L’edema Maculare Diabetico (Diabetic Macular Edema – DME) è una malattia che si verifica quando, nei pazienti diabetici, i vasi sanguigni nella retina riversano fluidi e proteine nella macula (zona centrale della retina), provocando un ispessimento della stessa. DME è una complicanza che può insorgere in qualsiasi fase della retinopatia diabetica e che interessa globalmente almeno il 30% della popolazione diabetica.

L’edema maculare diabetico è una malattia cronica dovuta al rilascio di sostanze nella macula che si ispessisce progressivamente determinando calo del visus
L’edema maculare diabetico è una malattia cronica dovuta al rilascio di sostanze nella macula che si ispessisce progressivamente determinando calo del visus

L’edema maculare diabetico è una malattia cronica dovuta al rilascio di sostanze nella macula che si ispessisce progressivamente determinando calo del visus

DME si instaura solitamente sotto forma di aree edematose che progrediscono fino ad occupare l’intera macula, e soprattutto la sua parte più centrale (fovea). Pertanto, il rilevamento e il trattamento precoce delle varie forme di DME risultano essere di vitale importanza.

«L’edema maculare diabetico è una malattia cronica e come tutte le malattie croniche richiede un maggior impegno nel trattamento – afferma Edoardo Midena, direttore della Clinica Oculistica e della Scuola di Specializzazione in Oftalmologia dell’Università degli Studi di Padova – Accompagna la vita del paziente e, il fatto che si manifesti lentamente, fa sì che la diminuzione progressiva della visione a volte venga meno percepita. In questa situazione, è importante la tempestività nell’intercettare questa malattia nelle fasi più iniziali».

«Ci sono dei punti fissi che nessuno dovrebbe disattendere – continua Edoardo Midena – Un medico che fa una diagnosi di diabete di tipo 2 dovrebbe far eseguire subito al paziente un esame della retina. Così come una donna con diabete in gravidanza. Ci sono, nel corso di una vita, momenti “topici” in cui è necessario pensare a questo problema. Un soggetto con diabete, dovrebbe comunque sottoporsi a valutazione del fundus oculi regolare e periodica, in modo da cogliere l’eventuale complicanza maculare molto precocemente, e poter intervenire con il trattamento d’attacco in modo da acquietare la situazione e risolvere il problema».

Sintomi dell’edema maculare diabetico

Fra i sintomi del DME vi sono:

  • visione offuscata o distorta,
  • percezione sbiadita dei colori,
  • alterazioni nella sensibilità al contrasto,
  • aree di cecità nella visione centrale.

Essendo la principale causa della perdita della vista nei soggetti con diabete di tipo 1 e 2, DME può avere un notevole impatto negativo sulla qualità della vita e sulla capacità di svolgere le attività quotidiane.

Diagnosi dell’edema maculare diabetico

Nei casi di DME sospetto, l’OCT (tomografia ottica a radiazione coerente) è il test diagnostico più appropriato per una corretta valutazione e quantificazione della patologia.

È stato dimostrato che il fattore di crescita dell’endotelio vascolare o VEGF ha un ruolo centrale nella vasculopatia retinica che contribuisce alla fisiopatologia del DME. Un altro componente della famiglia del VEGF, il fattore di crescita placentare o PGF aumenta in modo proporzionale al grado di severità di questa malattia.

Trattamento dell’edema maculare diabetico

I paradigmi di trattamento del DME hanno avuto una rapida evoluzione in anni recenti.

Le Linee Guida di EURETINA (la Società Europea degli specialisti di malattie della retina) oggi non considerano più il laser come gold standard, ma ne limitano l’utilizzo ad alcuni casi particolari.

Da alcuni anni sono disponibili nuove terapie per l’EMD, rappresentate in particolar modo dagli impianti intravitreali di cortisonici a lento rilascio e dalle iniezioni intravitreali di farmaci anti-VEGF, che hanno del tutto rivoluzionato la prognosi dei pazienti.

L’uso di corticosteroidi, ovvero gli antinfiammatori steroidei,  per via intravitreale è diventato un’alternativa, con un favorevole rapporto costo-efficacia rispetto alla fotocoagulazione laser.  A seconda del corticosteroide e della tipologia di impianto, tali farmaci vengono somministrati con una frequenza che varia da 6 a 12 mesi. Questo approccio è però limitato ad alcune categorie di soggetti e da possibili rilevanti eventi avversi locali (non sistemici), come cataratta e aumento della pressione intraoculare.

La classe terapeutica più utilizzata per il trattamento del DME è rappresentata dagli inibitori del fattore di crescita endoteliale vascolare (VEGF), o anti-VEGF, bevacizumab, aflibercept, ranibizumab e pagaptanib. Tali farmaci sono somministrati tramite iniezioni intravitreali con cadenza mensile.

