Sanofi Genzyme, la divisione specialty care di Sanofi, comunica nuovi dati su alemtuzumab per la sclerosi multipla recidivante-remittente.

I dati a 8 anni su alemtuzumab per la sclerosi multipla confermano efficacia mantenuta in termini di ricadute, disabilità, atrofia cerebrale e attività delle lesioni
I dati a 8 anni su alemtuzumab per la sclerosi multipla confermano efficacia mantenuta in termini di ricadute, disabilità, atrofia cerebrale e attività delle lesioni misurata dalla risonanza magnetica

In base ai dati di estensione di due studi clinici di Fase III, i pazienti che hanno ricevuto alemtuzumab hanno continuato a mantenere gli effetti del trattamento sull’attività della malattia per otto anni.

I risultati sono stati presentati nel corso del 34° Congresso del Comitato europeo per il trattamento e la ricerca nella sclerosi multipla (ECTRIMS) a Berlino.

Alemtuzumab

Alemtuzumab è un anticorpo monoclonale umanizzato prodotto mediante DNA ricombinante avente come bersaglio la glicoproteina CD52 di superficie da 21-28 kD. Appartiene alla classe IgG1 kappa con una struttura umana variabile, regioni costanti e regioni che determinano la complementarietà ottenute da un anticorpo monoclonale di origine murina (ratto). Alemtuzumab si lega a CD52, un antigene superficiale delle cellule presente in alte concentrazioni sui linfociti T (CD3+) e B (CD19+) e in concentrazioni più basse sulle cellule natural killer (NK), monociti e macrofagi. CD52 è rilevabile in basse concentrazioni (o non è rilevabile) su neutrofili, cellule del plasma o cellule del midollo osseo.

Alemtuzumab agisce mediante citolisi delle cellule anticorpo-dipendente nonché lisi mediata da complemento a seguito del legame fra la superficie della cellula e i linfociti T e B.

Il meccanismo mediante il quale alemtuzumab esercita l’effetto terapeutico sulla SM non è ancora completamente chiaro, ma la ricerca indica che con la deplezione e il ripopolamento dei linfociti si hanno effetti immunomodulatori. Dopo il trattamento, infatti:

  • variano il numero, le percentuali e le proprietà di alcuni sottogruppi di linfociti,
  • aumenta la presenza di sottogruppi di cellule T regolatorie,
  • aumenta la presenza di linfociti T e B di memoria.

Si hanno inoltre effetti transitori sui componenti dell’immunità innata (es. neutrofili, macrofagi, cellule NK).

La diminuzione della concentrazione di cellule B e T circolanti, in seguito all’impiego di alemtuzumab e il conseguente ripopolamento, possono diminuire il potenziale di recidive, senza ritardare sostanzialmente la progressione della malattia.

L’uso di alemtuzumab è supportato da un ampio ed esaustivo programma di sviluppo clinico che ha coinvolto circa 1.500 pazienti in tutto il mondo e 11.000 anni-paziente di follow-up. Più di 21.000 pazienti sono stati trattati con alemtuzumab negli oltre 70 Paesi dove è commercializzato.

Sono attualmente in valutazione dalle autorità regolatorie in diverse parti del mondo altre richieste di autorizzazione all’immissione in commercio.

Sanofi Genzyme, divisione specialty care di Sanofi, detiene i diritti a livello mondiale di alemtuzumab e ha la responsabilità del suo sviluppo e commercializzazione per il trattamento della sclerosi multipla. Bayer Healthcare riceve un corrispettivo in base ai ricavi delle vendite in tutto il mondo.

Studi di fase III su alemtuzumab per la sclerosi multipla

Gli studi di fase III su alemtuzumab sono studi randomizzati, in aperto, con valutatore in cieco della durata di due anni degli  studi core che hanno confrontato il trattamento di alemtuzumab vs interferone beta-1a sottocutaneo ad alte dosi in pazienti con sclerosi multipla recidivante remittente (RRMS) con malattia attiva, non trattati in precedenza (CARE-MS I) o che hanno risposto in modo non adeguato a un’altra terapia (CARE-MS II).

