Una recente sentenza della Corte Suprema del Regno Unito ridisegna i confini del concetto di ovvietà rispetto allo stato dell’arte, uno dei principi cardine per poter vantare l’innovatività di una rivendicazione brevettuale. Anche le invenzioni realizzate tramite l’applicazione di protocolli di routine sono inventive e brevettabili, ha stabilito la Corte.

L’oggetto del contendere

Il caso passato in giudicato è quello di Actavis Group vs Icos Corporation ([2019] UKSC 15), incentrato su un particolare dosaggio di tadalafil (Cialis), un farmaco per il trattamento della disfunzione erettile. Il brevetto al centro del giudizio è EP 1173181, depositato da Lilly Icos ltd nel 2000 e concesso nel 2003, che rivendicava il dosaggio di 5 mg/die considerato migliorativo in quanto in grado di perseguire una somministrazione cronica del farmaco, e non on-demand come per il sildenafil. In ciò, il brevetto oggetto della contestazione era stato considerato superare la prior art rappresentata dal brevetto EP 0839040 di Icos, che rivendicava dosaggi giornalieri di tadalafil nel range 0.5- 800 mg/die.

L’obiettivo dei ricercatori esperti dell’arte, ragionano ora i giudici britannici dell’ultimo grado di giudizio, sarebbe stato quello di verificare il dosaggio più appropriato, mantenendolo al livello minimo possibile. Un obiettivo che sarebbe il risultato di studi pre-clinici e clinici con procedure di routine, fino all’identificazione della relazione dose-risposta in fase clinica IIb. La sequenza utilizzata per condurre i test non sarebbe stata frutto del “senno di poi”, spiega la sentenza, ma sarebbe piuttosto basata sull’identificazione di un plateau terapeutico che ha portato i ricercatori a testare dosaggi minori, fino a identificare il regime terapeutico al centro del brevetto.

Dieci considerazioni alla base della sentenza

La sentenza della Corte Suprema elenca dieci diversi fattori fattuali che supporterebbero la decisione di rigettare il ricorso, a partire dalla necessità di considerare se sia “ovvio tentare” d’imbarcarsi in nuove ricerche alla data di priorità, ove ci siano ragionevoli prospettive di successo. Un punto molto importante della sentenza riguarda la natura di routine della ricerca condotta e delle pratiche utilizzate per arrivare all’invenzione, oltre che l’onere e i costi della ricerca. Per i giudici inglesi sono rilevanti anche la necessità e la natura dei giudizi di valore dati dagli esperti nel corso del programma di sviluppo. Anche la possibilità di seguire percorsi diversi e alternativi per raggiungere il risultato sarebbe un indice della non ovvietà dei claim, come pure le motivazioni che hanno spinto gli esperti ad avviare una certa ricerca, che secondo i giudici non sarebbero riconducibili al mero piano tecnico. Altrettanto rilevante sarebbe il fatto di essere giunti a risultati inattesi. Secondo la Suprema Corte, poi, il giudizio di ovvietà non dovrebbe mai essere condotto in base al “senno di poi”, che comprende la conoscenza dell’invenzione, ma è piuttosto necessario considerare se essa presenti caratteristiche che apportino alla rivendicazione un reale beneficio rispetto all’ovvietà che potrebbe essere pertinente in riferimento ad altri scopi. Infine va considerata la natura dell’invenzione.

Il commento della UK BioIndustry Association

L’associazione britannica dell’industria biotech (BIA) si era costituita parte in giudizio ed ha accolto in modo positivo la sentenza, in quanto chiarisce principi di brevettabilità aventi un ampio impatto sul settore biotech. La richiesta avanza da BIA alla Corte era stata quella di giungere ad una decisione che non avesse conseguenze negative sui brevetti nati da invenzioni avvenute durate la fase pre-clinica e clinica dello sviluppo. “La ricerca e sviluppo di nuovi medicinali richiede investimenti significativi da parte delle aziende, ed è essenziale che esse possano proteggere i frutti dei loro investimenti attraverso il sistema brevettuale. Ciò incentiva anche ulteriori investimenti nella ricerca medica, in un ciclo virtuoso che apporta trattamenti migliorativi ai pazienti“, ha dichiarato il direttore Policy and Public Affairs di BIA, Martin Turner, a commento della sentenza.

Verso una nuova visione dell’innovatività inventiva

La questione dell’ovvietà deve essere considerata alla luce dei fatti specifici relativi al singolo caso, spiegano le motivazioni della sentenza, superando sia l’applicazione meccanicistica sia dell’approccio “problem-and-solution” utilizzato dall’Ufficio europeo dei brevetti sia la cosiddetta Windsurfing/Pozzoli structure spesso adottata nei tribunali britannici.
Il superamento di quanto già noto allo stato dell’arte è da sempre alla base della possibilità di concessione di un nuovo brevetto, e implica che l’oggetto dell’invenzione non sia stato descritto con alcun mezzo, in forma scritta od orale, prima della data di priorità del brevetto. L’invenzione è quindi considerata innovativa se contiene elementi “non ovvi” per gli esperti dello stato dell’arte fino a tale data.

Il problema della ovvietà o meno degli step inventivi va ad impattare anche sui nuovi modelli d’innovazione farmaceutica sempre più basati sugli algoritmi di deep learning: chi è in questi casi l’esperto dell’arte, l’inventore il cui nome compare sul brevetto o il computer? L’affermarsi di tali modelli AI-based farà alzare sempre di più l’asticella della brevettabilità, ragiona Ryan Abbott dalle pagine della UCLA Law Review, fino a rendere potenzialmente ovvie tutte le attività inventive e a richiedere lo sviluppo di nuovi requisiti e sistemi di protezione della proprietà intellettuale  (qui il link all’articolo completo su IP Watch).
Un’evenienza che potrebbe rappresentare la fine dell’attuale era dei brevetti, anche se Abbott fa notare che l’Ufficio brevetti statunitense potrebbe aver iniziato a concedere brevetti per invenzioni generate “autonomamente” dagli algoritmi già fin dal 1998. Gli uffici brevetti, suggerisce quindi l’esperto, dovrebbero introdurre nuovi requisiti per meglio definire il contributo all’invenzione dato dalle macchine. E potrebbe comunque risultare molto difficile per i giudici chiamati a dirimere una causa brevettuale determinare cosa una macchina possa avere considerato “ovvio” e cosa no.