Fanno il punto sulla rivoluzionaria e promettente cura contro leucemie e linfomi inguaribili Paolo Corradini, presidente Società Italiana di Ematologia e Direttore della Divisione di Ematologia della Fondazione IRCCS Istituto Nazionale dei Tumori di Milano e Cattedra di Ematologia dell’Università degli Studi di Milano, e Franco Locatelli, presidente del Consiglio superiore di Sanità e direttore del dipartimento di Onco-ematologia pediatrica, terapia cellulare e genica dell’Ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma in occasione del 1° Workshop italiano sulle Car-T Cells tenutosi a Milano.

Paolo Corradini, Presidente della Società Italiana di Ematologia, Direttore della S.C. Ematologia della Fondazione IRCCS Istituto Nazionale dei Tumori, Professore Ordinario di Ematologia presso l’Università degli Studi di Milano. Autore o coautore di più di 250 pubblicazioni su riviste internazionali.

Sono circa 800 i pazienti adulti e circa 30-40 bambini con LLA-BCP per anno e ulteriori 5-10 pazienti pediatrici con un linfoma che in Italia, a breve, potrebbero beneficiare del trattamento con CAR-T cells, la nuova rivoluzionaria terapia in grado di combattere tumori del sangue attualmente inguaribili, che non rispondono alle cure convenzionali. Fra tutti i pazienti eleggibili alla terapia, la percentuale di guarigione va dal 40 al 50%.

Alcuni pazienti, purtroppo, non possono beneficiare della terapia in ragione di uno scarso numero di linfociti T funzionanti, sia per le terapie ricevute sia per la patologia tumorale stessa. Altri ancora arrivano al momento dell’infusione, ma il trattamento non è più realizzabile perché la malattia leucemica o linfomatosa nel frattempo è troppo progredita. Inoltre, alcuni pazienti non rispondono alle CAR-T, oppure, dopo aver risposto, sviluppano cellule resistenti all’effetto delle cellule CAR-T stesse.

Sono questi alcuni dei dati resi noti da Paolo Corradini e Franco Locatelli in occasione del “1st Italian Workshop on Car T- Cell Therapy” che si è tenuto il 24 giugno 2019 a Milano e che ha visto anche la partecipazione di Carl June, direttore del Center for Cellular Immunotherapies dell’Università della Pennsylvania e pioniere delle Car-T Cells. L’incontro ha visto riunite tutte le Società scientifiche operanti nel settore: Sie (Società Italiana Ematologia), Sies (Società Italiana di Ematologia Sperimentale), Aieop (Associazione Italiana di Ematologia e Oncologia Pediatrica), Gitmo (Gruppo Italiano per il Trapianto di Midollo Osseo, cellule staminali emopoietiche e terapia cellulare) e Fil (Fondazione Italiana linfomi).

Franco Locatelli, bergamasco, 59 anni è Direttore del Dipartimento di Onco-ematologia, Terapia Cellulare e Genica dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù. Dallo scorso novembre, è ordinario di pediatria all’Università La Sapienza di Roma, dopo aver coperto per oltre 10 anni lo stesso ruolo all’Università di Pavia. A febbraio di quest’anno è stato nominato Presidente del Consiglio Superiore di Sanità presso il Ministero della Salute. È autore, ad oggi, di più di 500 pubblicazioni sulle più prestigiose riviste scientifiche internazionali

La terapia Car-T (Chimeric Antigen Receptor T-cell) rappresenta la forma più avanzata d’immunoterapia anti-tumorale, e utilizza linfociti T ingegnerizzati per attivare il sistema immunitario contro le cellule tumorali.

L’ingegnerizzazione dei linfociti T consiste nell’inserimento, mediante un virus non patogeno, nel loro DNA di una sequenza genica che codifica per una proteina (chiamata recettore chimerico antigenico, CAR) in grado di reindirizzare l’attività di queste cellule sul bersaglio tumorale. Quest’aggressione si fonda sul riconoscimento selettivo di una molecola bersaglio presente sulle cellule tumorali (nel caso delle patologie in cui vi è stata l’approvazione da parte delle agenzie regolatorie europee, la molecola CD19).

«Le cellule CAR-T possono essere prodotte soltanto in apposite Officine Farmaceutiche, autorizzate allo scopo – ha spiegato Locatelli. – In ambito accademico italiano, per la produzione di un medicinale sul territorio nazionale, è necessaria l’autorizzazione dell’Agenzia italiana del farmaco (Aifa), rilasciata previa verifica ispettiva diretta ad accertare che il richiedente disponga di personale qualificato e di mezzi tecnico-industriali conformi a quanto richiesto».

«I linfociti T del paziente vengono prelevati e successivamente geneticamente modificati in laboratorio in modo da renderli capaci di riconoscere le cellule tumorali: quando vengono restituiti al paziente mediante la somministrazione endovenosa, entrano nel circolo sanguigno e sono in grado di riconoscere le cellule tumorali e di eliminarle attraverso l’attivazione della risposta immunitaria» – ha spiegato Corradini.

In particolare, «La somministrazione delle Car-T deve essere preceduta dalla raccolta dei linfociti del paziente circa un mese prima dell’infusione tramite la procedura di linfocitoaferesi, cioè viene collegato a una macchina che centrifuga il sangue e raccoglie i linfociti attraverso due vene (una per l’uscita e un’altra per il ritorno). Questi vengono poi inviati al di fuori dell’ospedale per essere modificati in laboratorio. Tre giorni prima dell’infusione il paziente deve ricevere un breve ciclo di chemioterapia e poi riceve i linfociti che nel frattempo sono stati geneticamente modificati e reinviati al Centro dove il paziente è ricoverato. Il trattamento prevede che il paziente sia ricoverato per circa due settimane in un centro specializzato per la terapia con Car-T».

