genotipo, ma anche da comorbidità, co-infezione HCV-HIV, cirrosi, precedenti fallimenti del trattamento.
Diffusione dell’epatite C nel mondo
Ivan Gardini illustra la situazione:
«Nel mondo si stima che siano circa 170 milioni le persone che soffrono di epatite C cronica (Ghany, M. et al. AASLD Practice Guidelines: Diagnosis, Management and Treatment of Hepatitis C: An Update. Hepatology 2009, 49, 4: 1335-1374), di cui intorno ai 15 milioni in Europa (WHO – Hepatitis C Guide) e altrettanti negli Stati Uniti: più del 3% della popolazione globale. I decessi causati nel mondo da complicanze epatiche correlate all’HCV sono più di 350.000 ogni anno (WHA – Hepatitis B and C: Risk, Prevention and Treatment)».
«Sebbene l’infezione da HCV sia endemica, la sua distribuzione geografica varia considerevolmente: l’Africa e l’Asia sono le aree di maggiore prevalenza, mentre in America, Europa occidentale e settentrionale e Australia la malattia è meno presente. Negli ultimi 20 anni l’incidenza è notevolmente diminuita nei Paesi occidentali, per una maggior sicurezza nelle trasfusioni di sangue e per il miglioramento delle condizioni sanitarie; tuttavia, in Europa l’uso di droghe per via endovenosa è diventato il principale fattore di rischio per la trasmissione di HCV» – continua Ivan Gardini.
Diffusione dell’epatite C in Italia
In Italia stime recenti collocano il numero di malati di epatite C tra un minimo di 250.000 a un massimo di 600.000.
“Di questi, si ritiene che il 20% non sappia di esserlo.» – afferma Salvatore Petta, Sezione di Gastroenterologia all’Università degli Studi di Palermo.
L’infezione, infatti, rimane silente per molti anni. In questo tempo il virus, però, danneggia l’organismo e spesso, quando si arriva alla diagnosi, la malattia è già in fase avanzata.
«L’obiettivo dell’eliminazione del virus dal nostro Paese – prosegue Petta – non potrà essere raggiunto fino a quando anche queste “sacche” di malati (pazienti presso i SERT, detenuti, coinfetti) non verranno curate. Allo stato attuale non serve uno screening di massa ma un’azione in sinergia con i medici di medicina generale per individuare i soggetti suscettibili, capire le ragioni di un eventuale rifiuto delle terapie in passato e spiegare i progressi medici compiuti».
«L’Italia è il Paese europeo con il maggior numero di persone positive al virus dell’epatite C. Circa il 2% della popolazione italiana è entrata in contatto con l’HCV e il 55% dei soggetti con HCV è infettata dal genotipo 1 (Dati EpaC). Nel nostro Paese i portatori cronici del virus sono circa 1,6 milioni, di cui oltre 300.000 cirrotici. Più di 20.000 persone muoiono ogni anno per malattie croniche del fegato (due persone ogni ora). Nel 65% dei casi, l’epatite C risulta causa unica o concausa dei danni epatici. Il Sud è il più colpito: in Campania, Puglia e Calabria, per esempio, nella popolazione ultra settantenne la prevalenza dell’HCV supera il 20% (Dati EpaC)» – precisa Ivan Gardini.
Diffusione dei vari genotipi di HCV in Italia
«In Italia – aggiunge Stefano Fagiuoli – il genotipo 1b (GT 1b) è quello più diffuso con percentuali anche del 55%. Il genotipo 1a (GT 1a) non supera il 14-16%. I nuovi antivirali diretti garantiscono un successo terapeutico stabilmente oltre il 95%. Inoltre, si è osservata una inversione di quelli che erano considerati i genotipi difficili. Oramai, infatti, il genotipo 1 è diventato il più semplice da eradicare. Il genotipo 3 è stato per questa prima fase il più complesso, con tassi iniziali di risposte dell’80-85%, inferiori anche del 10-15% a quelle osservate nel genotipo 1».
La piattaforma Italiana per lo studio della Terapia delle Epatiti ViRali
In Italia è attivo lo studio PITER (Piattaforma Italiana per lo studio della Terapia delle Epatiti ViRali). Aderisce allo studio la stragrande maggioranza dei Centri epatologici ed infettivologici italiani. Grazie ad esso, è stato possibile stratificare la diffusione dei vari genotipi per:
- frequenza,
- età.
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