Sono giorni cruciali di attesa per l’intero comparto farmaceutico europeo, che vede l’Italia in prima posizione per quanto riguarda il settore della produzione: “Make it in Italy again!” è stata l’esortazione finale uscita dal confronto tra le diverse voci che si sono confrontate ieri a Bologna nel corso della sessione di Pharmintech dedicata a “Produzione farmaceutica, nuove sfide ed opportunità”, organizzata in collaborazione con NCF – Tecniche Nuove Healthcare.

I partecipanti alla tavola rotonda. Da sin.: Massimiliano Del Frate (Assogenerici), Sergio Napolitano (Medicines for Europe), Teresa Minero (Ispe), Paolo Ruffolo (Aschimfarma) e Piero Iamartino (Afi)

In arrivo l’approvazione del regolamento SPC

La tanto attesa approvazione finale del nuovo regolamento europeo sulla deroga ai certificati di protezione complementare (“SPC manufacturing waiver”) dovrebbe andare in votazione da parte del Parlamento europeo la prossima settimana, tra il 16 e il 17 aprile, ha anticipato il rappresentante di Medicines for Europe, Sergio Napolitano. È stata proprio l’associazione europea dei produttori di medicinali generici e biosimilari a coniare lo slogan “Make it in Europe again!“, slogan che è subito stato fatto proprio da tutti i partecipanti alla tavola rotonda moderata dalla presidente di Ispe, Teresa Minero, e trasportato sul piano italiano a sottolineare una volta di più l’ulteriore spinta che potrebbe derivare dall’entrata in vigore del nuovo regolamento sia per i produttori di principi attivi farmaceutici (API) che per quelli di generici e per le aziende del custom development & manufacturing.

Dopo l’approvazione da parte del Parlamento, il regolamento dovrà passare ancora il vaglio finale del Consiglio europeo, e dovrebbe entrare in vigore verso luglio 2019, per assumere pieni effetti solo alla fine del periodo transitorio di tre anni, quindi verso metà 2022. “L’SPC manufacturing waiver rappresenta il primo caso in Europa in cui si è riaperta una legilazione sulla proprietà intellettuale non per aumentarla o diminuirla, ma piuttosto al fine di modificarla a favore dell’industria europea”, ha sottolineato Sergio Napolitano.

L’industria italiana è pronta ad accogliere la sfida: “In Europa siamo i migliori, molto davanti alla Spagna che è in seconda posizione”, ha sottolineato il presidente di Aschimfarma, Paolo Ruppolo. Non mancano però le criticità, in quanto il testo finale del regolamento sull’SPC uscito lo scorso febbraio dai negoziati del Trilogo (ne avevamo parlato qui) prevede che le attività finalizzate alla produzione delle versioni generiche dei medicinali il cui certificato di protezione è in scadenza possano iniziare solo 6 mesi prima della scadenza dello stesso. “È un obiettivo che molto probabilmente non sarà perseguibile per buona parte dei produttori. Ma senza SPC, d’altra parte, al day-1 sarebbero entrate sui mercati europei produzioni provenienti da paesi extra-Eu, una situazione chiaramente inaccettabile sul piano della competitività”, ha sottolineato il rappresentante di Assogenerici, Massimiliano Del Frate. Anche la procedura di notifica al titolare del prodotto originator e all’Ufficio europeo dei brevetti lascia ancora molte perplessità agli addetti ai lavori che hanno preso parte al dibattito. A salvaguardia dell’industria genericista, tali disposizioni potrebbero comunque venire riviste a seguito della periodo di osservazione di cinque anni dall’entrata in vigore delle nuove disposizioni (quindi nel 2027) introdotto nel testo del regolamento proprio per meglio valutarne l’impatto effettivo, ha sottolineato il rappresentante di Medicines for Europe. È quindi importante che tutti lavorino fin da adesso per farsi trovare pronti in vista di quest’obiettivo.

Mantenere l’eccellenza nei principi attivi farmaceutici

Alta tecnologia, qualità, creatività e un’organizzazione flessibile sono da sempre le caratteristiche che caratterizzano il comparto italiano dei produttori di principi attivi farmaceutici (API). “Le multinazionali del farmaco negli ultimi anni hanno confermato il loro orientamento ad affidare incarichi di custom a imprese europee, e in particolare italiane, a seguito di esperienze negative riscontrate con imprese dell’area asiatica”, ha sottolineato il presidente di Aschimfarma, che ha ricordato anche l’elevato numero di medicinali sperimentali a base di piccole molecole approvati o in fase di sviluppo nel corso del 2018, anno spesso descritto come una “golden age” dell’innovazione in campo farmaceutico in quanto ha consentito a molte aziende di aumentare il business delle produzioni conto terzi e dello sviluppo “custom” dei prodotti.
Il settore italiano degli API include un’ottantina di aziende – in prevalenza piccole e medie imprese – e 109 siti produttivi, per oltre 10 mila addetti impiegati. Le produzioni italiane (€ 3,7 mld, stime per il 2018 di Aschimfarma) contano per circa il 9% del mercato globale (€ 43 mld) e sono destinate per l’85% all’export; il 3% circa del fatturato viene investito annualmente in attività di ricerca e sviluppo.
L’innovazione di processo e l’elevato livello delle tecnologie utilizzate, unite alla cura dei dettagli regolatori, rimangono tra i principali punti di forza del comparto italiano degli active pharmaceutical ingredients, che rimane fortemente centrato sulla scienza a tutela della salute e in grado di attrarre investimenti.

