Al congresso della Società Italiana di Prevenzione Cardio-vascolare si è parlato di strategie terapeutiche innovative per l’ipertensione arteriosa. Questa condizione, infatti, è uno dei più importanti fattori di rischio cardiovascolare e rappresenta un’emergenza mondiale, oltre che italiana, per l’elevata prevalenza (un italiano su 4 è iperteso) e per la scarsa percentuale di ipertesi che raggiungono i target di trattamento (in Italia meno del 40%).

Al congresso della Società Italiana di Prevenzione Cardio-vascolare si è parlato di strategie terapeutiche innovative per l'ipertensione arteriosa
Al congresso della Società Italiana di Prevenzione Cardio-vascolare tante relazioni sono state dedicate alle più recenti strategie terapeutiche per combattere l’ipertensione

L’ipertensione arteriosa è uno dei più importanti fattori di rischio cardiovascolari; i farmaci a disposizione per trattarla sono molti e ben collaudati, ma i pazienti che raggiungono l’obiettivo dei 130 mmHg di pressione sistolica sono ancora troppo pochi. Le nuove linee guida europee e americane sull’ipertensione suggeriscono dunque nuove strategie di trattamento per colmare questo gap: associazione di due farmaci in un’unica pillola da subito, per raggiungere il target di trattamento entro tre mesi.

In Italia, studi epidemiologici hanno rivelato che soltanto il 37% degli ipertesi è a target, cioè presenta dei livelli di pressione ottimale. È affetto da ipertensione circa un quarto degli adulti e oltre il 70% dei soggetti di età superiore ai 65 anni, stando ai dati epidemiologici raccolti dalla Medicina Generale.

Le cause del mancato controllo dell’ipertensione e strategie per raggiungere gli obiettivi terapeutici

Il fallimento terapeutico e l’appuntamento mancato con la prevenzione cardiovascolare che può avere tante spiegazioni, dalla mancata aderenza alla terapia (il numero dei discontinuers, cioè degli ipertesi che abbandonano il trattamento supera il 50% del totale secondo recenti indagini condotte in Italia), alla necessità di rivedere strategie e obiettivi terapeutici.

«A questi aspetti – ricorda Massimo Volpe, presidente della Società Italiana per la Prevenzione Cardiovascolare e ordinario di Cardiologia presso l’Università La Sapienza, Ospedale Sant’Andrea di Roma – ha dato grande rilevanza l’ultima edizione delle linee guida europee, siglata congiuntamente dalla Società Europea dell’Ipertensione (ESH, chairman Giuseppe Mancia) e dalla Società Europea di Cardiologia (ESC, chairman Bryan Williams)».

I nuovi concetti che emergono dall’ultima edizione delle linee guida europee sull’ipertensione relativi alle nuove strategie da adottare sono:

  • l’impiego preferenziale delle associazioni di due farmaci nella stessa pillola (associazioni precostituite) sin dall’inizio del trattamento,
  • il tentativo di raggiungere gli obiettivi terapeutici nel minor tempo possibile, idealmente entro i primi tre mesi.

«La tradizionale terapia “a scalini” dell’ipertensione arteriosa non consente di raggiungere il traguardo terapeutico dei 130 mmHg di sistolica entro 3 mesi – osserva Massimo Volpe. – Per questo le nuove linee guida suggeriscono di iniziare subito il trattamento con un’associazione di due farmaci (tipicamente un ACE inibitore o un sartano insieme a un calcio antagonista o a un diuretico), preferenzialmente in associazione precostituita, cioè in un’unica pillola, per favorire la compliance del paziente. La monoterapia andrà riservata ai pazienti con ipertensione di grado 1, agli anziani e ai pazienti più fragili, che non rappresentano più del 20-25% degli ipertesi».

I vantaggi del raggiungimento precoce dell’obiettivo terapeutico nell’ipertensione

Gli studi clinici hanno dimostrato che prima si raggiunge l’obiettivo terapeutico, maggiore e più sostenuto sarà il vantaggio cardiovascolare.

«Nei cosiddetti immediate responders si ottiene infatti una maggiore riduzione degli eventi cardiaci fatali e non fatali, dei casi di ictus e di infarto, dei ricoveri per scompenso cardiaco e della mortalità per tutte le cause – spiega Volpe. – Seguendo i criteri della rapida riduzione della pressione arteriosa (raggiungere il target di sistolica entro tre mesi) e di utilizzare da subito le associazioni di 2 farmaci all’interno di una singola pillola, probabilmente la nostra generazione di medici riuscirà finalmente a vedere ridotta in maniera importante la percentuale di ipertesi non a target».

Relazione tra ipertensione e rischio cardiovascolare

«L’ipertensione arteriosa rappresenta ancora oggi il principale fattore di rischio responsabile di eventi fatali a livello mondiale – afferma Giuliano Tocci, responsabile del Centro ipertensione dell’Ospedale Sant’Andrea e professore associato di Cardiologia, Università ‘La Sapienza’ di Roma. – Le principali malattie cardiovascolari, tra cui infarto, ictus, insufficienza cardiaca, sono molto spesso riconducibili a un aumento della pressione arteriosa, che si è protratto per anni, spesso in modo del tutto asintomatico, determinando un aumento del rischio di eventi cardiovascolari fatali».

Nonostante sia nota da tempo la stretta relazione esistente tra ipertensione e rischio di eventi cardiovascolari fatali, il controllo dell’ipertensione arteriosa in Italia e nel mondo è ancora largamente insoddisfacente.

Linee guida americane ed europee sull’ipertensione a confronto

«Sulla base di tali considerazioni e in virtù dell’enorme impatto socio-economico e sanitario a livello della popolazione generale appare giustificato il grande interesse rivolto alle nuove edizioni delle linee guida internazionali per la diagnosi e la terapia dell’ipertensione arteriosa – prosegue Tocci. – Le nuove linee guida americane ed europee differiscono sotto vari punti di vista: i criteri diagnostici, gli strumenti per la stima del rischio cardiovascolare, la scelta dei farmaci e l’intensità del trattamento farmacologico. Entrambi le edizioni delle linee guida, invece, concordano nel sostenere che l’ipertensione arteriosa è una condizione a elevato impatto sociale, che andrebbe prevenuta soprattutto attraverso un corretto stile di vita e l’eliminazione delle abitudini sbagliate (fumo, sedentarietà, dieta con eccessivo consumo di grassi e calorie)».

«Altro punto di convergenza tra linee guida europee e americane è il fatto che, una volta che la malattia si è resa manifesta, il controllo dei valori pressori andrebbe raggiunto il più rapidamente possibile e mantenuto entro i valori considerati normali, al fine di ridurre il rischio di complicanze cardiovascolari, cerebro-vascolari e renali. A tal fine l’uso delle terapie di combinazione precostituite si è dimostrato un elemento molto utile nella gestione clinica quotidiana dell’ipertensione arteriosa – conclude Tocci – soprattutto in virtù del fatto che tali terapie hanno dimostrato di garantire una migliore aderenza alla terapia, particolarmente nel paziente che assume diversi farmaci o strategie terapeutiche complesse (paziente politrattato)».

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