In un lavoro pubblicato su Neurobiology of Diseaese, i gruppi di Alfredo Brusco (Dipartimento di Scienze Mediche) e di Filippo Tempia (Dipartimento di Neuroscienze Rita-Levi Montalcini e NICO – Neuroscience Institute Cavalieri Ottolenghi) dell’Università di Torino hanno chiarito il meccanismo attraverso il quale insorge e si sviluppa una forma di atassia ereditaria chiamata SCA28.
Nel 2006 gli stessi gruppi avevano contribuito alla scoperta del gene AFG3L2 che, mutato, causa la patologia.

Grazie a tecniche di biologia molecolare, i ricercatori hanno introdotto nel genoma del topo una variante del gene AFG3L2 presente nei pazienti, generando così un modello murino di atassia SCA28. Come nell’uomo, i topolini hanno sviluppato una forma di malattia lieve, visibile soltanto nell’età adulta e lentamente progressiva.
«Lo studio di questo modello creato in laboratorio ci ha permesso di scoprire che la malattia è causata da un difetto nella funzione dei mitocondri, le cosiddette centrali energetiche della cellula» – spiega Alfredo Brusco del Dipartimento di Scienze Mediche dell’Università di Torino.
«Nella SCA28 la proteina AFG3L2 non funziona correttamente, e i mitocondri assumono una forma anomala perdendo progressivamente la capacità di sintetizzare ATP – continua Alfredo Brusco. – La causa di questo malfunzionamento sta nel ruolo di AFG3L2, che ha il compito di ripulire i mitocondri dalle proteine anomale o degradate. Nella SCA28 i mitocondri accumulano questi prodotti di scarto senza riuscire a eliminarli: a lungo termine funzionano sempre peggio provocando un danno cellulare».
«Questo meccanismo, noto come “proteostasi mitocondriale”, è importante nell’invecchiamento ed è coinvolto in altre patologie neurodegenerative più conosciute, come il morbo di Alzheimer e il morbo di Parkinson – aggiunge Filippo Tempia del Dipartimento di Neuroscienze e NICO Neuroscience Institute Cavalieri Ottolenghi dell’Università di Torino. – I risultati sui topi ci hanno permesso di individuare alcuni farmaci in grado di inibire la sintesi di proteine mitocondriali, e che potrebbero essere in grado di invertire il processo patologico e rallentare o impedire la progressione della malattia».
«Questo lavoro aumenta la nostra comprensione dei meccanismi responsabili delle atassie e porterà a nuove scoperte sulla funzione del cervelletto. Lo studio – conclude Alfredo Brusco – apre nuove possibilità da esplorare nel trattamento di questa e altre patologie neurologiche».
La ricerca, iniziata oltre 10 anni fa, è stata condotta grazie al supporto della Fondazione Telethon ed è frutto della collaborazione di numerosi ricercatori di centri nazionali e internazionali (Università di Torino, Milano e Bologna, Istituto San Raffaele di Milano e Istituto di Biotecnologie dell’Università di Helsinki).
È stata pubblicata su Neurobiology of Disease, 30 October 2018 – Mice harbouring a SCA28 patient mutation in AFG3L2 develop late-onset ataxia associated with enhanced mitochondrial proteotoxicity.
Le atassie
I nostri movimenti quotidiani prevedono una coordinazione inconscia, operata dal cervelletto, la parte più antica del cervello. La perdita di questa capacità, chiamata atassia, è un sintomo comune a molte malattie neurologiche. Una parte delle atassie è ereditaria, ha cioè una causa genetica: un singolo gene, tra i 20.000 che compongono il nostro genoma, è mutato e non riesce a sintetizzare la proteina corrispondente o ne sintetizza una malfunzionante. Questo provoca nei pazienti una progressiva e irreversibile degenerazione del cervelletto, ma le ragioni per cui questo fenomeno avviene sono spesso ignote.