Appassionate, determinate, motivate, tenaci. Pragmatiche, consapevoli delle proprie capacità. Aperte al cambiamento, pronte a imparare dall’esperienza, plastiche nel “conciliare” impegni professionali e famigliari, senza venir meno al proprio ruolo di professioniste, mogli, madri. Sono le qualità che hanno consentito alle donne che hanno partecipato a “La Piazza delle Donne del Pharma” in occasione del 61° Simposio AFI (Associazione Farmaceutici Industria – Rimini, 8-10 Giugno 2022) di affermarsi in ruoli apicali in settori reputatati più ad appannaggio dell’uomo, fra questi la farmaceutica e l’industria di settore. Questa tavola rotonda, accompagnata da un ottimo riscontro di pubblico, ha rappresentato la grande novità dell’edizione 2022 e punta a diventare un appuntamento abituale del Simposio AFI, proponendo per ogni anno un tema di “affermazione” al femminile.

La ricerca in biotecnologie

Iniziare da pioniere, quando ancora le potenzialità del biotech non erano note, con determinazione, contro il parere di molti. «Le biotecnologie – racconta Concetta Quintarelli, biotecnologa, Ospedale Bambin Gesù di Roma – hanno sempre fatto parte della mia vita. Subito dopo la laurea ho intrapreso un dottorato in questo settore, decidendo di approfondire all’estero alcuni ambiti di mio interesse. Dovevo trattenermi in un Istituto americano che stava facendo studi pilota sulla terapia genica in immunoterapia in cui mi sono dedicata a ricerche sui linfociti T e alla creazione di vettori per la terapia genica, alcuni mesi e sono rimasta per 5 anni. Questa esperienza mi ha fatto crescere professionalmente, diventando anche partner all’interno dell’istituzione, ma quando l’Università Italiana mi ha offerto una posizione da ricercatrice, ho deciso di tornare; sentivo di dover dare qualcosa alla mia nazione natale. Presso l’Università di Napoli ho cercato così di impiantare un laboratorio di ricerca di terapia genica, come avevo all’estero e di dedicarmi allo sviluppo di cellule CAR-T: avevo l’appoggio dei docenti universitari ma non potevo arrivare al paziente, aspetto per me fondamentale. Così mi sono rivolta al Professor Franco Locatelli che al Bambino Gesù stava approfondendo ambiti di mio interesse e dal 2016, lavoriamo fianco a fianco». La dottoressa ha oggi una sua famiglia, conquistata con qualche sacrificio: la conciliazione del lavoro con il privato, i figli da gestire in mancanza del supporto dei genitori, tuttavia sempre supportata dal marito con cui ha sempre condiviso il carico famigliare. «Per una donna che lavora – dichiara la ricercatrice – la collaborazione con il partner è fondamentale, ma mi sento di dire ai giovani che la carriera non rappresenta un ostacolo per la realizzazione personale. Ho sempre portato avanti i miei ideali, non mi sono mai sentita limitata perché donna. Andate per la vostra strada, l’integrazione fra mondo maschile e femminile è ormai totalitaria e senza preclusione».

Posizioni dirigenziali

Partire dal piccolo per arrivare al grande, è il precorso professionale di Sabina Gualazzini, oggi direttore di Stabilimento di Italfarmaco, fatto di passione, dedizione, voglia di ascoltare e imparare. «A pochi giorni dalla discussione della mia tesi in chimica farmaceutica – ricorda – ho cominciato a lavorare nel settore che mi affascinava e per cui avevo studiato: le tecnologie farmaceutiche, dapprima in una azienda conto terzi, poi nei farmaceutici dove mi occupavo di formulazione di prodotti portandoli dagli impianti industriali al prodotto finito. Ho incontrato un’azienda che mi ha dato fiducia tanto da propormi di continuare la ricerca o di seguire uno stabilimento nuovo. Ho scelto questa seconda opportunità: vedere crescere uno stabilimento dal green feet al prodotto finito fino al post produzione è stata una esperienza al contempo bella e difficile: avevo appena 30 anni, ero donna in mezzo a un mondo di uomini, da cui ho imparato tantissimo ma che ho anche aiutato a crescere. Ho preso in mano la conduzione dell’azienda che aveva 4 linee di produzione portandole a 14, eravamo inizialmente 60 persone e sono uscita che erano più di 500. Un percorso che mi ha aperto alla produzione farmaceutica che ho gestito per circa 12 anni, occupandomi poi anche di supply chain, fino alla direzione di stabilimento». Lo stesso ruolo “dirigenziale”, Gualazzini lo ha ricoperto all’interno di un’altra azienda traghettandola da una conduzione unifamiliare verso il multinazionale, in cui sono state necessarie doti di ascolto e persuasione per far comprendere i miglioramenti associati al cambiamento, fino all’ultima e attuale esperienza in Italfarmaco, sempre come direttore di stabilimento. «Mettermi sempre alla prova – dichiara la dottoressa – voler imparare dalle persone sono leve motivazionali importanti. Non credo di avere rinunciato a nulla: i miei cari mi hanno sempre appoggiato, vedendo che il mio lavoro mi faceva stare bene con ricadute positive anche sul nostro contesto famigliare. Ai giovani voglio dire di essere sempre curiosi, di avvicinarsi al mondo dell’industria farmaceutica, non più intesa come un laboratorio, ma che oggi si avvale di nuove figure qualificate in diversi ambiti. Occorre alzare lo sguardo, oltre al proprio stretto ambito di interesse e fare tesoro dell’esperienza. Oggi le aziende offrono molte opportunità di crescita.

