Dopo gli sconvolgimenti che negli ultimi tre anni hanno messo a dura prova, sotto diversi punti di vista, le popolazioni europee, il rapporto 2022 Health at a Glance, pubblicato dall’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) e dalla Commissione europea, fa il punto sulle sfide aperte per ricostruire sistemi sanitari più resilienti. Il rapporto è parte dell’iniziativa State of Health in the EU cycle, lanciata da Commissione UE, Ocse e Osservatorio europeo per i sistemi sanitari con l’obiettivo di aiutare gli stati membri a migliorare la salute dei loro cittadini e le prestazioni dei sistemi sanitari. Lanciato nel 2016, il programma pubblica ogni due anni dati e analisi comparative utili per identificare punti di forza e opportunità in ambito sanitario.
Il rapporto parte dall’analizzare l’impatto della pandemia di Covid-19, che ha portato nell’Unione europea (fino a ottobre 2022) a oltre 1,1 milioni di morti, di cui oltre il 90% in persone over-60. La mortalità per la nuova malattia è stata minore nei paesi nordici (Islanda, Norvegia, Danimarca, Finlandia) e maggiore nei paesi dell’Europa centrale ed orientale (Bulgaria, Repubblica Ceca, Ungheria, Croazia, Slovenia, Lettonia, Romania).
Le persone più giovani hanno sofferto un maggiore impatto a livello di salute fisica e mentale, sottolinea il rapporto, in particolare i ragazzi in età scolare che hanno visto improvvisamente interrotte le attività scolastiche e sociali. L’aumento dei sintomi di depressione tra i giovani è più che raddoppiato, ad esempio, in paesi come Belgio, Francia, Estonia, Svezia e Norvegia. Anche le abitudini alimentari sono peggiorate, così come il livello di attività fisica, con un possibile impatto sull’aumento dell’obesità tra le giovani generazioni.
Il rapporto segnala anche come l’aumento dei problemi di salute mentale abbia in molti casi messo a dura prova i servizi deputati a sostenere le persone che ne sono affette: circa il 50% dei giovani europei hanno indicato in tal senso bisogni disattesi sia nella primavera 2021 che in quella 2022. Non meno toccato dalla pandemia è stato l’accesso alle cure primarie, a quelle oncologiche (compresi gli screening preventivi) e alla chirurgia elettiva, nonché alla continuità delle cure per i pazienti cronici. Nonostante i maggiori fondi messi a disposizione da molti paesi per recuperare le lunghe liste di attesa che si sono venute a formare, secondo il rapporto la principale barriera rispetto a volumi maggiori di prestazioni erogate rimane la carenza di personale sanitario. L’indicazione è che più della metà dei nuovi investimenti dovrebbero andare a favore del reclutamento e fidelizzazione del personale, attraverso migliori condizioni di lavoro.
Tale situazione è stata in parte compensata, con particolare riguardo ai pazienti cronici, dalla possibilità di accedere a nuovi percorsi di teleconsulto coi medici curanti. Permangono comunque preoccupazioni circa lo scarso beneficio che tali pratiche apporterebbero in taluni casi, insieme al possible rischio di esclusione digitale per chi non sia dotato di computer o viva in aree rurali, o per le persone anziane.
La spesa sanitaria pro-capite è aumentata in media del 5% nel 2020 nei paesi aderenti all’UE, di oltre il 10% in Bulgaria, Repubblica Ceca e Ungheria. Solo il 3% della spesa è però rivolto alla prevenzione, la maggior parte delle risorse va ancora appannaggio delle cure. Il documento indica che una delle lezioni ricavate dalla pandemia è che massimizzare la salute e minimizzare l’esposizione ai fattori di rischio prima di una crisi rappresenta un elemento critico. L’obesità e le malattie croniche, ad esempio, hanno rappresentato fattori di rischio per lo sviluppo di gravi complicanze e morte da Covid. Il principale fattore di rischio rimane tuttavia il fumo, a cui il rapporto attribuisce circa 780 mila morti l’anno nell’UE.