Nell’era delle fake news, diventa sempre più complesso anche per gli addetti ai lavori riuscire a distinguere con chiarezza quale che sono davvero solide e robuste “evidenze scientifiche”. Evidenze che vanno ricercate all’interno di studi condotti con metodi rigorosi, che abbiano prodotto risultati rilevanti per la salute delle persone e per la sanità pubblica. Per aiutare tutti i potenziali interessanti a una più agevole individuazione di tali evidenze, la Fondazione Gimbe ha pubblicato il nuovo Handbook di competenze core per la evidence-based practice (Ebp). S’intende con quest’ultimo termine l’estensione a tutte le professioni sanitarie dei criteri di qualità definiti inizialmente, fin dai primi anni ’90, nel campo della medicina basata sulle evidenze.

Ridurre la frammentazione in campo formativo

La linea guida proposta dal Gimbe intende, in particolare, fornire un supporto all’elaborazione dei nuovi e più omogenei curricoli universitari e specialistici e alla messa a punto dei programmi di formazione continua per i professionisti della sanità. “In assenza di set di competenze definiti in maniera sistematica, esiste una estrema variabilità di qualità e contenuti dei programmi di insegnamento dell’Ebp“, ha commentato il presidente della Fondazione Gimbe, Nino Cartabellotta. Tale variabilità è stata anche confermata attraverso uno studio condotto dal Gimbe in collaborazione con il Segretariato italiano degli studenti in Medicina.

La capacità di ricercare e valutare le migliori evidenze scientifiche nell’ambito del processo decisionale all’interno delle professioni sanitarie, integrandole ove opportuno nelle nuove linee d’azione, ha un impatto positivo anche sulla qualità dell’assistenza fornita agli utenti. Importanti anche le ricadute dell’Ebp sul piano della gestione dei costi sanitari, sottolinea la Fondazione Gimbe, in quanto tale tipo di consapevolezza permette di meglio limitare il sovra- o sotto-utilizzo dei farmaci, di indirizzare più oculatamente il ricorso ai test diagnostici e agli altri interventi sanitari e di migliorare la comunicazione col paziente. Un obiettivo che però potrebbe essere ancora difficilmente perseguibile in concreto, visto che secondo il Gimbe solo il 7-8% degli oltre 2 milioni di articoli pubblicati ogni anno in più di 20 mila riviste possono essere considerati “vere” evidenze scientifiche.

Il consenso sulle competenze core

Il consenso sulle competenze chiave per la evidence-based practice in campo sanitario è stato raggiunto a livello internazionale attraverso un studio pubblicato nel 2018 su Jama Network Open e che è disponibile nella versione italiana su Evidence. La ricerca è stata condotta secondo un rigoroso processo metodologico che ha prima di tutto definito un set preliminare di competenze rilevanti sulla base di una revisione sistematica di studi educazionali sull’Ebp per i professionisti sanitari. A ciò ha fatto seguito un sondaggio Delphi in 2 round condotto via web tra professionisti sanitari, con campionamento intenzionale, che ha permesso di definire le priorità e trovare il consenso sulle competenze core per l’Ebp. Tale consenso è stato quindi approfondito tramite meeting sia in presenza che in videoconferenza, durante i quali sono stati analizzati i feedback e si è giunti all’approvazione finaleada parte degli esperti di Ebp.

Il quadro così ottenuto indica 68 competenze, che coprono gli aspetti generali dell’Ebp, la formulazione dei quesiti, la ricerca delle evidenze, la valutazione critica e l’interpretazione delle evidenze, la loro applicazione, la valutazione delle proprie performance. Per ogni competenza, l’Handbook fornisce la descrizione e il livello di trasferimento agli allievi: solo menzionata (M), spiegata (S), o praticata con esercitazioni (P). “Rispetto al Sicily Statement on Evidence-based Practice – spiega Cartabellotta – le principali novità riguardano gli strumenti di accesso alla letteratura biomedica, in particolare le risorse ‘pre-valutate’, la necessità di esaminare fonti di finanziamento e conflitti di interesse nella valutazione critica della letteratura, le modalità per valutare le performance individuali e, soprattutto, il processo decisionale condiviso, una innovativa modalità di comunicazione con il paziente che, informato sui rischi e benefici degli interventi sanitari, sceglie consapevolmente la migliore opzione in relazione alle sue preferenze, valori e aspettative“.

