Per tumori testa-collo si intendono l’insieme di neoplasie che hanno origine nelle seguenti sedi:
- cavità nasali e seni paranasali,
- faringe e orofaringe (base della lingua, tonsille palatine e palato molle),
- cavità orale (corpo della lingua, pavimento della bocca, palato duro, mucosa buccale e creste alveolari),
- laringe (regione sovraglottica, glottica, e sottoglottica),
- ghiandole salivari.
Questi tumori sono carcinomi spinocellulari nella maggior parte dei casi; in piccola percentuale, invece, sono melanomi, sarcomi, linfomi e altri tipi di tumore.
«Queste malattie – spiega Paolo Bossi SC Oncologia Medica 3 Tumori Testa-Collo e Fondazione IRCCS Istituto Nazionale dei Tumori – interessano soprattutto il cavo orale, faringe o faringe/laringe, e riguardano una popolazione sempre più adulta, sopra i 65 anni. La popolazione più soggetta a rischio è quella che beve alcol e fuma, ma ultimamente si è evidenziata anche un’epidemia legata al virus del papilloma».
Soltanto un malato su due, a 5 anni dalla diagnosi, riesce a sopravvivere, ovviamente a seconda dello stadio di malattia riconosciuto e dalla tardività della diagnosi stessa.
Sintomi dei tumori testa-collo
I sintomi dipendono dalla natura, dalla sede e dall’estensione del tumore stesso. I più frequenti sono:
- tumefazione,
- dolore persistente alla gola,
- ulcere o lesioni mucose (es.leucoplachia, eritroplachia),
- disfagia,
- raucedine o cambiamenti di voce,
- dolore all’orecchio e sanguinamento.
Fattori di rischio
Il fumo, oltre a essere una delle principali cause della malattia, se continuato durante le terapie, è anche un fattore che riduce le probabilità di cura. Secondo uno studio della Saint Louis University School of Medicine, coloro che fumavano al momento della diagnosi avevano il doppio delle probabilità di morire rispetto ai non fumatori. Analogamente, chi faceva uso di alcolici aveva il 68% in più di probabilità di decesso. Inoltre, i risultati di questo studio hanno evidenziato che le persone non sposate presentavano l’87% di probabilità in più di morire.
Altri possibili fattori di rischio, oltre al consumo di tabacco anche da fiuto o da masticazione e di alcol, sono rappresentati da:
- esposizione alla luce solare e a raggi X,
- pregressi trattamenti con terapia radiante per acne, ipertricosi facciale, ingrossamento del timo o ipertrofia di tonsille e adenoidi,
- apparecchi e protesi dentali non idonei,
- scarsa igiene orale,
- alcune infezioni virali e da candida.
Tra le infezioni virali, quelle sostenute dal virus di Epstein-Barr sono correlate al cancro rinofaringeo, quelle da Papilloma virus al carcinoma squamocellulare orofaringeo.
«Il Papilloma virus ha modificato negli ultimi venti anni l’epidemiologia stessa della malattia – spiega Paolo Bossi. – Sappiamo per certo che i tumori legati al papilloma virus tenderanno a crescere per almeno altri 20-30 anni. Poi è possibile che si possano verificare gli effetti benefici della vaccinazione anti-papilloma, sempre che possa raggiungere una copertura vaccinale adeguata. Se così fosse, si potrebbe prevedere per il 2040 un calo di questo tipo di malattie. Si tratta però di scenari solo ipotizzabili, su cui possono intervenire molte variabili».
Diffusione dei tumori testa-collo in Italia
I tumori testa-collo riguardano quasi esclusivamente gli adulti; inoltre, gli uomini si ammalano 7 volte più spesso rispetto alle donne. La fascia di età più colpita è quella tra i 50 e i 70 anni, anche se i tumori delle ghiandole salivari colpiscono in età più precoce.
I dati nelle regioni del Nord Ovest italiano non sono confortevoli. Se fino ai 35 anni si calcolano pochissimi casi, intorno ai 40 la percentuale di malattia aumenta, raggiungendo circa i 10 casi su 100mila. Nell’arco di venti anni, sino quindi ai 60 anni per le donne e ai 65 per gli uomini, la percentuale cresce esponenzialmente, si decuplica, sino a raggiungere i circa 102 casi (su 100mila) per gli uomini, i 20 (su 100mila) per le donne. Superata quest’età la percentuale di rischio cresce molto meno, ma non si abbassa. Per l’esattezza, le donne sopra gli 85 arrivano a circa 30 casi su 100mila, mentre gli uomini a circa 118 casi (su 100mila). Per i maschi si sottolinea anche un leggero abbassamento di rischio tra i 70 e gli 80 anni.
Gli esperti prevedono che entro il 2030, in Italia, tra coloro che sono affetti dal tumore testa-collo, uno su due sarà over 65. Già oggi una persona su tre tra chi è colpito da questo tumore ha superato i 65 anni. Questa tendenza si mischia con l’invecchiamento della popolazione italiana, che già oggi su circa 60 milioni di persone, conta 10 milioni di anziani.
