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Gli esiti del confronto avvenuto lo scorso marzo nell’ambito del primo Biomanufacturing Policy Summit organizzato da EuropaBio, l’associazione che raggruppa a livello europeo le aziende delle biotecnologie, sono stati resi pubblici tramite il report disponibile sul sito della stessa. 

Il biomanufacturing è una parte vitale e importante del futuro industriale dell’Europa – ha sottolineato il direttore generale di EuropaBio, Claire Skentelbery – Affinchè l’Europa raggiunga i suoi ambiziosi obiettivi in campo sanitario, della sostenibilità, resilienza e competitività globale, il biomanufacturing è una parte essenziale del mix. Si sta espandendo in Europa, ma non sta tenendo il passo con altre regioni globali che corrono per diventare leader globali del biomanufacturing. È il momento di una strategia e di una tabella di marcia ambiziose e intersettoriali, nonché dei quadri politici e regolatori necessari ad assicurare che l’Europa sia un produttore e non un cliente”. 

Oltre a dare la definizione di biomanufacturing e dei singoli settori di cui si compone (immunoterapie, ingredienti alimentari e vettori virali), il report offre un riassunto dei punti essenziali emersi dal dibattito del Summit e alcuni studi di caso, per terminare infine con dieci raccomandazioni su come potenziare lo sviluppo e l’impatto del comparto sull’intera economia del Vecchio Continente.

Per EuropaBio, sarebbe innanzitutto importante riconoscere il ruolo intersettoriale del biomanufacturing all’interno di tutte le strategie europee di alto livello, da quella industriale a quella farmaceutica, fino al piano industriale per il Green Deal e alla strategia per la bioeconomia. Sarebbe, inoltre, necessario coordinare meglio a livello politico l’allineamento tra gli obiettivi per la ricerca e sviluppo, le priorità industriali e le applicazioni commerciali, di modo da dar vita a prodotti e processi sostenibili mediante il biomanufacturing. Sarebbe anche importante conseguire un maggiore allineamento legislativo al fine di evitare barriere non intenzionali che potrebbero frenare lo scale-up di questo tipo di tecnologie. 

EuropaBio sottolinea anche l’opportunità di dare maggior risalto alla migliorata resilienza europea risultante dalla capacità di biomanufacturing nell’ambito della preparazione in campo sanitario e della resilienza delle catene di fornitura tra settori diversi. Per l’associazione sarebbe anche necessario dar vita a percorsi formazione mirati al biomanufacturing e alle produzioni avanzate, anche per permettere di aggiornare le competenze dei lavoratori.

Sarebbe, poi, necessario individuare i target per aumentare l’impatto del biomanufacturing all’interno dell’economia europea, attraverso strategie che ne identifichino il ruolo economico, sociale e ambientale. Non meno importante dovrebbero essere le azioni volte a individuare e gestire le criticità e vulnerabilità delle catene del valore, al fine di migliorare la competitività europea. A livello regolatorio, le procedure e le risorse dovrebbero focalizzarsi sul prodotto piuttosto che su criteri guidati dai processi. EuropaBio chiede anche di supportare l’adozione dell’innovazione europea convertita in imprese a valore aggiunto e sviluppo economico, e di prevedere incentivi per le piccole e medie imprese e le startup impegnate nello scaleup del biomanufacturing. Infine, il report sottolinea la necessità di assicurare un terreno di gioco globale per la transizione verso prodotti e processi sostenibili ottenuti attraverso questo tipo di tecnologia.