I punti da considerare nelle valutazioni Ebp

Tra gli aspetti generali da considerare nella disanima delle evidenze scientifiche, è innanzitutto importante comprendere appieno la definizione di evidence based practice (S), intesa come l’integrazione delle migliori evidenze scientifiche con l’esperienza clinica e con valori e circostanze individuali del paziente. È anche importante conoscere il razionale dell’Ebp (M) e i vantaggi e limiti dei principali disegni di studio, per ciascuna tipologia di quesito clinico, identificandone la corretta gerarchia (S). La conoscenza non basta, bisogna praticare i cinque step dell’Ebp: formulare i quesiti clinici, ricercare, valutare e applicare le evidenze, monitorare le proprie performance (P). I professionisti della sanità devono inoltre essere in grado di capire la differenza tra utilizzo delle evidenze per informare le decisioni cliniche e produzione delle evidenze stesse (M).

La sezione sulla formulazione dei quesiti clinici si apre con l’importanza di spiegare la differenza tra i quesiti clinici di foreground, a cui è possibile rispondere con le evidenze, e quelli di background per i quali non lo è (S). I sanitari dovrebbero anche saper identificare le differenti tipologie di quesiti clinici (per eziologia, diagnosi, prognosi, terapia) e come utilizzare tali quesiti  utilizzando il modello PICO (P).

Per ricercare le evidenze è importante essere in grado d’identificare le fonti principali (banche dati primarie, database di evidenze e risorse “filtrate” o “pre-valutate”) (S) e disporre e saper utilizzare un’adeguata strategia di ricerca per i quesiti clinici (P). A questo riguardo, bisognerebbe anche conoscere i diversi ambiti coperti dalle principali banche dati (M) e le modalità per ottenere i full text degli articoli e di altre risorse (S).

La valutazione e l’interpretazione critica delle evidenze è un passaggio fondamentale dell’Ebp, che richiede di saper identificare le competenze chiave per valutare criticamente la validità interna, la rilevanza clinica e l’applicabilità e integrità della ricerca clinica (S). L’Handbook indica la necessità di saper interpretare i diversi tipi di misure di associazione ed effetto, incluse le principali modalità per la loro presentazione grafica (P). Tali capacità si dovrebbero estendere anche alla valutazione e interpretazione critica delle review sistematiche e degli studi che valutano l’efficacia degli interventi sanitari o di accuratezza diagnostica (P). A tal fine, è anche importante saper distinguere le linee guida basate sulle evidenze da quelle basate sulle opinioni (P), identificare gli elementi principali e interpretare uno studio prognostico, saper utilizzare gli studi eziologici per valutare gli effetti collaterali (rari) degli interventi sanitari e conoscere gli obiettivi e i metodi della ricerca qualitativa (S).

L’applicazione delle evidenze, infine, dovrebbe passare sempre da un coinvolgimento attivo dei pazienti nelle decisioni, con processo decisionale condiviso che preveda la spiegazione delle evidenze e l’integrazione delle loro preferenze (P). A tal fine, è importante per i sanitari conoscere le strategie a disposizione per gestire le incertezze nel processo decisionale e l’importanza del rischio basale del paziente individuale quale elemento per valutare i benefici attesi degli interventi sanitari (S). Le linee guida indicano anche la necessità di saper interpretare il grado di certezza delle evidenze e la forza delle raccomandazioni cliniche (S).

Nella evidence based practice, i sanitari sono anche chiamati a condurre una auto-valutazione del proprio operato, basata sulla capacità di riconoscimento dei potenziali ostacoli individuali che possono intervenire nel trasferire le conoscenze alla pratica clinica, e delle strategie per superarli (M). È in questo senso anche importante riconoscere il ruolo dell’audit clinico personale per facilitare l’Ebp (M).