Incarico ministeriale

Sfidare il proprio cervello, mantenere una autonomia totale di pensiero, essere leader, arrivare al massimo e con velocità: sono i “talenti” che hanno permesso a Marcella Marletta, per molti anni Direttore Generale del Ministero e colei che ha portato la gestione del cosmetico, dispositivi medici e alcuni medici in Europa, di raggiungere posizioni apicali, ricoperte elitariamente da figure maschili. «Sfidare qualunque obiettivo è sempre stato il principio ispiratore della mia vita fin da quando sono stata a scuola, contravvenendo anche alle scelte autorevoli che mio padre voleva per me. Mi sono laureata in medicina, specializzata in oftalmologia, e ho intrapreso la carriera ministeriale grazie a una domanda avanzata da mio padre. Arrivai prima al concorso, ma la realtà del Ministero non mi piaceva, seduta dietro una scrivania a gestire carte». L’esperienza ministeriale le ha insegnato a lavorare nello Stato come se fosse un privato: un “plus” che la ha sempre accompagnata in tutta la carriera. Decisa a partecipare al Concorso da dirigente, ha superato tutte le previsioni. «In questo ruolo la mia vita è diventata più complicata – racconta Marletta – dovevo andare a Bruxelles e al contempo gestire famiglia e figli, facevo la pendolare in giornata, sfruttando la capacità multitasking di noi donne». Fino all’ultimo incarico di Direttore Generale Accademia della salute e ricerca clinica: il 70% di donne che lavorano in ambito ministeriale sono nella Sanità ma solo il 25% ha una posizione di leadership: lei aveva CV, expertise e assenza di conflitti di interessi per adempiere al ruolo e la sua nomina è piaciuta «Abbiamo una marcia in più – conclude – possiamo arrivare ovunque, senza rinunce. Non c’è momento in cui la donna non debba dimostrare qualcosa, ma siamo sempre capaci di manifestare la nostra intelligentia».

Il ruolo di presidenza

È l’incarico ricoperto da Roberta Pizzoccaro, all’interno di Olon, farmaceutica biotech italiana, produttrice di principi attivi (API), con 11 siti produttivi fra Italia, Spagna, Stati Uniti e altri, e 2.300 dipendenti. «Come mio padre e mio fratello – commenta – mi sono laureata in chimica per passione non per “obbligo” e il giorno dopo sono entrata in azienda all’ufficio acquisti, interessandomi poi sempre più alla parte gestionale. Mio padre mi augurò di portare l’azienda a un livello ancora superiore cui lui era riuscito a condurla: con questo stimolo e fine ultimo entro ogni giorno in azienda. Far crescere il piccolo stabilimento di Pavia alla realtà di oggi, è stato un processo di acquisizione importante e impegnativo: ogni sito è una azienda, con numerose difficoltà da affrontare, fra cui la concorrenza asiatica». Ognuna superata grazie anche alla determinazione delle donne e alla forza di non mollare mai, neppure in epoca Covid quando l’azienda è riuscita a sviluppare in Italia 2 dei 3 farmaci maggiormente utilizzati per il contrasto alla pandemia. Ritiene di non avere rinunciato a nulla nella sua vita. «Alle donne di oggi – dichiara – è consentito fare carriera, non ci sono le inibizioni di un tempo e possono raggiungere i massimi livelli. Spesso nei nostri colloqui, le preferiamo agli uomini, sono più determinate e grintose». Due tratti caratteriali che fanno la differenza.