Quello alla tiroide è il tumore del sistema endocrino più diffuso ed è il sesto tipo di tumore per frequenza nelle donne, con un rapporto maschi/femmine di 3:1.

Incidenza del carcinoma tiroideo differenziato e uso dello I131 nelle raccomandazioni delle associazioni italiane di endocrinologia e medicina nucleare
Incidenza del carcinoma tiroideo differenziato e uso dello I131 nonché della scintigrafia estesa a tutto il corpo nelle raccomandazioni delle associazioni italiane di endocrinologia e medicina nucleare

Andrea Giustina, presidente della Società Europea di Endocrinologia e del CUEM (Clinical update in endocrinologia e metabolismo), illustra i motivi dell’aumento di incidenza di questa neoplasia:

«L’incidenza di tale neoplasia è in aumento principalmente a causa di due fattori: il miglioramento delle tecniche diagnostiche che permettono di riconoscere sempre più precocemente la presenza di noduli tiroidei anche di piccole dimensioni e la maggiore esposizione a fattori di rischio ambientali (inquinanti, agenti tossici, radiazioni ionizzanti). In assenza di sintomi specifici e quando i noduli sono non palpabili e non rilevabili, la maggior parte delle diagnosi avviene in modo incidentale ossia nel corso di indagini diagnostiche, come eco-color-doppler di vasi del collo o ecografie del collo per sindromi aspecifiche. Anche in corso di PET/CT per altre patologie oncologiche non è raro riscontrare noduli ad elevato metabolismo».

Diagnosi e stadiazione del carcinoma tiroideo differenziato

Il sospetto diagnostico viene generalmente risolto mediante l’esecuzione di esame citologico su agoaspirato. La questione centrale, in presenza di un nodulo tiroideo neoplastico è la sua stadiazione, cioè la valutazione delle sue dimensioni e del rapporto della sua estensione rispetto alla sede di origine. Dalla stadiazione dipendono la prognosi e la scelta del trattamento.

A seconda del cosiddetto profilo di rischio del nodulo si opta per la chirurgia (parziale o radicale) e l’eventuale ristadiazione e/o trattamento a base di radioiodio (I131).

Uso di radioiodio (I131)

Il trattamento con radioiodio ha tre obiettivi principali:

  1. definire il profilo di rischio post-chirurgico;
  2. distruggere eventuali foci di cellule tiroidee residue dopo l’intervento (sia non patologici sia patologici);
  3. localizzare e trattare eventuali localizzazioni di malattia, quali metastasi linfonodali e/o a distanza;
  4. rendere il dosaggio della tireoglobulina un marker idoneo per il follow-up.

Il trattamento con I131 è oggi semplice e maneggevole: il paziente assume una compressa di radioiodio in un reparto di degenze protette e rimane in osservazione per circa 72 ore. Il trattamento generalmente viene effettuato una sola volta in assenza di metastasi, e può essere ripetuto nel caso di diffusione del tumore.

La forma sintetica del TSH umano ricombinante

In questa fase prevalentemente diagnostica risulta determinante l’assunzione della forma sintetica del TSH umano ricombinante: affinché il trattamento con I131 sia efficace infatti, occorre avere alti livelli di TSH nel sangue.

In passato per ottenere questo effetto si sospendeva la terapia sostitutiva per almeno 30-40 giorni lasciando il paziente senza ormoni tiroidei e determinando uno stato di ipotiroidismo mal tollerato e complicato da alcuni rischi (quali astenia, affaticamento, aumento ponderale, intolleranza al freddo, comparsa di edemi, stipsi ostinata con forti limitazioni sulla qualità di vita e sull’attività lavorativa). La forma sintetica del TSH invece permette di ottimizzare il trattamento senza disagi per il paziente in quanto si aumenta artificialmente il TSH senza causare sintomi e disturbi.

Le forme differenziate del tumore tiroideo reagiscono molto bene alla terapia con radioiodio: i dati parlano di una prognosi favorevole a 5 anni nell’85% dei casi.

Ma riguardo all’indicazione all’impiego dello I131, è presente un forte dibattito nel mondo scientifico con punti di vista contrastanti, a seguito della pubblicazione di linee guida statunitensi (American Thyroid Association – ATA 2015).

Possibile diagnosi ritardata e trattamento del carcinoma tiroideo differenziato metastatico adottando le linee guida ATA 2015

In uno studio del Gruppo di Medicina Nucleare dell’Università di Brescia condotto da Domenico Albano e da Raffaele Giubbini (“Possible delayed diagnosis and treatment of metastatic differentiated thyroid cancer by adopting the 2015 ATA guidelines” Eur J Endocrinol 2018;179:143-151) sono stati rivalutati circa 2500 pazienti sottoposti a intervento chirurgico di rimozione della tiroide e trattamento con I131.

In 140 pazienti (il 6% del campione) sono state individuate metastasi a distanza con tecniche di medicina nucleare.

Applicando le linee guida dell’ATA 2015, di questi 140 pazienti soltanto 38 presentavano un profilo di rischio post-chirurgico elevato e quindi un’indicazione assoluta a ricevere terapia con I131, mentre ben 102 presentavano un rischio intermedio-basso o basso e quindi senza un’indicazione assoluta al radioiodio. Se questi pazienti non fossero stati valutati e/o trattati con tecniche di medicina nucleare, vi sarebbe stato un ritardo nell’individuazione delle metastasi e di conseguenza nel trattamento con impatto su prognosi e qualità della vita.

Cosa significano questi dati? «Se questi pazienti fossero stati classificati con i criteri dell’ATA non avrebbero ricevuto l’ablazione del tessuto residuo, ma avrebbero avuto una diagnosi tardiva delle metastasi e un ritardo nel trattamento – spiega Raffaele Giubbini. – In altre parole l’assenza di una corretta stadiazione può portare i pazienti a non essere trattati tempestivamente e a una peggiore prognosi».

Scintigrafia estesa a tutto il corpo

In fase post-chirurgica, anche nei pazienti a basso-intermedio rischio, l’utilizzo del radioiodio e la successiva scintigrafia estesa a tutto il corpo riveste un ruolo cruciale nella corretta stadiazione di malattia permettendo non soltanto di valutare l’entità dell’eventuale tessuto tiroideo residuo, ma anche di riconoscere lesioni metastatiche linfonodali e a distanza (osso, polmone in primis) con un impatto significativo sul management del paziente.

Raccomandazioni delle associazioni italiane di endocrinologia e medicina nucleare

Le associazioni italiane di endocrinologia e medicina nucleare hanno redatto delle raccomandazioni al fine di garantire una gestione ottimale e univoca dei pazienti con carcinoma tiroideo differenziato.

I pazienti a basso rischio vengono trattati con l’asportazione della porzione di tiroide interessata dal tumore e con successiva terapia tiroidea sostitutiva con levotiroxina.

Per i soggetti con rischio intermedio o intermedio-basso l’attuale miglior standard di trattamento prevede:

  • l’asportazione della tiroide in toto,
  • l’eventuale eliminazione di focolai residui con I131,
  • il controllo del trattamento con la scintigrafia dopo I131 (tecnica in grado di rilevare metastasi a distanza e linfonodali con buona accuratezza soprattutto se associata a uno studio tridimensionale SPECT).

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