Una bomba ad orologeria è pronta a scoppiare nel settore dei dispositivi diagnostici in vitro, avverte la BioMed Alliance in un position paper pubblicato sul suo sito. Qualora, infatti, non venga efficacemente completata entro il 26 maggio 2022 l’implementazione del nuovo regolamento europeo 746/2017 (IVDR), il rischio di un impatto negativo sull’intero settore potrebbe essere elevato a causa delle nuove procedure che verrano richieste per la valutazione di conformità. “Ad oggi, non sono ancora disponibili molti elementi regolatori critici e mancano importanti linee guida, rendendo estremamente sfidante per gli stakeholder potersi preparare pienamente al nuovo ambiente regolatorio e, quindi, assicurare la continuità dei diagnostici dopo maggio 2022”, si legge nel documento.
I rischi di non farsi trovare pronti
Il rischio di rotture della catena di fornitura per i diagnostici in vitro sono stati evidenziati dai rappresentanti di BioMed Alliance nel corso di un workshop organizzato dal Panel for the Future of Science and Technology (STOA) del Parlamento europeo. Infrastrutture non ancora adeguate, pochi organismi notificati, banca dati EUDAMED ancora non pienamente attivata, non operatività degli expert panel e dei reference labs, mancanza di piani contingenti per gestire la transizione: sono tutti elementi considerati indispensabili per la buona riuscita del passaggio alla nuova normativa, secondo il position paper, ma ancora in gran parte mancanti.
Le ricadute degli attuali ritardi sul piano organizzativo potrebbero portare a carenze di diagnostici marcati CE – in particolare quelli per applicazioni specialistiche (come i test genetici, virologici, molecolari o per i tumori) – dopo il maggio 2026, quando entrerà in vigore il nuovo regolamento. Anche i laboratory developed tests (LDTs) e quelli specialistici sviluppati in-house potrebbero soffrire un embargo qualora sia disponibile sul mercato un equivalente test IVD marcato CE. Ne potrebbe conseguire uno stop allo sviluppo di test personalizzati o per le malattie rare; BioMed Alliance mette anche in guardia circa la possibile creazione di situazioni di monopolio a favore dei testi marcati CE, che ne potrebbe limitare il range diagnostico.
Le richieste alla Commissione
Il position paper avanza richieste precise alla Commissione UE e agli stati membri al fine di superare questa impasse e giungere pronti all’appuntamento del prossimo anno. La prima riguarda la carenza di organismi notificati chiamati a valutare la conformità dei dispositivi diagnostici e a concedere la marcatura CE. Sono solo quattro gli organismi notificati attualmente designati rispetto al regolamento IVD, sottolinea la nota, troppo pochi per reggere il carico di lavoro derivante dal 90% di prodotti che dovranno essere sottoposti a valutazione di conformità. “La situazione è allarmante, considerando che solo sette dei circa 19mila test sono stati finora certificati ai sensi dell’IVDR, e solo altri 249 sono attualmente sotto revisione”, scrive BioMed Alliance. Recuperare gli arretrati potrebbe essere una missione impossibile, considerando che l’associazione stima in circa 10 mesi il tempo necessario a svolgere la procedura per ogni dispositivo.
Un ulteriore collo di bottiglia si potrebbe venire a creare qualora vengano bloccati i test LDT e in-house, che secondo il position paper possono giungere a rappresentare anche l’80-90% dei test eseguiti in alcuni laboratori specializzati. Questo tipo di test, ad esempio, ha svolto un ruolo fondamentale per permettere di monitorare la diffusione del virus Sars-CoV-2 e delle sue varianti, o di quelle di forme tumorali resistenti. La richiesta per la Commissione è in questo caso di poter disporre di una chiara linea guida, in particolare per quanto riguarda la definizione di equivalenza e le giustificazioni ritenute valide per il ricorso ai test LDT.