Si è tenuto a Roma, dall’1 al 3 ottobre, il XXI congresso SIMSPe “L’Agorà Penitenziaria 2020”. L’obiettivo generale era quello di verificare lo stato della situazione psichiatrica e infettivologica nelle carceri italiane dopo sei mesi dallo scoppio della pandemia di COVID-19 che ha finora causato oltre 35 milioni di contagi, provocato la morte di oltre un milione di persone e danneggiato seriamente l’economia mondiale. Anche i penitenziari sono stati colpiti e hanno subito rallentamenti nelle erogazioni delle prestazioni sanitarie. Si calcola infatti, che, nel loro insieme, i trattamenti siano calati del 90%. Il centro focale dell’evento riguardava in particolare l’eliminazione dell’epatite C dalle carceri italiane

Infatti, se per combattere efficacemente COVID-19 bisognerà ancora attendere che vengano prodotti i vaccini o comunque i trattamenti antivirali specifici, sono invece ormai a disposizione, dopo 30 anni, farmaci efficaci contro un altro virus, quello dell’epatite C: gli antivirali ad azione diretta (DAA).

Il piano per la ricerca del sommerso

Proprio per avviare al percorso terapeutico il numero maggiore possibile di soggetti portatori di HCV, è stato ridato il via, in otto istituti di pena italiani, al piano per la ricerca di chi il virus ce l’ha ma non sa di averlo. il Prof. Sergio Babudieri, Direttore Scientifico di SIMSPe e referente del progetto in seno al gruppo di lavoro ministeriale di sette persone che si occupa degli screening gratuiti previsti dall’emendamento al Milleproroghe, ha dichiarato in merito che: “Come nella popolazione libera c’è stato uno stop nei trattamenti, anche nelle carceri vi è stato un rallentamento a cui adesso dobbiamo far fronte. Il virus dell’HCV si può vincere subito con una cura, mentre per la Covid-19 occorre attendere il vaccino”. Gli otto penitenziari coinvolti nel piano sono: San Vittore a Milano, Sassari, Alghero, Civitavecchia, Genova, Salerno, Eboli, Vallo della Lucania.

Il prof Babudieri ha anche ricordato che “il progetto era già partito prima della pandemia, analizzando al 31 gennaio 2020 un campione di 2758 persone, distribuite in 46 sezioni detentive: di questi sono state analizzate le cartelle di 2173 soggetti, quindi il 78,8%, di cui la quasi totalità, 2038, il 93,8% ha eseguito i test anti HCV: la prevalenza di HCV è stata del 10,3%. L’aspettativa era che fossero viremici almeno 3 su 4, mentre siamo a meno della metà: ciò significa che in molti sono già stati avviati alla terapia nei Serd o nei centri specializzati, quindi anche nelle persone detenute si sta osservando una riduzione del numero dei malati come conseguenza dei trattamenti estesi avvenuti negli ultimi anni nella popolazione libera”.

Il piano aveva dunque già dimostrato di essere efficace, ma l’epidemia ha mischiato le carte e ora occorre riprendere in mano il progetto e farlo ripartire al più presto per portare alla luce il cosiddetto “sommerso”.

Per farlo è necessaria una  politica ‘ad hoc’, che coinvolga prima di tutto le cosiddette  “key populations”, ad esempio i tossicodipendenti e i detenuti. Il Decreto Milleproroghe in vigore dallo scorso febbraio ha permesso di stanziare un fondo da 71,5 milioni di euro, valido per il prossimo biennio 2020-2021, che permette di accedere gratuitamente allo screening ma che deve essere utilizzato entro l’anno. Intanto emergono diverse analogie con l’HIV, il virus dell’AIDS, malattia che non si può eradicare, come invece si può fare adesso per quanto riguarda l’epatite C, ma solo controllare con l’opportuna terapia farmacologica. Spiega infatti il Prof. Babudieri che: “Si sta verificando ciò che è avvenuto anche per l’HIV. Nel 2001 l’8,4% dei detenuti erano positivi, nel 2005 il 7,5%, nel 2008 il 7,3%, nel 2010 il 6,2%, nel 2012 il 5,2%, nel 2015 il 3,1%, ora siamo intorno all’1,8%: non sono diminuiti i comportamenti a rischio, ma i trattamenti che azzerano la viremia ematica riducono anche la possibilità di trasmissione, quindi restano quasi solo i vecchi positivi. Questo ci dice che quando si interviene nella cura di una malattia su un singolo si hanno effetti su tutta una popolazione. Il fatto che metà delle persone detenute positive al test HCV sia guarito dal virus grazie ai trattamenti risolutivi e ai farmaci DAA significa che il numero si sta riducendo e, conseguentemente, che si restringe il serbatoio dei malati che possono trasmettere il virus”.

Il XXI Congresso Nazionale SIMSPe ha presentato come caratteristica peculiare una Web-Conference nella quale la partecipazione era virtuale in collegamento via internet. Beninteso, i dirigenti di SIMSPe e diversi relatori erano presenti fisicamente nella consueta sede a Roma, ma diversi contenuti sono stati presentati e discussi esclusivamente via web. Oltre al tema dell’eliminazione dell’Epatite C nelle carceri, illustra ancora il Prof. Babudieri: “Abbiamo avviato una riflessione sulla quotidianità di ognuno di noi, attraverso quattro grandi macrosettori in cui si articola il nostro lavoro: le malattie infettive, la psichiatria, l’attività delle professioni sanitarie, le problematiche medico-legali”.

il Presidente SIMSPe Luciano Lucanìa, dal canto suo, ha affermato che:“Il Coronavirus si è per fortuna ad oggi affacciato in pochi Istituti ma non sono riportati eventi tragici al loro interno. Al centro del dibattito, come è naturale, vi sono tutte le situazioni che abbiamo vissuto in questi mesi terribili e le nostre esperienze, preziose per trovare le soluzioni migliori ai diversi problemi clinici, organizzativi e logistici che possono emergere in questo ambito. Tutte le nostre attività nell’ambito delle diverse discipline sono inserite nei topics di questa Agorà”.