Studi clinici con anti-VEGF hanno dimostrato miglioramenti significativi dell’acuità visiva in pazienti con DME rispetto alla fotocoagulazione laser. Di conseguenza, i farmaci anti-VEGF sono entrati nell’armamentario terapeutico del DME.

I farmaci anti-VEGF (tra i quali aflibercept) sono stati valutati in studi clinici su vasta scala. Questi studi, confermati dai dati desumibili dalla pratica quotidiana, hanno dimostrato miglioramenti visivi significativi, rispetto alla terapia con laser.

«Noi abbiamo sempre avuto un metodo per trattare l’edema maculare diabetico, che è il trattamento laser – aggiunge Edoardo Midena – È stato ed è efficace, ma stabilizza la visione, non la migliora. Quando sono entrati nella pratica clinica questi nuovi farmaci, si è avuto per la prima volta un cambio di prospettiva, che ha modificato anche il nostro modo di considerare questa malattia. Nell’edema maculare diabetico un paziente non solo riacquista capacità visiva, ma quello che riusciamo ad ottenere, si mantiene nel tempo. Non andiamo incontro a una perdita progressiva della situazione. Quindi, se si agisce nei tempi giusti, con la metodologia e con lo schema terapeutico corretto manteniamo quello che abbiamo raggiunto».

«Ad oggi abbiamo già quattro molecole anti-VEGF disponibili per l’uso nella pratica clinica, ma nuove molecole sono attualmente in fase avanzata di sperimentazione clinica, inclusi nuovi farmaci in grado di inibire i recettori tirosin-chinasici PDGFR e VEGFR – sottolinea Francesco Rossi, professore di Farmacologia all’Università degli studi della Campania “Luigi Vanvitelli” e Responsabile Scientifico del Convegno – Permane il problema della ridotta aderenza alla terapia, sia per gli impianti intravitreali di cortisonici che per i farmaci anti-VEGF, ovvero il non conformarsi del paziente alle raccomandazioni del medico riguardo a tempi, dosi e frequenza nell’assunzione dei farmaci per l’intero ciclo della terapia. Poiché l’aderenza ricopre un ruolo essenziale nel raggiungimento di esiti clinici ottimali, semplificare il regime della terapia potrebbe migliorare notevolmente la gestione del paziente affetto da EMD».

Aflibercept vs fotocoagulazione per il DME

In particolare, l’efficacia e la sicurezza di aflibercept in confronto alla fotocoagulazione laser maculare sono state valutate in due ampi studi della durata di tre anni (VIVID-DME e VISTA-DME). La fotocoagulazione laser maculare è stata scelta come trattamento di confronto per entrambi gli studi, in quanto riconosciuta, all’epoca, come gold standard di trattamento per il DME. Gli studi VIVID e VISTA hanno dimostrato che il trattamento con aflibercept determina un significativo e rapido incremento dell’acuità visiva, che si mantiene fino a 3 anni di osservazione.

Sulla base degli studi VIVID e VISTA la label di aflibercept per il trattamento della compromissione della vista secondaria a edema maculare diabeticoprevede un’iniezione al mese per 5 mesi consecutivi e, successivamente, un’iniezione ogni due mesi; non è necessario alcun monitoraggio tra le iniezioni.

Confronto tra aflibercept, bevacizumab e ranibizumab per l’edema maculare diabetico

Nel 2015, inoltre, è stato pubblicato uno studio indipendente, il Protocol T, che aveva come obiettivo quello di confrontare ad un anno l’efficacia di 3 farmaci ad azione anti-VEGF, aflibercept, bevacizumab e ranibizumab (0,3 mg), nel trattamento di pazienti affetti da DME.

Lo studio ha avuto il merito di evidenziare che nei pazienti con al baseline un’acuità visiva inferiore alle 69 lettere ETDRS (circa il 50% dell’intera popolazione arruolata nello studio), l’utilizzo di aflibercept ha permesso di guadagnare un numero di lettere superiore rispetto agli altri due farmaci.

«Le tre molecole si sono dimostrate diverse nella loro efficacia – conclude Edoardo Midena – Si è osservato che il farmaco aflibercept, nel diabetico, è in grado di avere maggiore efficacia, soprattutto se il paziente vede poco. Il farmaco offre quindi, secondo il Protocol T, maggiori chance di successo».

Questo importante risultato è stato ripreso anche dalle Linee Guida EURETINA per la gestione del DME (Guidelines for the Management of Diabetic Macular Edema by the European Society of Retina Specialists –EURETINA) nelle quali infatti si afferma che aflibercept è il farmaco di scelta per il trattamento del DME in pazienti che al baseline presentano un visus inferiore alle 69 lettere.