La maggior parte dei casi di anoressia è legata alla presenza di altre malattie, prevalentemente oncologiche. Questa condizione determina spesso uno stato di malnutrizione che può aggravare la malattia di base
La maggior parte dei casi di anoressia è legata alla presenza di altre malattie, prevalentemente oncologiche. Questa condizione determina spesso uno stato di malnutrizione che può aggravare la malattia di base

L’anoressia è la “mancanza di appetito patologica che non è rifiuto consapevole del cibo ma la perdita del senso di fame e del desiderio di mangiare con un persistente senso di pienezza” secondo la definizione della diciassettesima edizione dal prestigioso testo Principles of Internal Medicine di Harrison’s. Questa patologia si accompagna frequentemente a malattie acute, croniche e oncologiche. Spesso causa malnutrizione calorico proteica (MCP) che rappresenta una costante nei casi di immobilità o allettamento del paziente. Anche durante un breve ricovero, la perdita di peso e massa muscolare ha conseguenze metaboliche rilevanti e drammatiche se non trattate.

La maggior parte dei casi di anoressia è legata alla presenza di altre malattie, prevalentemente oncologiche. Questa condizione determina spesso uno stato di malnutrizione che può aggravare la malattia di base
La maggior parte dei casi di anoressia è legata alla presenza di altre malattie, prevalentemente oncologiche. Questa condizione determina spesso uno stato di malnutrizione che può aggravare la malattia di base

«Il 40-80% dei pazienti oncologici presenta qualche disturbo nutrizionale: scarso appetito, ridotto introito calorico, un insieme che produce una rapida e marcata perdita di peso – sottolinea Maurizio Muscaritoli, presidente SINuC – e secondo i dati epidemiologici soltanto l’8% delle anoressie è di tipo mentale, il restante 92% conta patologie oncologiche per il 42%, malattie neurologiche per il 27% e cause varie nel 23% dei casi. Eppure di questo 92% nessuno parla».

Il sistema di regolazione della fame – sazietà

Il sistema di regolazione dell’appetito coinvolge circuiti del sistema nervoso centrale (ipotalamo e sistema limbico) e di quello periferico e dipende da un sistema di modulazione ormonale.

L’ipotalamo rientra nel meccanismo di regolazione della fame e della sazietà sia perché contiene neuroni oressigeni (Neuropeptide Y – NPY e Agouti Related protein – AGPR) e neuroni anoressigeni (Neuroni pro-opiomelacortinici – POMC e Neuroni cocaine amphetamine related transcript – CART) sia perché al suo interno vengono elaborati stimoli provenienti dal sistema nervoso periferico (in particolare da nervo vago e tronco encefalico).

Tra gli ormoni coinvolti nella regolazione del meccanismo fame – sazietà si riconoscono:

  • leptina, prodotta prevalentemente dal tessuto adiposo,
  • insulina, prodotta dalle cellule beta del pancreas,
  • grelina, prodotta dalle cellule P/D1 del fondo dello stomaco, dalle cellule epsilon del pancreas nonché da alcuni neuroni ipotalamici,
  • colecistochinina, prodotta a livello del duodeno e, in minor quantità, del digiuno, che raggiungono il cervello.

C’è poi una stretta correlazione tra citochine pro-infiammatorie, sistema nervoso e perdita di appetito.

L’anoressia, la malnutrizione proteica e la perdita di massa muscolare sono direttamente correlate ad un aumento del rischio di infezioni, patologie cardiovascolari, fragilità e sintomi depressivi.

Effetti della leptina sulla regolazione dell’appetito

La leptina regola il senso di sazietà agendo sull’ipotalamo attivando direttamente i neuroni POMC anoressizzanti e inibendo i neuroni AgRP/NPY oressigenici. Il suo livello nel plasma si alza anche in relazione all’aumento di quello dell’insulina riducendo la fame e aumentando il senso di sazietà.

La leptina interviene nel bilancio energetico aumentando il metabolismo del glucosio e l’ossidazione delle riserve di acidi grassi.

Poiché la secrezione di leptina aumenta anche in presenza di citochine infiammatorie quali TNFα e interleuchina 1, si ha tendenza all’anoressia e alla conseguente perdita di pesa in caso di situazioni infiammatorie.