Sopravvivenza nei pazienti anziani con tumore testa-collo
Il paziente anziano con tumore del distretto testa-collo ha una sopravvivenza più ridotta rispetto al giovane. Questo potrebbe essere dovuto a:
- fragilità generale nell’età anziana,
- impossibilità a effettuare le migliori terapie,
- tendenza del medico a ridurre l’intensità delle cure per il rischio di effetti collaterali,
- maggiori complicanze
- altre patologie di cui soffre la persona anziana.
In generale nella popolazione sopra i 70 anni l’intensificazione delle cure con strategie di radioterapia massimali o con l’aggiunta di farmaci chemioterapici o biologici sembra non avere lo stesso effetto che nei giovani. D’altra parte è probabile che la vera questione stia nella selezione del paziente che può ricevere questi trattamenti e che ne possa beneficiare. Per questo è cruciale la valutazione con il gruppo multidisciplinare, che possa permettere la scelta del trattamento migliore dalla prima visita.
Diagnosi e trattamento del tumore testa-collo
«L’approccio alla diagnosi e al trattamento di questa malattia – dichiara Paolo Bossi – nei prossimi anni richiederà sempre di più una valutazione medica multidisciplinare, con una stretta collaborazione tra oncologi, radioterapisti e chirurghi, in modo da decidere la terapia in base ai trattamenti disponibili, allo stadio di malattia, alle condizioni cliniche del singolo paziente. La presenza chiave della figura del geriatra, in supporto, permetterà di disegnare e personalizzare le terapie per i pazienti anziani e di gestire meglio il recupero dopo il trattamento. Un approccio multidisciplinare garantisce, comunque, risultati migliori e più efficaci sia da un punto di vista temporale che qualitativo».
«Le terapie attualmente a disposizione contro i tumori testa-collo – afferma Paolo Bossi – sono chirurgia, radioterapia e farmaci oncologici. Attualmente le novità in oncologia riguardano l’immunoterapia».
Farmaci biologici per i tumori testa-collo
I farmaci immunoterapici hanno come primo bersaglio non la malattia, ma il potenziamento delle risposte immuni dell’individuo.
«Sono farmaci innovativi, già provati, testati e alcuni di questi anche approvati dagli enti regolatori – dichiara Lisa Licitra, direttore dell’Oncologia Medica 3 della Fondazione IRCCS Istituto Nazionale Tumori di Milano. – È stato confermato, infatti, il beneficio per il paziente che usi tali nuove molecole in alcune situazioni particolari come la malattia recidivata o metastatica. Il vero obiettivo per il futuro rimane quello di poter utilizzare questi farmaci nelle malattie curabili di usarli cioè nelle malattie localmente avanzate o addirittura in quelle allo stadio iniziale».
I farmaci approvati sono:
- nivolumab (Opdivo), approvato da EMA e in attesa di ultimi raffinamenti per capire in quale setting utilizzarlo. In Italia l’approvazione di Nivolumab è prevista entro l’estate 2018.
- pembrolizumab (Keytruda).
Nei tumori già trattati con chemioterapia, questi farmaci immunoterapici saranno considerati lo stato dell’arte, quindi sostituiranno quelli attuali.
I dati testimoniano che la sopravvivenza a un anno passa dal 16% con la terapia standard al 36% con l’uso dei farmaci biologici. Purtroppo, però, il costo previsto è alto.
Eleggibilità dei pazienti all’immunoterapia
L’ideale, secondo gli specialisti, sarebbe trovare un marcatore che definisca i pazienti più adatti a ricevere questo tipo di farmaci, in modo da selezionare meglio in futuro chi potrà beneficiarne. Purtroppo, però, non tutti i trattamenti sono applicabili all’anziano. I dati in nostro possesso sono ancora scarsi per poter trarre conclusioni definitive.
«La scienza sta evolvendo, inclusa quella geriatrica, con tutti i suoi strumenti necessari a valutare lo stato del soggetto anziano – aggiunge Lisa Licitra – L’esortazione è quella di studiare e di mettersi in contatto con tutte le altre discipline della medicina. Non bastano i chirurghi, gli oncologi, i radioterapisti: occorre aprire gli orizzonti e guardare negli orti laterali perché lì c’è molto sapere di cui abbiamo bisogno».
«La persona anziana, soprattutto se vive sola e non è autosufficiente, ha maggiori probabilità di non essere in grado di rispettare un protocollo terapeutico – spiega Lisa Licitra. – La solitudine, infatti, induce all’isolamento totale e, quindi, all’assenza di voglia di reagire alla malattia e di affrontare la terapia. Ma ci sono altri problemi che provocano un peggioramento delle condizioni di salute: una situazione economica precaria, la depressione, un quadro complesso di comorbidità. Anche il genere incide: le donne sopravvivono di più rispetto agli uomini, forse perché meno esposte ai fattori di rischio».
«Dal convegno – conclude Lisa Licitra – è emersa la necessità di offrire trattamenti personalizzati nella popolazione anziana; è chiaro ormai che l’età da sola non basta per definire le scelte di terapie differenti, in quanto le persone anziane hanno differenti riserve funzionali e capacità di reagire a una terapia. Per questo, il ricorso a strumenti, quali i test di valutazione geriatrica e lo studio della qualità di vita del paziente e delle sue preferenze rispetto alle scelte di trattamento, possono aiutare nella scelta della migliore approccio terapeutico».