La Commissione europea ha approvato la terza indicazione del medicinale Venclyxto (venetoclax) di AbbVie, per il trattamento di pazienti adulti che abbiano ricevuto una nuova diagnosi di leucemia mieloide acuta (AML) e che siano ineleggibili per un ciclo intensivo di chemioterapia. Venetoclax, il primo principio attivo first-in-classe a legarsi in modo selettivo e a inibire la proteina BLC-2, favorendo così il normale processo di apoptosi delle cellule tumorali, è stato approvato in combinazione con un agente ipometilante (quale per esempio, azacitidina o decitabina). 

Il farmaco è stato congiuntamente sviluppato da AbbVie e Roche, ed è già approvato in più di ottanta paesi come terapia di combinazione con obinutuzumab per il trattamento di pazienti adulti affetti da leucemia linfocitica cronica (CLL) precedentemente non trattata, e in combinazione con rituximab per il trattamento di pazienti CLL che abbiano già ricevuto almeno una precedente terapia. 

Gli studi per l’approvazione

Lo studio di fase 3 Viale-A (M15-656) che ha portato all’estensione delle indicazioni ha dimostrato un miglioramento statisticamente significativo (p<0,001) della sopravvivenza mediana complessiva dei pazienti che hanno ricevuto la terapia di combinazione rispetto a quello che sono stati trattati con la sola azacitidina. A questo si è aggiunto anche uno studio open label multicentrico di fase 1b (M14-358) in cui venetoclax è stato sperimentato insieme agli agenti ipometilanti azacitidina e decitabina, mostrando un profilo di sicurezza consistente con quanto già noto e con l’uso separato dei due medicinali.

L’approvazione da parte della Commissione europea del venetoclax in terapia di combinazione offre una nuova opzione per le persone che si devono confrontare con la spesso devastante diagnosi di leucemia mieloide acuta. Questa approvazione rappresenta un importante avanzamento per il trattamento dell’AML”, ha commentato Zack Pemberton-Whiteley, Chair dell’Acute Leukemia Advocates Network.

L’AML è la forma più comune di leucemia acuta, con una stima di 160 mila pazienti a livello globale, e un numero di nuovi casi di 4,3 per 100 mila persone l’anno. La prognosi è particolarmente infausta, con una aspettativa di sopravvivenza a cinque anni solo del 29%.