Sono stati presentati i primi risultati dello studio Emprise provenienti da Europa, Israele e Asia orientale. I dati hanno dimostrato una riduzione del rischio di eventi cardiovascolari associata a empagliflozin rispetto agli inibitori DPP-4i. Empagliflozin è un inibitore del co-trasportatore sodio-glucosio di tipo 2 (SGLT2) orale, altamente selettivo, in monosomministrazione giornaliera, ed è il primo farmaco per il diabete di tipo 2 che recepisce nel Riassunto delle Caratteristiche di Prodotto in diversi Paesi, dati di riduzione del rischio di morte per cause cardiovascolari.
Lo studio condotto da Boehringer Ingelheim ed Eli Lilly and Company ha incluso oltre 130.000 pazienti adulti con diabete di tipo 2, con o senza malattia cardiovascolare, dimostrando un 45% di riduzione del rischio relativo (RRR) di mortalità per tutte le cause; un 29% di riduzione del rischio relativo (RRR) di ospedalizzazione per scompenso cardiaco; un 33% di riduzione del rischio relativo (RRR) in un endpoint composito che include infarto del miocardio, ictus e mortalità per tutte le cause.
Empagliflozin è risultato quindi sicuro, in quanto le analisi hanno dimostrato una riduzione del rischio relativo (RRR) del 51% di danno renale acuto che necessita dialisi. Inoltre, il rischio di amputazione degli arti inferiori e di fratture ossee è risultato paragonabile a quello degli inibitoriDPP-4. É stato osservato un aumentato rischio di chetoacidosi diabetica, in linea con il noto profilo di sicurezza di empagliflozin.
“Il rischio di ospedalizzazione per scompenso cardiaco è fino a cinque volte superiore se si ha il diabete di tipo 2. Lo scompenso cardiaco ha un impatto considerevole sulla prognosi e sulla qualità della vita dei pazienti, oltre ad essere associato a costi sanitari elevati”, ha commentato il professor Avraham Karasik, ricercatore di Emprise, professore e vicepreside della Sackler School of Medicine, Tel-Aviv University. “Questi ultimi risultati di EMPRISE dimostrano l’impatto di empagliflozin nel real world in Europa, Israele e Asia orientale, a conferma del suo ruolo nella riduzione delle complicazioni cardiovascolari nelle persone con diabete di tipo 2”.