La terapia con cellule Car-T è a oggi riservata a pazienti che hanno fallito i trattamenti convenzionali.

«Le patologie in cui le Car-T si sono dimostrate una terapia molto promettente sono la Leucemia Linfoblastica Acuta, i Linfomi non Hodgkin diffusi a grandi cellule, il Linfoma primitivo del mediastino, Leucemia Linfatica Cronica, Linfoma Follicolare e il Mieloma Multiplo» – ha aggiunto Paolo Corradini.

Terapia con Car-T approvata in Europa

«La terapia con cellule CAR-T è a oggi riservata a malati che hanno fallito i trattamenti convenzionali. Più specificatamente, l’Agenzia europea del farmaco (Ema) ha approvato la terapia con cellule Car-T nei pazienti fino ai 25 anni di età con leucemia linfoblastica acuta a differenziazione B cellulare (LLA-BCP) in seconda ricaduta di malattia o con malattia refrattaria ai trattamenti convenzionali o in prima ricaduta post trapianto emopoietico e nei pazienti adulti affetti da linfomi diffusi a grandi cellule B (DLBCL) e da linfomi primitivi del mediastino (PMBCL) a grandi cellule B refrattari o resistenti a due o più linee di terapia sistemica» – ha puntualizzato Franco Locatelli.

In particolare, aggiunge Corradini, «la terapia è disponibile in Europa per il trattamento di:

  • pazienti giovani adulti (fino a 25 anni di età) e pediatrici affetti da Leucemia Linfoblastica Acuta B refrattaria o ricaduta dopo due linee di trattamento,
  • pazienti adulti affetti da Linfoma non Hodgkin diffuso a grandi cellule B e Linfoma non Hodgkin primitivo del mediastino refrattario o ricaduto dopo due linee di terapia».

«EMA ha autorizzato all’immissione in commercio 2 prodotti: Kymriah® (prodotto da Novartis) e Yescarta® (prodotto da Gilead) secondo le indicazioni precedentemente ricordate. Inoltre, nel nostro Paese, sono attivi 3 trials accademici, 2 dei quali condotti all’Ospedale Bambino Gesù di Roma basati sull’impiego delle cellule CAR-T nelle LLA-BCP e nei linfomi a cellule B, così come in un tipo di tumore solido del bambino chiamato neuroblastoma. Un terzo studio fondato su un tipo particolare di cellule CAR, chiamate cellule CAR.CIK, viene condotto all’Ospedale San Gerardo di Monza e all’Ospedale Papà Giovanni XXIII di Bergamo in pazienti ricaduti dopo un trapianto allogenico di cellule emopoietiche» – aggiunge Franco Locatelli.

Studio dell’Ospedale Bambino Gesù sulle cellule Car-T nelle terapie per le LLA-BCP e per i linfomi a cellule B

In uno studio condotto all’Ospedale Bambino Gesù di Roma basato sull’impiego delle cellule Car-T nelle LLA-BCP e nei linfomi a cellule B, «la terapia ha mostrato una risposta decisamente favorevole nei 15 pazienti trattati con percentuali di ottenimento della remissione di malattia superiori all’80% – ha illustrato Locatelli. – Anche i primi dati di risposta iniziale nei bambini con neuroblastoma sono promettenti e inducono largamente a proseguire sulla strada intrapresa».

La terapia con cellule Car-T è perciò in grado di offrire una concreta possibilità di cura definitiva a quei pazienti che, avendo fallito i trattamenti convenzionali, non avrebbero ulteriori possibilità terapeutiche disponibili. Tuttavia al momento la terapia non è del tutto priva di rischi.

Effetti collaterali delle terapie con Car-T e introduzione di geni suicidi

«I possibili effetti collaterali che sono stati osservati sono la sindrome da rilascio citochinico e gli effetti avversi neurologici. La sindrome da rilascio citochinico è legata all’attività delle Car-T e può presentarsi in circa il 25% dei pazienti con febbre molto alta, abbassamento della pressione, difficoltà respiratorie e insufficienza renale» – ha evidenziato Corradini. La mortalità di questo trattamento è circa del 5%. Per questo è fondamentale muoversi tempestivamente ai primi segni di sviluppo di questa complicanza e con le terapie appropriate (farmaci corticosteroidei o anticorpi che bloccano le citochine coinvolte nella fisopatologia di questa condizione). 

«Quest’osservazione sottolinea l’importanza che la terapia con cellule Car-T venga eseguita in Centri selezionati ad alta qualificazione e con esperienza specifica – ha aggiunto Locatelli. – Un’altra temibile complicanza della terapia con cellule Car-T è costituita dalla neurotossicità, che, in rarissimi casi occorsi in soggetti adulti, è risultata essere anche fatale.  I disturbi neurologici possono comparire in forma di cefalea, difficoltà a parlare, disorientamento, confusione, crisi epilettiche. Per aumentare la sicurezza delle Car-T nel nostro trial accademico, durante la generazione dei linfociti T, abbiamo sviluppato una modifica: l’aggiunta di un gene, chiamato suicida, che si attiva in caso di mancata risposta a terapie farmacologiche della sindrome da rilascio citochinico, piuttosto che della neurotossicità, determinando la pronta eliminazione delle cellule Car-T». 

«Infine, se a oggi le Car-T non si utilizzano in prima linea, si sta lavorando per anticiparne la somministrazione. In un futuro non lontano, la terapia cellulare potrebbe diventare la base del trattamento per molte tipologie di tumore – ha dichiarato Corradini. – Non abbiamo a che fare con un farmaco, ma con una complessa procedura di terapia cellulare che, in caso di fallimento di precedenti terapie, può costituire l’unica opzione salvavita».

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