Tra le criticità segnalate da Russolo, il reperimento degli starting materials, la cui produzione si è ormai completamente spostata in Cina. Il locale governo sta alzando molte più barriere sul piano della tutela ambientale rispetto al passato, con conseguente chiusura di molti impianti che producono fine chemicals. Il rischio conseguente paventato da Russolo è che si possa assistere alla scomparsa di alcuni raw materials dal mercato. Un’altra criticità segnalata dal presidente di Aschimfarma riguarda l’opportunità che anche in Italia si giunga ad estendere alle fasi II il regime di notifica per gli API sperimentali, in modo da poter attrarre le sperimentazioni che ad oggi sono appannaggio di altri paesi. “Per mantenere il primato è necessario accrescere la nostra visibilità e reputazione mediante attività di educazione e informazione in collaborazione con altre associazioni scientifiche e istituti di ricerca universitari; è anche importante partecipare attivamente al dibattito europeo attraverso le associazioni di categoria”, è stata l’esortazione conclusiva del presidente di Aschimfarma.

Le sfide produttive del contract manufacturing

Le aziende italiane del farmaco sono chiamate a mettere in atto continue sfide produttive sul fronte dell’innovazione per rimanere competitive sugli scenari globali. Gli esperti di Ipse, Alessandro Fava e Gianni Gottardo, hanno presentato cil case study d FIS- Fabbrica Italiana Sintetici, una CDMO con decine d’anni di esperienza alle spalle. “Proprio per mantenere il proprio parco clienti, l’azienda ha analizzato e cercato di assorbire nel tempo le nuove richieste del mercato, sia in termini di tecnologie che di metodologie innovative”, ha sottolineato Gianni Gottardo.
Le sfide da affrontare per cogliere le opportunità di innovazione e integrarle nel proprio sistema produttivo richiedono di considerare anche le partnership con i propri fornitori (che devono essere stimolati a produrre a loro volta innovazione) e, non da ultimo, la disponibilità al cambiamento delle proprie risorse interne. “Capire cosa vogliono i mercati, in particolare per quanto riguarda la capacità di industrializzare un processo di sintesi riducendo al minimo i rischi e i tempi è un elemento importante“, ha spiegato Alessandro Fava.
Gli esperti hanno anche segnalato come l’industria farmaceutica non sia sempre all’avanguardia in tema di gestione del ciclo di vita del prodotto, un argomento il cui approccio risulta spesso complicato ma che rimane legato in modo imprescindibile all’innovazione. “La gestione del ciclo di vita degli API, che dura otto-dieci anni, è l’unica cosa che non è cambiata con la crescente apertura alle nuove tecnologie“, ha sottolineato Gottardo.
Il settore farmaceutico per il momento rimane ancora in parte escluso dalle opportunità offerte dai nuovi trend tecnologia (IoT, big data, intelligenza artificiale), e la loro migliore integrazione dovrebbe passare anche dalla disponibilità di standard di settore che permettano di uniformare la descrizione dei prodotti e di meglio gestire la complessità delle informazioni prodotte lungo l’intero arco di vita di un medicinale, ha sottolineato Gianni Gottardo.

Le criticità della tracciabilità dei farmaci

Alla tracciabilità dei farmaci lungo l’intera supply chain è stato dedicato l’intervento di Piero Iamartino, consigliere dell’Associazione Farmaceutici Industria (AFI), che ha posto l’accento sulla complessità derivante dal dover documentare tutti i percorsi compiuti da API ed eccipienti, a partire dagli intermedi critici per la produzione del principio attivo.
La responsabilità finale è del fabbricante del medicinale finito, che è chiamato a discutere e concordare i requisiti con i propri fornitori. Anche il produttore dell’API è tenuto a mettere in atto un sistema di valutazione dei fornitori di materie prime ed intermedi e a documentare l’intera catena della distribuzione. Gli eccipienti, in particolare, sono considerati materie prime farmaceutiche a tutti gli effetti e vanno sottoposti a controlli basati su un’analisi di rischio secondo le linee guida sulle GMP per gli eccipienti pubblicate nel 2015. La rispondenza alle GMP e alle GDP da parte dei fornitori deve essere verificata tramite audit da parte del fabbricante del prodotto finito (che li può affidare a enti terzi). “La QP Declaration deve includere anche un diagramma che specifichi la catena distributiva e dei siti produttivi, anche per quanto riguarda gli intermedi e gli altri starting materials“, ha spiegato Iamartino nel suo intervento.

Tra i principali rischi per la tracciabilità, l’esperto di AFI ha segnalato la possibilità che alcuni siti produttivi non corrispondano a quelli dichiarati, o vengano affidati subappalti di fasi produttive non dichiarati e/o autorizzati o non rispondenti alle GMP. Per il futuro, Piero Iamartino ha sottolineato l’opportunità di portare il sistema alla completa digitalizzazione, implementando anche nuove tecnologie come la blockchain, che dovrebbero permettere di migliorare il track-and-trance lungo l’intera catena distributiva.