La beta talassemia (BT), chiamata anche anemia mediterranea o anemia eritoblastica, è una malattia ereditaria a trasmissione autosomica recessiva dovuta a mutazioni del gene che codifica per la beta globina, una componente dell’emoglobina.

La beta talassemia è una malattia ereditaria a trasmissione autosomica recessiva dovuta a mutazioni che, quando si presentano in omozigosi, costringono i pazienti a continue trasfusioni
La beta talassemia è una malattia ereditaria a trasmissione autosomica recessiva dovuta a mutazioni che, quando si presentano in omozigosi, costringono i pazienti a continue trasfusioni

Sono state identificate circa 200 mutazioni (βo o β+) che determinano la carenza (β+) o l’assenza (βo) di sintesi della beta globina. La beta globina concorre alla formazione dell’emoglobina (Hb) adulta che quindi, nel caso della beta talassemia, risulta carente. Ne può derivare anemia microcitica più o meno grave a seconda della mutazione e degli alleli portatori.

Tipi di beta talassemia

Se soltanto uno degli alleli beta globina porta mutazione (forma eterozigote β+/β o βo/β), si ha la talassemia minore (BT-minore) che solitamente è asintomatica.

Se entrambi gli alleli sono mutati (forma omozigote βoo), si ha la talassemia maggiore (BT-maggiore) chiamata anche anemia di Cooley. Questa forma esordisce di solito intorno al sesto mese di vita e, se non trattata, si associa a grave anemia microcitica e ipocromica, splenomegalia e deformità ossee.

Si riconosce inoltre la talassemia intermedia (BTI) che comprende numerose forme eterozigoti composte e alcune forme omozigoti (β++ o βo+) e si manifesta con sintomatologia variabile tra la talassemia minor e la talassemia major. Occasionalmente, può richiedere trasfusioni.

Trattamento della beta talassemia

La talassemia trasfusione-dipendente (TDT), oltre alle trasfusioni, richiede la somministrazioni di ferrochelanti. Nella pratica clinica sono autorizzati tre chelanti del ferro:

  • deferoxamina (DFO),
  • deferiprone (DFP),
  • deferasirox (DFX).

È diffuso anche l’uso “off-label” di deferiprone in combinazione o in modalità alternata sequenziale con deferoxamina. Diversi dati pubblicati, infatti, supportano questo uso poiché hanno evidenziato l’azione sinergica di questi due principi, specialmente sull’accumulo marziale cardiaco.

L’unico trattamento curativo per la beta talassemia, però, è il trapianto di cellule staminali emopoietiche nei bambini con donatori familiari HLA-identici.

Indagine sull’impatto della β-talassemia trasfusione-dipendente (TDT) sui pazienti

Alcuni lo paragonano a uno “tsunami”, altri a una “tempesta” o al “mare mosso”, alcuni ne parlano come di un “debito che, nonostante gli sforzi, non potrà mai essere ripagato”, altri lo vivono come “un buco nero che divora la forza fisica e mentale se ci si lascia andare”, per alcuni è come “un gemello siamese cui si è indissolubilmente legati” mentre per altri è “come un interruttore che spesso costringe a rallentare il proprio percorso di vita”.

Queste sono alcune delle immagini che più di 131 pazienti affetti da beta talassemia trasfusione-dipendente hanno utilizzato per descrivere la loro condizione di vita con la malattia, durante un’indagine sui pazienti su scala nazionale realizzata per la Giornata Mondiale della Talassemia grazie all’aiuto di United Onlus – Federazione Nazionale delle Associazioni, Talassemia, Drepanocitosi e Anemie Rare e al supporto di bluebird bio, azienda biotech specializzata nella ricerca e sviluppo di terapie cellulari e genetica sperimentale per la cura di gravi malattie genetiche e alcune forme di cancro.

L’82% degli intervistati dichiara che la malattia ha un impatto significativo sulla loro vita quotidiana, percentuale che raggiunge il 93% tra gli intervistati maschi.

L’onere degli obblighi imposti dalla gestione della beta talassemia

Questo risultato è confermato anche dal numero di giorni trascorsi in ospedale in un anno a causa di trasfusioni e altri controlli, che per il 42% degli intervistati sono stati più di 30 nel corso del 2018 e per il 32% tra i 21 e i 30 giorni. Oltre alle visite mediche e alle trasfusioni, ci sono tutti gli altri obblighi legati alla gestione della malattia, come, ad esempio, l’assunzione di altre cure, le procedure burocratiche e gli adempimenti amministrativi. Infatti, per oltre la metà dei pazienti (51%), tali aspetti richiedono da 1 a 3 giorni al mese. Questo onere si traduce direttamente in tempo sottratto alla vita familiare o di relazione (come dichiarato dal 56% dei pazienti), a sport, tempo libero e vacanze (51%) e naturalmente a istruzione o lavoro (43%).

Prospettive per i pazienti con β-talassemia

Guardando al futuro, emerge la comune speranza di poter “vivere il più a lungo possibile”, “vivere una vita libera da trasfusioni”, poter contare su una “vita libera dalla malattia”. Insomma, il desiderio comune è quello di poter essere guariti o, almeno, recuperare il benessere fisico e mentale messi a dura prova dalla malattia.

Quando si tratta di migliorare la qualità della vita dei pazienti, garantire l’ottimizzazione dei tempi all’interno delle strutture per gli esami, le visite, i follow up è una priorità fondamentale per il 77% dei pazienti.

Altri aspetti che impatterebbero positivamente sul paziente sono la possibilità di limitare i tempi per gli spostamente verso le strutture di cura (66%) e, in ultima analisi, la possibilità di ridurre il tempo da dedicare ai trattamenti e ai check-up associati alla gestione della malattia (58%).

L’impatto psicologico della β-talassemia trasfusione dipendente

Inoltre, più di due intervistati su tre (40%) indicano che la TDT ha implicazioni negative sul loro benessere psicologico e sulla loro salute mentale. Quando si tratta di cercare di mantenere un atteggiamento positivo, un ruolo importante è svolto dalla vita sociale con gli amici (70%) e dalla possibilità di coltivare hobby (60%), mentre tra i pazienti si ha una forte percezione che il supporto psicologico messo a disposizione dalle strutture pubbliche sia ancora carente.

Il ruolo delle Associazioni di pazienti e degli operatori sanitari è invece fondamentale per l’aggiornamento e la condivisione delle notizie sulla malattia con i pazienti, indicando che tali gruppi sono la principale fonte di informazione. Il 69% si affida infatti alle Associazioni di pazienti, il 57% ai medici e il 44% a Internet.

In generale, questa indagine rivela che la malattia è associata, nella maggior parte dei casi, a una zavorra, un peso con cui convivere per il resto della vita. Una vita che non può essere vissuta appieno, in cui si cerca di “sopravvivere” con un forte senso di incertezza e, spesso, di paura per il proprio futuro e quello dei propri figli. Tuttavia, a questa incertezza si aggiunge la speranza che nel prossimo futuro siano disponibili trattamenti definitivi in grado di liberare i pazienti dalle trasfusioni croniche, migliorando così significativamente la qualità della loro vita.