Ruolo dell’insulina sulla regolazione dell’appetito

Sempre nell’ipotalamo si trovano anche recettori per l’insulina che, in questa sede, partecipa al meccanismo di attenuazione del senso di fame. L’insulina, infatti, stimola i neuroni che producono l’ormone adenocorticotropo dal quale deriva l’ormone alfa-melanotropo, inibitore dell’appetito.

Effetto oressigeno della grelina

La grelina è un ormone che stimola il senso di appetito attivando:

  • neuroni rilascianti il neuropeptide oressizzante Y attraverso i recettori GHS (growth hormone secretagogue receptor),
  • il circuito colinergico-dopaminergico mesolimbico (in particolare a livello dell’ippocampo e dell’amigdala) che elabora gli aspetti edonistici delle ricompense come il cibo (regolazione emotiva della fame).

Inoltre, interviene nella regolazione del bilancio energetico e nella omeostasi glucidica.

Il rilascio di grelina nell’ippocampo e nell’amigdala favorisce l’assunzione di cibo, in particolare incrementando il desiderio di intensificare la frequenza dei pasti modificando la memoria procedurale.

La grelina, quindi, interferisce in maniera omeostatica sull’assunzione di cibo in termini quantitativi e qualitativi.

Funzione anoressizzante della colecistochinina

La colecistochinina è un ormone intestinale della sazietà. La sua secrezione è stimolata dai lipidi e dalle proteine di origine alimentare. Legandosi al suo recettore specifico (CCK1) presente sulle fibre del nervo vago che afferiscono al tronco encefalico e all’ipotalamo (determina il senso di sazietà tramite stimolazione vagale).

La colecistochinina stimola la secrezione della bile, di enzimi digestivi pancreatici e dell’insulina, segnala di interrompere l’introduzione di grassi e di rallentare lo svuotamento gastrico in attesa che il tenue abbia completato la digestioni dei lipidi e delle proteine

La sindrome anoressia-cachessia in oncologia

La sindrome anoressia-cachessia in oncologia è l’evoluzione di una forte anoressia cui si aggiungono anche fattori ormonali che determinano la diminuzione dell’appetito del paziente e portano inoltre a una perdita di massa muscolare e grassa.

Uno screening seguito da un percorso nutrizionale potrebbe essere utile per abbassare la percentuale di malati (25%) che non supera la malattia oncologica per le cause nutrizionali.

La sindrome anoressia-cachessia in nefrologia

L’anoressia interessa anche i pazienti affetti da malattie renali: la prevalenza nelle fasi precedenti alla dialisi va dal 20 all’80% mentre durante la dialisi va dal 23 al 73% così come è stato sottolineato al congresso Cardionefrology 2019 da Alessio Molfino dell’Università “La Sapienza” di Roma, specialista in Medicina Interna.

L’insieme di malnutrizione, infiammazione ed ipercatabolismo (ossia l’anomala accelerazione dei processi catabolici) ha un effetto a cascata con aumento delle ospedalizzazioni, mortalità e scadimento della qualità della vita.

Si pensa che la leptina possa rappresentare un marker di rischio nutrizionale e cardiovascolare nei pazienti in dialisi peritoneale.

Diagnosi dell’anoressia

Come verificare una condizione di anoressia? «Generalmente è possibile usare questionari validati che indagano sazietà, alterazione del gusto e dell’olfatto, avversione al gusto della carne, nausea, vomito” spiega Alessio Molfino. – La strategia di intervento nutrizionale nel paziente oncologico implica una adeguata valutazione iniziale mediante screening che definisca la gravità della malnutrizione. In funzione del grado di malnutrizione il paziente entrerà in un percorso diagnostico terapeutico specifico nutrizionale».

Per lo screening si utilizzano MUST, PG-SGA, SGA che sono scale di valutazione utili fin dall’esordio della malattia oncologica, come primo metodo di screening nutrizionale e poi come metodo per la valutazione effetti della terapia nutrizionale. È utilizata anche la scala a punteggio NRS (Nutritional Risk Screening), di semplice uso e affidabile.

Una valutazione è anche quella sulla Qualità di vita che è sicuramente influenzata dal peso corporeo, la perdita di peso massiva può portare a depressione, astenia, fatigue ed ansia con conseguente e ulteriore diminuzione dell’appetito e dell’intake calorico.

«All’estero – dice Maurizio Muscaritoli – il dietary counselling ha mostrato effetti tangibili sulla qualità della vita dell’ammalato: il semplice follow up di un paziente al quale viene consigliato come nutrirsi è più efficace della somministrazione degli integratori».