Risultati a otto anni su alemtuzumab per la sclerosi multipla

Tra i pazienti trattati con alemtuzumab negli studi a due anni, il 77% (n = 290/376) dello studio CARE-MS I e il 69% (n = 300/435) dello studio CARE-MS II hanno completato il follow-up a lungo termine fino all’ottavo anno.

I risultati principali sono di seguito riportati:

  • Dopo aver ricevuto i primi due cicli di alemtuzumab, al momento dello studio e 12 mesi dopo, il 56% (n = 197) CARE-MS I e il 44% (n = 172) CARE-MS II dei pazienti trattati con alemtuzumab entrati nell’estensione, non hanno ricevuto ulteriori trattamenti fino all’ottavo anno di follow up. I pazienti potevano ricevere sia il ritrattamento con alemtuzumab sia il trattamento con un altro DMT.
  • I tassi di recidive annualizzati osservati in pazienti trattati con alemtuzumab nel  CARE-MS I (0,18) e nel CARE-MS II (0,26) per 2 anni (entrambi p <0,0001 rispetto al trattamento con SC IFNB-1a), si sono mantenuti bassi durante l’estensione ( 0,14 e 0,18 all’ottavo anno, rispettivamente).
  • All’ottavo anno, il 71% (n = 252) e il 64% (n = 260) dei pazienti trattati con alemtuzumab nel CARE-MS I e nel CARE-MS II, rispettivamente, non hanno mostrato un peggioramento della disabilità; il 41% (n = 84) e 47 % (n = 135), rispettivamente, ha invece avuto un miglioramento confermato della disabilità.
  • Nell’ottavo anno, per i pazienti che avevano ricevuto alemtuzumab in CARE-MS I si è osservata una riduzione della perdita di volume cerebrale. Negli anni dal terzo all’ottavo, la perdita annuale del volume cerebrale era -0,22% o meno, e -0,19% o meno, rispettivamente, inferiore a quella osservata nei pazienti trattati con alemtuzumab durante gli studi core di due anni (CARE- MS I: -0,59% nel primo anno, -0,25% nel secondo anno, CARE-MS II: -0,48% nel primo anno, -0,22% nel secondo anno).
  • Dal secondo all’ottavo anno, la maggior parte dei pazienti non presentava evidenza di attività di malattia alla risonanza magnetica (MRI) (66-77% in CARE-MS I e 66-76% in CARE-MS II, negli anni 2 – 8, rispettivamente).
  • Complessivamente, l’incidenza di eventi avversi durante l’estensione fino all’ottavo anno si è ridotta rispetto agli studi core (CARE-MS I: 50,7% nell’anno 8 rispetto al 93,6% nell’anno uno e 84% nel secondo anno CARE-MS II: 52,6% nell’anno 8 rispetto al 94,7% nell’anno 1 e 92,6% nel secondo anno). La frequenza degli eventi avversi della tiroide era più alta al terzo anno (CARE-MS I: 15%; CARE-MS II: 17%) e generalmente si riduceva negli anni successivi .

«I dati dello studio di estensione presentati all’ECTRIMS quest’anno hanno confermato l’efficacia di alemtuzumab con esiti clinici e MRI, compresa la riduzione della perdita di volume cerebrale, nell’arco di otto anni – afferma Barry Singer, MD, direttore dell’MS Center for Innovations in Care presso il Baptist Medicial Center, St. Louis, Missouri. – Dopo i primi due cicli di alemtuzumab, circa la metà dei pazienti non ha ricevuto ulteriori trattamenti per otto anni. Quasi due terzi dei pazienti non hanno manifestato un peggioramento della disabilità fino all’ottavo anno, fornendo importanti informazioni sull’efficacia di alemtuzumab nel tempo».

Negli studi clinici, gli eventi avversi associati ad alemtuzumab sono stati: reazioni all’infusione, patologie autoimmuni (come tiroiditi, nefropatie), infezioni e polmoniti. Sono stati istituiti programmi di gestione del rischio (Risk Management Plan) che includono informazioni per un adeguato monitoraggio per rilevare e gestione in tempi rapidi i principali rischi identificati e quelli potenziali.

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